Ora è il nuovo album dei Diaframma. Uscito da poco più di un mese, contiene otto brani che corrono via velocemente, forse troppo, sarà anche per la durata complessiva da vecchio LP che può stupire gli ascoltatori più acerbi e i giovani fan. Com’è? E’ la domanda che, alla fin della fiera, viene chiesta ad una recensione qualunque. La risposta potrebbe limitarsi a predicato e apposizione: è rock.



Detto questo, è il loro rock, quello che Federico Fiumani e soci ci hanno abituato ad ascoltare da anni e anni, sempre dannatamente controcorrente. Graffiante, ironico, crudo, romantico e con progressioni improvvisamente fuori dallo schema e la voce che piega a soluzioni non esattamente banali. “La morte di mia madre”, spiega il leader, “avvenuta pochi mesi fa, è stata la causa scatenante di questo prodotto discografico. Quindi a mia madre, e più in generale ai miei rapporti familiari, sono dedicate diverse canzoni qui contenute”.



Se lo stile, dunque, si conferma nel solco del precedente (L’abisso) e del sound complessivo della band, c’è almeno una ragione buona e forte per ascoltare e riascoltare l’album. In Italia non è rimasto più nessuno a fare quella musica; intendiamoci, non in assoluto, ma non è rimasto nessuno a raccontare la generazione di ultracinquantenni, con i loro ossi di seppia, le loro delusioni, la rabbia, l’anarchia e il cuore che ancora batte dietro corpi che si sfibrano nonostante ogni palestra, pelli che cedono, regressione dei progetti e ideali in caduta libera. C’è, insomma, un gran numero di signore e signori che non si riconoscono nella paccottiglia cantautorale da mainstream né nelle tinte slavate e pop di chi, nei verdi anni, tentò l’azzardo del salto eretico dentro la musica alternativa. Insomma, per ogni smagliato Pelù che inciampa a ritmo di pop (senza danni, evviva, cin!), c’è un Fiumani che incurante di ogni linea mette nero su bianco testi espliciti, dove le pieghe contraddittorie degli uomini trovano la semantica elettiva e scabrosa, indecente e dolcissima.



Chi oggi porta, con un filo di scorno, calvizie e incanutimenti è anche chi ha preso in faccia lo schiaffone del punk, della new age, del rock alternativo, delle avanguardie della West Coast e pure quelle antisistema britanniche. Ci sono, tra polveri e altari, persone che vanno celebrate e rappresentate ed è esattamente quello che i Diaframma continuano a fare con grande credibilità ed onestà. Raccontare la propria identità, al di là di ogni tentazione al sordido.

E se siamo stati o risultiamo una generazione di sconfitti e sfigati, fa niente: noi abbiamo il rock e chi ci da la voce. Con tanti cari saluti a Damiano e Achille.