Quanto è diventato faticoso esprimersi sui social? Esprimi un’opinione e finisci in un tritacarne mediatico tra gente che nella migliore delle ipotesi di insulta, nella peggiore ti minaccia, ti mette alla gogna e chiede anche il tuo oblio, oltre che il licenziamento. Lo sa bene Diana Del Bufalo, le cui “sparate” contro il vaccino anti Covid l’hanno esposta ad un’ondata incredibile di odio. anche in virtù delle sue recenti apparizioni televisive (oggi ad esempio è a Da noi… a ruota libera da Francesca Fialdini). Partiamo dalle premesse: chi scrive è vaccinata (anche con booster), crede fortemente nella scienza e le è grata per averci dato uno strumento in grado di salvare migliaia di vite (e quante ne avrebbe salvate nella prima ondata), ma è pure consapevole che se non è neutralizzante il vaccino dell’influenza (che di pandemie nella storia ne ha causate diverse), non ci si può aspettare che lo sia questo arrivato un anno dopo la diffusione del coronavirus.
Detto questo, non possiamo dimenticare che scriviamo dall’Italia, una repubblica democratica, dove c’è la libertà di esprimere il proprio pensiero, discutibile e infelice che sia. Per intenderci, non viviamo in un Paese che ti arresta per un post su Facebook (a meno che non si configuri un reato, perché libertà di espressione non vuol dire esprimersi ignorando eventuali reati che possono configurarsi per ciò che si dice), Twitter o Instagram. Ma la pandemia ci ha messo così alle corde (anziché migliorarci), che non abbiamo neppure la tolleranza nei confronti di chi dice qualcosa che ci può indignare.
DAL POLITICAMENTE AL PANDEMICAMENTE CORRETTO
Non si cerca il confronto con chi ha paura di vaccinarsi o ha dubbi sul vaccino, si passa direttamente agli insulti. Quelli da cui è stata travolta appunto Diana Del Bufalo che si dice delusa da un vaccino che non ferma i contagi (e per questo ritiene non funzioni). Questione di prospettive, perché la trasmissione può passare in secondo piano quando il tuo obiettivo è salvare vite e il tuo lavoro di scienziato diventa una corsa contro il tempo. Ma perché non parlarne, spiegarlo? Perché non cercare un confronto sereno e rispettoso? Perché ricondividere quei video di Diana Del Bufalo e seminare odio sui social? Forse perché non si vuole ammettere che il vaccino non è l’unica soluzione alla pandemia anche se ci siamo (ci hanno) convinti di ciò (e questo, Diana Del Bufalo, non vuol dire che non funziona)? Ma se Ugur Sahin, CEO di BioNTech che ha realizzato il primo vaccino anti Covid con Pfizer, dichiara che «i vaccini da soli non bastano per fermare la pandemia», chi siamo noi per affermare che invece anche prevenzione e protezione siano fondamentali nel controllo della pandemia?
Siamo passati in due anni dal politicamente al pandemicamente corretto, motivo per il quale se dici qualcosa fuori dal coro, la prima cosa che devi fare è prendere una pala e prepararti a spalare tutta la melma che arriva, anziché essere messa di fronte alla realtà. Tutto ciò ignorando che il problemdianaa di fondo è forse quella comunicazione sbagliata che è stata fatta sui vaccini anti Covid, le informazioni contrastanti frutto della corsa a dover dire la propria, le retromarce dopo le decisioni e le decisioni contraddittorie. La scienza si evolve man mano che si acquisiscono conoscenze – è profondamente vero – ma una parola è poca e due sono troppe, e in questi mesi ne abbiamo sentite davvero tante, il problema sorge anche quando diventano violente.