«Io temo che, soprattutto negli ultimi anni, si siano formate anche al di fuori o trasversalmente alle correnti, delle cordate attorno a un procuratore o a un magistrato particolarmente autorevole, composte da ufficiali di polizia giudiziaria e da esponenti estranei alla magistratura che pretendono, come fanno le correnti, di condizionare l’attività del Consiglio superiore della magistratura e dell’intera magistratura»; a dichiararlo è il togato del Csm Nino Di Matteo, magistrato ed ex pm del processo per la presunta “Trattativa Stato-Mafia”, intervistato ieri sera da Andrea Purgatori per “Atlantide” su La7.
Le “cordate” di cui parla Di Matteo da un lato tutelano i vari togati, dall’altro però – qui l’accusa più grave – arrivano a condizionare le operazioni dello stesso Consiglio Superiore di Magistratura. «Vieni tutelato nei momenti di difficoltà, la tua attività viene promossa, vieni sostenuto anche nelle tue ambizioni di carriera e l’avversario diventa un corpo estraneo da marginalizzare, da contenere, se possibile da danneggiare», aggiunge il magistrato.
LE ACCUSE DI DI MATTEO: “PALAMARA? SOLO UNA PEDINA”
Di Matteo la chiama “logica della appartenenza” e la descrive come molto simile, addirittura, alle “logiche mafiose”: «è il metodo mafioso che ha inquinato i poteri, non solo la magistratura», attacca ancora il componente Csm ad “Atlantide”. Secondo l’ex pm del processo “Trattativa”, il sistema delle correnti denunciato da Luca Palamara negli scorsi mesi vedeva nell’ex n.1 Anm una «mera pedina»: per Di Matteo proprio quel “sistema” è uno «schiaffo al sacrificio dei 28 magistrati uccisi dalla criminalità organizzata e dal terrorismo come Falcone e Borsellino, che gli stessi appartenenti al ‘sistema’ fingono di onorare e utilizzano la loro tragica morte per attaccare i magistrati vivi». Da ultimo, Di Matteo lancia un attacco concentrato anche alla politica, considerata alla stessa stregua della magistratura: «la politica ha rinunciato alle sue responsabilità per usare i magistrati come alibi e sta discutendo una pessima riforma della Giustizia presentata dalla ministra Marta Cartabia, che rischia di mandare in fumo tanti processi».