Hanno fatto non poco discutere le parole di Nino Di Matteo, pm Antimafia, a Non è l’Arena, il programma di Massimo Giletti nel quale, in collegamento telefonico, la scorsa domenica rivelò di aver ricevuto la proposta del ministro Bonafede della direzione del Dap, salvo poi cambiare idea nel giro di 48 ore a decisione presa. Di Matteo, dopo alcuni giorni di silenzio, ne ha riparlato oggi in una intervista a Repubblica, in cui ha confermato quanto detto ripercorrendo con estrema precisione i fatti: “Era lunedì, il 18 giugno. Ero a Palermo, a casa, il giorno dopo sarei tornato a Roma, nel mio ufficio alla procura nazionale antimafia”, ricorda. Arrivò una prima telefonata da un numero anonimo alla quale però non rispose, poi una seconda: “Era Bonafede. Con lui non avevo mai scambiato una parola […]la telefonata durò 10 o 15 minuti”. In quella telefonata, il ministro Bonafede “mi pose l’alternativa, andare a dirigere il Dap oppure prendere il posto di capo degli Affari penali”, con l’invito a prendere subito la sua decisione, soprattutto nel caso in cui avesse scelto per il Dap. Di Matteo gli rispose asserendo che il giorno dopo lo avrebbe incontrato al ministero. “Scelga lei”, furono le parole del ministro prima di riagganciare. Il giorno successivo Di Matteo racconta di essersi recato per la prima volta al Ministero della Giustizia dai tempi del concorso: “Mi sedetti davanti a Bonafede e gli dissi che accettavo il posto di capo del Dap” ma lui “a quel punto replicò che aveva già scelto Basentini”. Sebbene non gli chiese mai al ministro il motivo del cambio di scelta, Di Matteo non nascose la sua sorpresa. “Devo presumere che quella notte qualcosa mutò all’improvviso”, ha commentato.
DI MATTEO CONFERMA LA SUA VERSIONE DI BONAFEDE
Dopo la replica dal vivo del ministro Bonafede, quest’ultimo secondo il racconto di Nino Di Matteo insistette affinché optasse per gli g, con l’invito a mandargli il curriculum in vista di settembre. Il giorno successivo Di Matteo tornò al Ministero per informarlo di persona “che a queste condizioni non ero più disponibile […] Io gli dico di non tenermi più presente per alcun incarico, lui ribatte che per gli Affari penali ‘non c’è dissenso o mancato gradimento che tenga’. Una frase che, se riferita al Dap, ovviamente mi ha fatto pensare”. Ma cosa portò Bonafede a cambiare idea? Di Matteo anche a Repubblica ha parlato delle presunte esternazioni di alcuni boss contro di lui. Prima di incontrare Bonafede, alcuni colleghi lo contattarono per dirgli che c’era una cosa “molto brutta” sul suo conto. In diversi penitenziari alcuni boss avevano avanzato la possibilità di protestare con il magistrato di sorveglianza in caso di questa eventualità: “52 o 57 detenuti al 41bis, ciascuno per i fatti suoi, avevano chiesto di conferire”, e da qui ne sarebbe emersa una informativa al Dap. In merito, dice Di Matteo a Repubblica, “il ministro si mostrò informato della questione”.
Quel dietrofront di Bonafede lo deluse perchè “pensai allora, e ho sempre pensato, di essere stato trattati in modo non consono per la mia dignità professionale”. Da 15 anni il pm vive sotto scorta, blindatissimo, per via della condanna a morte che pende sulla sua testa da parte di Riina. A turbarlo fu soprattutto il cambio di proposta di Bonafede: “Da allora mi sono sempre chiesto cos’era accaduto nel frattempo, se e da dove fosse giunta un’indicazione negativa”. Per due anni non ne ha mai parlato ma ora ha deciso di farlo dopo le dimissioni di Basentini, quando i giornali sono tornati a fare il suo nome come capo del Dap. Nonostante la sua vicenda personale, Di Matteo ha ammesso di non essere mai stato influenzato dai suoi giudizi in merito alle leggi di Bonafede. “Ho detto sempre quello che pensavo, com’è accaduto per la prescrizione”, ha aggiunto. Tuttavia, ha chiosato, “se si parla del perchè non è stato scelto Di Matteo per fare il capo del Dap io ho tutto il diritto di dire come sono andati i fatti. Se mi chiameranno in una sede istituzionale andrò a spiegare quei fatti per come li ho vissuti. Ma almeno adesso mi sono tolto un peso”.