Anche il Partito Democratico chiede che il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, riferisca riguardo le pesanti accuse di Nino Di Matteo. Secondo Andrea Orlando, ex Guardasigilli e oggi vice segretario del Pd, c’è soprattutto bisogno di essere garantisti nei confronti di Bonafede. “Sarebbe gravissimo se un ministro si dovesse dimettere per i sospetti di un magistrato. So che Bonafede forse non ragionerebbe così, ma si creerebbe un precedente gravissimo. Il sospetto non è l’anticamera della verità, sinché non verificato resta un sospetto”. Il responsabile Giustizia Walter Verini e il capogruppo in commissione Antimafia Franco Mirabelli chiedono comunque a Bonafede di riferire immediatamente in Parlamento perché: “Nella lotta alla mafia la confusione non è ammessa”. Verini e Mirabelli ha sottolineato come a loro parere sia “irresponsabile l’atteggiamento di chi usa un tema come questo per giustificare l’ennesima richiesta di dimissioni di un ministro“. (agg. di Fabio Belli)
DI MATTEO VS BONAFEDE, SCINTILLE IN DIRETTA TV
Le scintille in diretta televisiva fra Nino Di Matteo e Alfonso Bonafede continuano a generare reazioni nel mondo della politica. Fra i primi a dire la sua sulla questione è stato Cosimo Maria Ferri, deputato di “Italia Viva” ed ex sottosegretario alla Giustizia, il quale ha asserito: “Ma dov’è finita la sua trasparenza? Perché Bonafede non lo ha mai raccontato? Ora venga in Parlamento a dire cosa è successo”. Osservazioni di fatto condivise dall’attuale responsabile della Giustizia Enrico Costa, il quale ha definito quanto accaduto un “cortocircuito forcaiolo tra Bonafede e Di Matteo, con un regolamento di conti televisivo indegno degli incarichi che entrambi ricoprono”. Secondo l’ex ministro Costa, ora sta a Bonafede recarsi in Parlamento per fornire la sua versione dei fatti e gli fornisce, nel mentre, un piccolo, ironico consiglio, destinato ad aprire ulteriori nuovi scenari in questa vicenda del tutto inattesa: “Già che c’è racconti anche le trattative e le interlocuzioni che ha avuto prima di nominare i nuovi vertici del Dap in questi giorni”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)
DI MATTEO VS BONAFEDE, MELONI: “MINISTRO SI DIMETTA”
Lo scontro, con accuse choc, tra Nino Di Matteo e Alfonso Bonafede ha acceso il dibattito politico. Il ministro della Difesa è finito nel mirino dell’opposizione: Forza Italia e Lega chiedono che vada a riferire in Parlamento, mentre Fratelli d’Italia chiede le dimissioni. «Ai disastri si aggiungono ombre sul comportamento del Guardasigilli. Fossi Alfonso Bonafede, domani mattina rassegnerei le mie dimissioni di Ministro della Giustizia», la posizione di Giorgia Meloni. Così su Twitter l’azzurra Mariastella Gelmini: «Dopo le parole di Nino Di Matteo da Giletti a Non è L’Arena, Alfonso Bonafede venga immediatamente in Parlamento. Le gravissime accuse del pm non possono cadere nel vuoto: o Di Matteo lascia la magistratura o Bonafede lascia il Ministero della Giustizia».
Intervenuto ai microfoni de L’aria che tira, Matteo Renzi è stato netto: «E’ una vicenda molto pesante, è un regolamento di conti tra giustizialisti ma sono entrambi membri delle istituzione ed è quindi un grave scontro istituzionale. Vorrei sapere la verità, siamo in presenza di una clamorosa vicenda giudiziaria: mi aspetto parole chiare in Parlamento e al Csm, è il più grave scandalo sulla giustizia degli ultimi anni». Infine, la voce fuori dal coro del dem Andrea Orlando: «So che Bonafede forse non ragionerebbe così, ma se un ministro dovesse dimettersi per i sospetti di un magistrato, si creerebbe un precedente gravissimo. Il sospetto non è l’anticamera della verità, sinché non verificato resta un sospetto». (Aggiornamento di MB)
DI MATTEO VS BONAFEDE: CAOS A NON E’ L’ARENA
Il pm Nino Di Matteo è intervenuto in diretta ieri a Non è l’Arena commentando telefonicamente la questione legata alle scarcerazioni dei boss sulla quale già la scorsa settimana si era espresso anche Massimo Giletti. “Io ho chiesto di intervenire solo perchè è stato evocato un episodio relativo a giugno del 2018, quando venne nominato il dottor Basentini come capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”, ha esordito così Di Matteo nel corso del suo intervento in diretta tv. “Ritengo di dover dire come si sono svolti i fatti”, ha aggiunto, smentendo le ipotizzate trattative con il ministro Bonafede. “Io non ho mai fatto trattative con nessuno politico né ho mai chiesto a nessun politico nulla”, ha proseguito, spiegando che le cose andarono in maniera nettamente differente. “Venni raggiunto da una telefonata dal ministro Bonafede il quale mi chiese se ero disponibile ad accettare il ruolo di capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o in alternativa, mi disse, quello di direttore generale degli affari penali, posto che fu di Giovanni Falcone”, ha raccontato. Davanti a tale proposta Di Matteo chiese 48 ore di tempo per dare una risposta. Nel frattempo, ha aggiunto, “alcune informazioni che il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura nazionale antimafia ma anche alla direzione del Dap, quindi penso fossero conosciute dal ministro, avevano descritto la reazione di importantissimi capimafia, legati anche a Giuseppe Graviano e ad altri stragisti all’indiscrezione che io potessi essere nominato a capo del Dap”. Dopo aver preso la sua decisione – aveva scelto di accettare l’incarico a capo del Dap – “andai a trovare il ministro ma improvvisamente mi disse che ci aveva ripensato e che nel frattempo avevano pensato di nominare Basentini e mi chiese di accettare il ruolo di direttore generale al ministero”.
DI MATTEO, LA RIVELAZIONE SU BONAFEDE E LA REPLICA DEL MINISTRO
La rivelazione del pm Nino Di Matteo è giunta come un fulmine a ciel sereno nel corso della trasmissione di La7. Il magistrato, rispetto alla seconda proposta, decise di rifiutare. Di Matteo ha però voluto ribadire come tutto quanto accaduto in quelle 48 ore sarebbe avvenuto senza che lui si fosse mai fatto avanti: “Non sono abituato a chiedere nulla, tanto meno a dei politici. Mi sono ritrovato ad essere designato come capo del Dap e nel momento in cui ero andato lì a comunicare la mia risposta affermativa mi trovai di fronte a questo dietrofront”. Oggi, dice, non è una questione personale ma “i fatti devono essere conosciuti”. Un vero e proprio colpo di scena, dunque, come sottolineato da Giletti che alla luce delle parole del suo ospite ha ipotizzato come la sua nomina a capo del Dap avrebbe generato reazioni non solo nelle carceri ma anche all’esterno. Per questo la sua nomina sarebbe stata messa da parte per un personaggio – il dott. Basentini – meno conosciuto e meno ‘invasivo’ e forte rispetto a Di Matteo. La replica del ministro Bonafede non si è fatta attendere: “Sono esterrefatto nell’apprendere che viene data un’informazione che può essere grave per i cittadini, nella misura in cui si lascia trapelare un fatto sbagliato, cioè che la mia scelta di proporre a Di Matteo il ruolo importante all’interno del ministero sia stata una scelta rispetto alla quale sarei andato indietro perché avevo saputo di intercettazioni”. Bonafede ha sottolineato la presenza delle due proposte e, dice, “Alla fine dell’incontro mi pare che fossimo d’accordo, tanto che il giorno dopo lui mi chiese un colloquio e mi spiegò che non poteva accettare perché voleva ricoprire il ruolo di capo del Dap”.