Fa discutere in questi giorni la possibilità che Luigi Di Maio sia scelto per ricoprire il ruolo di inviato speciale dell’Unione Europea nel Golfo Persico.

Il suo precedente impegno come leader politico suscita opposti sentimenti, e nonostante l’ex ministro degli Esteri sia risultato primo nelle selezioni condotte da una commissione internazionale alcuni sollevano dubbi sull’opportunità della sua nomina. Ma al di là delle differenze politiche, la scelta di un italiano in quel ruolo potrebbe rivestire un’importanza strategica.



Le relazioni commerciali

Non è un mistero che il Golfo Persico sia una regione di elevata rilevanza economica. Il Qatar, il Bahrain, il Kuwait, l’Iraq, l’Oman, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sono Paesi importatori che, ciascuno con il suo peso, rappresentano opportunità commerciali enormi per le aziende esportatrici italiane ed europee.



Non possiamo dimenticare infatti che la necessità di questi paesi di sopperire alla fisiologica mancanza di produzione interna. Ne sono un esempio i numeri dell’export italiano negli Emirati Arabi, che nel solo primo semestre del 2022 hanno registrato un +22,6%. La moda, l’enogastronomia, il settore automotive e la meccanica di precisione, solo per citare alcuni dei nostri settori esportatori per eccellenza potrebbero trovare in quei paesi mercati fiorentissimi. E lo sa bene l’ex ministro Di Maio che ha firmato la riforma portando la delega all’export al Ministero degli affari esteri.



Si tratta peraltro di nazioni che negli ultimi anni hanno annunciato imponenti piani di investimenti – il Vision 2030 – e beneficeranno della coda lunga di alcuni grandi eventi internazionali, come l’Expo di Dubai 2020 e i mondiali in Qatar attualmente in corso.

Infine in momenti di instabilità, come l’attuale crisi del grano, poter dialogare con quest’area tramite un rappresentante italiano sarebbe, indubbiamente, un’occasione per rafforzare i rapporti commerciali.

La questione immigrazione

Ma non c’è solo un tema economico a suggerire l’importanza di presidiare quest’area a livello strategico. La nostra posizione di confine meridionale dell’Europa porta con sé la centralità di porre la questione dell’immigrazione a livello europeo, al di là delle prese di posizione ideologiche.

Avere un occhio attento sulle vicende legate all’immigrazione in un’area geopoliticamente così strategica può giocare un ruolo importante anche nella gestione degli equilibri europei sul tema immigrazione.

In questo senso la posizione italiana che pone il tema migratorio come questione comune non è pienamente condivisa. Se la scelta come inviato speciale dovesse ricadere sul candidato del Partito popolare europeo, il greco Dimitris Avramopoulos, (ribaltando l’esito della commissione) potremmo osservare conseguenze anche dal punto di vista della migrazione. Non a caso Avramopoulos, ex ministro degli esteri greco e commissario Ue già nel 2019 affermò con toni poco diplomatici che il tema immigrazione dovesse rimanere un affare italiano, da risolvere internamente, e non una questione di rilevanza europea. Un’affermazione che suona come un campanello d’allarme se la scelta dovesse ricadere sulla sua figura.

I compiti dell’inviato speciale

Ma quale sarà il ruolo dell’inviato speciale nel Golfo Persico e come nasce questa figura? La crisi russo-ucraina e il crollo delle forniture energetiche dalla Russia hanno spinto i paesi europei a cercare nuove fonti di approvvigionamento. L’Europa, volgendosi al Medio Oriente, ha però realizzato di non avere una figura diplomatica ad hoc nel Golfo. In questo scenario, si inserisce la nomina di un rappresentante speciale.

Un incarico strategico e politico, che come ha evidenziato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, richiede una figura in grado di dialogare con questa regione sulla sicurezza, tema che mai come nell’attuale scenario geopolitico è di primaria importanza.

La selezione e gli altri candidati

Per scegliere il miglior profilo, Josep Borrell, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, ha istituito un panel di tecnici, per valutare attentamente la personalità più adatta a ricoprire il nuovo ruolo. Dopo una serie di colloqui e interviste volti a stabilire le loro conoscenze dell’area del Golfo, la commissione ha indicato il nome di Luigi Di Maio quale figura ideale per ricoprire il ruolo.

Nella selezione Di Maio ha prevalso a scapito di Markos Kyprianou, ex ministro degli Esteri cipriota, di Jan Kubis, ex inviato dell’Onu in Libia e di Dimitris Avramopoulos, ex ministro degli Esteri greco e commissario Ue, classificatosi al terzo posto.

Il profilo di Luigi Di Maio

Ma scegliere un (ex) leader politico così esposto si porta con sé un’attenzione mediatica molto alta e tante prese di posizione politiche. Tra le perplessità espresse nei confronti della sua candidatura rientra la critica ai titoli di studio posseduti – o meglio dire non posseduti – dall’ex ministro degli Esteri. Una mancanza che secondo i critici più ostili non gli permetterebbe di presentarsi neanche al concorso per funzionari europei. Un’osservazione formalmente corretta, che non trova però fondamento in questo caso, perché il ruolo di incaricato speciale è di carattere politico e, pertanto, non richiede dei titoli di studio, non a caso la lista dei personaggi politici non laureati è lunga e comprende figure che hanno ricoperto i massimi incarichi politici a livello nazionale e internazionale.

Il giudizio quindi, oltre alla prova in cui Di Maio è risultato primo si può focalizzare anche sui curricula. Guardando da questa prospettiva, la sua carriera politica lo ha visto ricoprire ruoli rilevanti: vicepresidente della Camera – il più giovane nella storia italiana – poi di ministro dello Sviluppo economico e del lavoro e contemporaneamente di vicepresidente del Consiglio, e, infine, di ministro degli Esteri di uno dei paesi del G7.

Al di là dei titoli accademici l’esperienza politica maturata sul campo e la frequentazione assidua dell’area del Golfo hanno consentito a Di Maio di acquisire conoscenze e competenze tali da superare candidati con profili altrettanto solidi.

L’inglese

Infine, un piccolo elemento di gossip, i giornali francesi Le Figaro e Le Monde hanno ironizzato sulla conoscenza dell’inglese di Di Maio, che non gli consentirebbe di ricoprire il ruolo. Una fake news visto che il colloquio di selezione si è svolto in inglese e che Di Maio ha rappresentato l’Italia in diverse occasioni internazionali parlando un buon inglese, come si può vedere da diversi video in rete. Sicuramente una fake news che ha avuto una certa eco nella stampa italiana, troppo spesso abituata a far prevalere gli interessi di partito politico su quelli nazionali. Vedremo se anche questa volta sarà così o se avrà la meglio una visione unitaria degli interessi del paese. La scelta è nelle mani di Josep Borrell, che dovrebbe decidere nelle prossime settimane, ma certamente la moral suasion di uno dei governi fondatori dell’Unione può far ribaltare la classifica di merito.