In Ecuador la situazione è sempre allarmante, anche se i militari continuano nelle operazioni atte a stanare le bande criminali narco dai loro capisaldi: con l’appoggio di gran parte della popolazione che vede la soluzione presa dal Presidente Noboa, ossia quella di una guerra dura e senza quartiere imitando quella intrapresa e vinta dal Presidente Bukele in Salvador (che ora gode della miglior sicurezza di tutto il continente latinoamericano), la giusta direzione per tentare di far tornare la nazione nella tranquillità di non tanti anni fa.
Venerdì scorso un tribunale ha confermato la condanna a 8 anni di prigione inflitta all’ex Presidente Rafael Correa e al vicepresidente Jorge Glas per atti di corruzione commessi tra il 2008 e 2012: in questo modo è stato respinto l’appello anche se Correa attualmente è rifugiato in Belgio.
La questione della penetrazione non solo del narcotraffico ma anche della considerazione che le bande criminali hanno conquistato nel continente latinoamericano risulta evidente da anni ed è il risultato di azioni intraprese da Presidenti di entità politiche definite “progressiste” e tutte quante unite nel considerare la criminalità una causa risolvibile non attraverso misure sempre più dure di detenzione, bensì attraverso misure non solo di assoluzione dei crimini ma che trattano le bande alla stregua di organizzazioni sociali.
Come già scritto la settimana scorsa, proprio Correa aveva legalizzato le attività di diverse bande narco che da questo provvedimento avevano conquistato un potere i cui effetti si sono poi concretizzati negli ultimi avvenimenti. Si è venuto a creare in vari Paesi del continente un potere grandissimo frutto in pratica di alleanze con organi legislativi e politici, alimentando una corruzione notevole: nel solo Ecuador la magistrata Diana Salazar ha messo in marcia un operativo, denominato “Metastasi”, nel quale sono stati arrestati e condannati 29 alti funzionari, accusati di ricevere tangenti altissime per liberare capi criminali attraverso processi manovrati.
Salazar ha detto chiaramente che lo Stato è colonizzato dalla narco-politica, visto che la delinquenza ha di fatto permeato le istituzioni per garantirsi l’impunità per i propri crimini. Ed è questa la via che viene applicata anche in altre nazioni quali il Venezuela, il Brasile e la Colombia attuali: addirittura in quest’ultimo Paese l’attuale Presidente Petro nei suoi discorsi assume toni di sostegno al fenomeno, considerando le bande narco alla stregua di gruppi politici rivoluzionari.
Non si può capire come in Ecuador terminerà la guerra contro il Narcostato, anche perché i militari attualmente impegnati nella lotta non hanno la forza sufficiente per contrastare poteri così forti perché infiltrati in ogni dove: per questa ragione a breve entreranno in azione entità specializzate in questo tipo di lotta provenienti sia dagli Stati Uniti che dall’Argentina. Quest’ultimo Paese, anch’esso da alcuni anni centro narco provocato dalle politiche di anni di perokirchnerismo al potere, ha nel frattempo raggiunto un record mondiale in ambito economico: conquistando la maggior inflazione al mondo, superando anche il Venezuela. La lotta che l’attuale ministra della Sicurezza argentina, Patricia Bullrich, sta attuando è quella di cercare di ridurre il potere delle bande criminali non solo potenziando sia la Polizia che la Gendarmeria, ma facendo pure lei intervenire l’Esercito nelle zone più ad alto rischio, come la città di Rosario, dove ormai da anni si è sviluppato un potere di bande narco fortissimo, dovuto al fatto che il Rio Paranà, che la attraversa, si è trasformato in uno snodo importantissimo da cui transita la droga destinata successivamente a raggiungere Buenos Aires per poi essere inviata in Europa. Nella capitale argentina, difatti, il quartiere denominato “Tigre”, una zona residenziale bellissima situata nell’estuario del fiume sopra citato, è da anni dominata dai cartelli della droga, tanto che i loro capi vivono indisturbati nelle loro favolose residenze.
Il potere di queste organizzazioni criminali ormai sta portando a un vero e proprio conflitto bellico che, partendo dal Messico dove hanno sede cartelli protetti pure loro a livello politico (come quello importantissimo di Sinaloa) arriva all’Argentina: la narco-politica potrebbe, se non contrastata efficacemente, portare a seri problemi che investirebbero l’Occidente, visto i profondi legami che queste organizzazioni hanno con il terrorismo mediorientale e che si sviluppano da anni in Venezuela, Colombia, Bolivia, Ecuador e Argentina, anche a livello politico.
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