Al centro della puntata di ieri di Non è l’Arena, la trasmissione di La7 condotta da Massimo Giletti, il caso di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”, capo degli ultras “Irriducibili” della Lazio e l’inizio della sua carriera criminale fino alla sua fine. Secondo gli inquirenti Diabolik era il capobanda di un traffico internazionale di droga, un uomo che in quel momento tentava di diventare il vero re di Roma, dominando totalmente la Capitale. Ma perché è stato ucciso e chi c’entrava nella sua vita spericolata in cui entravano i Casamonica, Senese e Spada? Dopo l’ultima puntata dedicata a Diabolik, come spiegato dalla giornalista Francesca Fagnani ospite della trasmissione, negli ambienti criminali si sarebbe innalzato un forte nervosismo generale. “Ho avuto pressioni e intimidazioni per diversi giorni fino a quando giovedì sono stata costretta a fare un esposto alla Digos e alla procura di Roma”, ha spiegato la Fagnani.
A raccontare per la prima volta in video di Diabolik è stata la moglie Rita Corazza: “Mi sembrava giusto che dicessi chi era mio marito. Lui ha fatto processi, ha pagato la sua pena e non c’è mafia, non ci sono narcotrafficanti, non c’è nulla di tutto questo”. Alla luce delle ordinanze, dice la donna, Fabrizio “ha tre capi di accusa che non c’entrano niente con un eventuale capo di organizzazione”. Dalle ultime indagini sarebbe emerso che a sparare il colpo mortale fosse un killer albanese, un professionista: “Io su questo non posso dire nulla, nella sfortuna mio marito è stato fortunato perché non ha sentito nulla”.
DIABOLIK, PARLA LA MOGLIE RITA
La moglie di Diabolik ha svelato quali erano i principi ed i valori di Fabrizio Piscitelli attraverso un aneddoto, raccontando come il marito aiutasse una donna anziana a salire la spesa. Un’immagine discordante rispetto alle condanne: “E’ stato in galera? Ha pagato, non per questo non puoi essere generoso, buono e bravo. Per quanto mi riguarda Fabrizio era un ragazzo come un altro”, ha proseguito la moglie. “Non lo ritengo un mafioso, è stato ucciso per una trappola, non penso sia stato un passante ma ho sentito altre persone poi uccise per molto meno”, ha proseguito. Ad oggi la donna è ancora molto addolorata per quanto accaduto al marito: “Si va avanti…”, ha spiegato, rammentando i numerosi anni condivisi con lui. Come ribadisce però Massimo Giletti, dalle indagini sarebbe tuttavia emerso il pieno coinvolgimento di Diabolik agli ambienti criminali che, spiega la Fagnani, non solo frequentava ma “la moglie è stata presentata dai Senese, che sono un clan camorristico fortissimo a Roma da 30 anni. Lei viene da quell’ambiente”. A farle impressione il fatto che la donna ridimensioni la gravità di questo omicidio “togliendo il senso di mafia a quell’omicidio”.
IL CASO A NON È L’ARENA
Ad intervenire nel dibattito è stato anche il giornalista Daniele Piervincenzi che ha sottolineato come Diabolik non sia affatto stato ucciso perché ultrà della Lazio. “L’omicidio di Piscitelli ci permette di ricostruire il quadro della presenza della mafia a Roma e quindi scorporando la parte del tifo e magari la parte più sana di Piscitelli, c’era una parte oscura e bisogna andare a fondo”, ha commentato il giornalista. A Non è l’Arena è stato trasmesso anche un documentario sugli ultras della Lazio in cui parlava Diabolik raccontando il momento dello scontro con le forze dell’ordine. “La curva ha permesso a Diabolik di costruirsi una credibilità criminale a Roma e poi è passato all’incasso con Senese, Carminati, poi con gli albanesi”, ha aggiunto Piervincenzi. La moglie Rita ha commentato nel corso dell’intervista: “Fabrizio ha avuto sempre una mente imprenditoriale, ha avuto un negozio, poi aveva dei campetti di acqua saponata che aveva lanciato lui, poi si è messo a fare con altri una società con un marchio e vendeva materiale della Lazio che non aveva nulla a che fare con la contraffazione”. Per lui la Lazio “era tutto, è nata dentro di lui in un quartiere di romanisti. Era un ragazzo che ha amato la Lazio più di qualsiasi cosa”. Diabolik aveva un carisma tale da portarlo a parlare con giocatori e con la società: “Amava la maglia, riguardo la società a lui non interessava molto. Aveva il suo filone da fare con tutti i ragazzi, non era solo. Ognuno aveva un ruolo, erano tutti allo stesso livello”. Tornati in studio Giletti ha osservato come la donna abbia raccontato un’altra vita. La Fagnani ha commentato: “Lei mente sapendo di mentire”. Per gli investigatori Diabolik stava scalando le gerarchie della criminalità romana.