Il film “Hammamet” (di uno straordinario Pierfrancesco Favino) e il ventennale della morte di Bettino Craxi ha permesso, per una volta, di andare a riesumare giudizi, dubbi e fatti relativi ad un periodo storico, quello di Mani Pulite, rimasto per troppo tempo “incastonato” tra il populismo manettaro e il revisionismo innocentista. E in questo riesumare che il protagonista principale di quella stagione, l’ex giudice Antonio Di Pietro, oggi dissente enormemente dalla “rinata santificazione” (cit. Il Fatto Quotidiano, ndr) nell’intervista a Gianni Barbarcetto sul quotidiano di Travaglio. «Ma finiamola: Craxi è stato vittima di se stesso, avendo scelto di farsi corrompere pure lui come migliaia di altri indagati delle inchieste di Mani Pulite. C’è chi, in altri partiti, ha avuto più avvisi di garanzia di lui. Vittima? Ma ci sono le sentenze, le confessioni, i conti all’estero, i miliardi di lire spariti»: l’ex magistrato del pool di Mani Pulite ritorna agli anni di Tangentopoli e non modifica di una virgola il suo pensiero su Craxi, il Psi e il malaffare della politica. Qualche giorno fa sull’Espresso era stato lo stesso Di Pietro ad allargare le “maglie” dell’inchiesta, andando a definire come la mafia e la Dc attorno ad Andreotti come le vere mire delle sue inchieste (con accenni che finivano quasi in “braccio” alla teoria della Trattativa Stato-Mafia del pm Di Matteo): l’attacco a Craxi però resta, specie in questi giorni di rinnovate discussioni a partire dal film di Gianni Amelio, un vulnus inequivocabile dell’agire giuridico e politico di Antonio Di Pietro.



BOBO CRAXI REPLICA A DI PIETRO: “INFAMIA PESERÀ SU SUA COSCIENZA”

«So che se fosse tornato in Italia, nessuno gli avrebbe potuto togliere il suo diritto a essere curato in ospedale. È scritto nei codici. Lui, invece, chiedeva, con una sorta di ricatto allo Stato, un salvacondotto preventivo che i magistrati non potevano dare», sono le parole ulteriori di Di Pietro che fanno poi scattare sulla sedia il figlio di Bettino Craxi, Bobo, oggi intervenuto con una nota in completa opposizione all’intervista del magistrato di Mani Pulite. «Craxi non fu vittima di se stesso: Primo, se proprio vogliamo dirla tutta, a 20 anni di distanza, il rifiuto di far morire mio padre in Italia è un’infamia che peserà sulla loro coscienza per tutto il resto della loro vita, così come pesano i morti di Mani Pulite», puntualizza Bobo Craxi, salvo poi aggiungere ulteriormente «in questi 20 anni la storiografia ci ha illuminato: i reati non coperti dall’amnistia dell’89 e commessi fino al ‘92 erano comuni a tutte le forze politiche e la magistratura ne colpì particolarmente solo alcuni, su mandato politico interno o internazionale, alla fine della Guerra fredda».

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