Se non ci fosse l’emergenza coronavirus molto probabilmente il “caso” Di Matteo-Bonafede sarebbe sulle prime pagine di tutti i giornali vista la portata delle accuse lanciate durante “Non è l’Arena” di domenica scorsa dal giudice neo-membro del Csm contro il titolare della Giustizia: invece la polemica resta politica e asprissima con risvolti per ora non mediatici come ci si potrebbe attendere. La sintesi della querelle è semplicissima: Di Matteo, pm della trattativa “Stato-Mafia” e tra i più autorevoli in Italia nella lotta alla mafia siciliana, da Giletti ha rivelato che nel 2018 Bonafede prima gli offrì il ruolo di nuovo responsabile Dap (gestione delle carceri, tra i ruoli più prestigiosi per la magistratura) poi però, 48 ore dopo, a seguito di presunte lamentele da parte di diversi boss mafiosi, l’offerta venne ritirata con proposta su altro incarico. Sono passati due anni ma ora Nino Di Matteo l’attacco lo lancia bello forte, tanto da scatenare un putiferio politico con il Centrodestra compatto che chiede le dimissioni del Ministro e con il Premier Conte che invece lo difende «piena fiducia in lui».
Lo scontro tra l’icona dell’antimafia e il Guardasigilli ha fatto anche sibilare nelle ultime ore da Dagospia che i motivi per cui Bonafede non viene ancora sfiduciato è che sarebbe stato proprio lui il primo “garante” per Conte ai tempi della nomina a Presidente del Consiglio (lo fece incontrare con Di Maio). Ma tra scoop e presunto “gossip politico”, la novità di giornata riguarda le dichiarazioni del giornalista Massimo Giletti a L’Aria Che Tira dopo il bailamme scatenato dalla chiamata di Di Matteo a Non è l’Arena: «Una puntata storica, se uno come lui, che in tv non parla mai, chiama in diretta e con pacata amarezza racconta qualcosa di sconcertante».
L’IMBARAZZO DI TRAVAGLIO SUL CASO BONAFEDE
Ma per Giletti ora la conseguenza deve essere molto semplice: dopo il «sono esterrefatto» di Bonafede in seguito alle dure parole di Di Matteo, «Prendo atto che Bonafede ha compiuto atti concreti contro i mafiosi, ma se quello che dice Di Matteo è vero – che l’ incarico è saltato perché sgradito ai boss – si tratta di un’infamia politica e civile. E quindi ora spetta al ministro rispondere in maniera completa, non può limitarsi a dire che non è andata così, su un tema tanto drammatico». Non solo, Giletti compie anche un passo in più in attesa che la politica si “smuova” tra pro e contro Bonafede: «che cosa sarebbe successo se tutto questo fosse accaduto nell’ era Berlusconi?».
Di certo per molto meno i titoli di giornale si sono fatti sullo stesso Fatto Quotidiano che ha sostenuto tanto Di Matteo quanto Bonafede nella tesi sulla trattativa Stato-Mafia: oggi però il direttore del quotidiano vicino alle Procure, Marco Travaglio, nel suo editoriale sulla vicenda prova a difendere la buona fede di entrambi i protagonisti della vicenda. «L’altra sera l’ex pm (Nino Di Matteo, ndr) ha evocato le frasi dei boss a proposito della presunta retromarcia del ministro sulla sua nomina al Dap. E, anche se non ha fissato alcun nesso causale fra le due cose, Giletti l’ha dato per scontato. Noi ovviamente non eravamo presenti ai tre colloqui (uno telefonico e due al ministero) intercorsi tra Bonafede e Di Matteo. E non ne conosciamo i particolari. Ma già due anni fa ci facemmo l’idea di un colossale equivoco fra due persone in buona fede».
Secondo Travaglio la cronologia dell’equivoco è andata pressapoco così: «Il 18 giugno, già sapendo quel che dicono i boss, Bonafede fede chiama Di Matteo per proporgli l’equivalente della direzione Affari penali (che già era stata di Falcone con Martelli) o il Dap”. Il “19 giugno – prosegue Travaglio – Di Matteo incontra Bonafede è da un ok di massima per gli ex-Affari penali (questa almeno è l’impressione del ministro): ruolo che il Guardasigilli s’impegna a liberare riorganizzando il ministero e ritiene più consono alla storia di Di Matteo». Serve ora che Bonafede di certo replichi nel dettaglio alle parole di Di Matteo, ma per il Governo impegnato nella difficile trattativa sul Decreto Maggio di certo il “caso Di Matteo” non è certo una notizia tra le più positive.