Il Governo del nuovo Presidente peruviano Castillo ha suscitato polemiche tali da far organizzare una manifestazione massiva ai partiti dell’opposizione per il semplice motivo che, al suo interno, sono presenti ex terroristi (oltre a essere l’esecutivo più maschilista di questi ultimi anni) e anche perché Castillo stesso, oltre che stracciare l’attuale Costituzione per crearne una nuova di stampo comunista, ha espresso l’intenzione di liberare Abimael Guzmán, lo storico capo del tragicamente famoso movimento terrorista Sendero Luminoso.



Insomma, quello che solo la settimana scorsa non ci si augurava, dopo la nomina a ministro degli Interni (capo gabinetto) di Guido Bellido (personaggio legato a movimenti terroristici) e dell’ex capo dei guerriglieri del movimento “Esercito di Liberazione Nazionale”, di ispirazione castrista, Héctor Béjar, agli Esteri, si sta invece rivelando come un leitmotiv di questo Governo.



Il Perù è stato uno dei Paesi maggiormente investiti dal fenomeno del terrorismo fin dagli anni Sessanta, fino ad arrivare, nel corso dei Settanta, a una triste fama internazionale (peraltro condivisa nel Continente latinoamericano con altre Nazioni) soprattutto per le “imprese” e i massacri operati dal gruppo “Sendero Luminoso”, di ispirazione maoista.

Il terrorismo, fenomeno che ha sconvolto pure l’Europa negli anni Settanta, è stato però prima sconfitto e poi ricordato come una triste pagina da non dimenticare e condannare totalmente: al punto che, specie nella nostra cara Italia, i recenti successi diplomatici che hanno permesso la cattura e l’estradizione (non ancora però compiuta) dalla vicina Francia (che li aveva protetti) o dal Brasile (con il caso Battisti) di personaggi legati al triste fenomeno dimostra con orgoglio come una società civile non possa dimenticare (e non perseguire) chi nel passato, ispirato dall’ideale della violenza, ha sconvolto la storia di tante nazioni.



In America Latina invece la tragica esperienza portò molti Paesi sull’orlo della guerra civile (basti pensare al solo esempio dell’Argentina) e aprì la porta all’instaurazione di dittature militari. Il fenomeno dei “desaparecidos” argentini non sarebbe accaduto se il Paese non fosse stato spinto verso il golpe militare dalla tragica catena di sangue di gruppi terroristici tra i quali spiccava quello dei “Montoneros”, nato dalle ceneri di un gruppo di estrema destra e poi radicalizzatosi prima a fianco di Peron e poi, una volta espulso da questo Movimento, in un vero e proprio esercito comunista, con tanto di cappellani, che, lo ripetiamo, portò l’Argentina al collasso istituzionale, compiendo, insieme all’Erp (Esercito Rivoluzionario del Popolo) dal 1969 al 1975 12.000 attentati con l’uso di 4.000 bombe, causando 1w.800 morti (specie tra i civili) e 17.000 feriti.

Ma invece di seppellire questa triste pagina (come sta accadendo ora pure in Perù) l’Argentina fece una rivisitazione storica totalmente falsata al punto non solo di assolvere dei veri criminali, ma anche di omaggiarli con cariche politiche che proseguono tuttora nel Governo di Alberto Fernandez.

È di questi giorni la notizia che nella città di Rosario associazioni studentesche chiedano l’eliminazione sia della statua che del titolo di “Cittadino Illustre” a Ernesto “Che” Guevara, che ha rappresentato il primo esempio di macchinazione storica, purtroppo con successo mondiale, dello stereotipo del “guerrigliero buono”, in difesa dei poveri e degli esclusi. No, la storia ha dimostrato da anni che invece il “Che” fu una persona spietata nella sua violenza (ammazzò senza nemmeno un processo a più di 300 cubani, spesso poveri campesinos) e anche nel suo razzismo totale non solo dei confronti dei neri, ma pure in quello degli orientamenti sessuali, fanaticamente esposto contro i gay e non certo un femminista come si è voluto far credere.

La storia si è ripetuta con gli anni Settanta terroristici argentini e così gli spietati assassini tra le cui vittime si sono registrati pure bambini, si sono trasformati magicamente circa 15 anni fa nella “gioventù meravigliosa” da vendere a generazioni di giovani affinché la potessero eleggere come esempio di una giustizia sociale “buona” da contrapporre a quella “cattiva” dei militari o del potere.

Una falsità che purtroppo, visto quello che accade in Perù, viene usata per giustificare poteri oligarchici e dittatoriali nella creazione del nemico da combattere: manovra astuta creata nel 2003 dal Presidente Nestor Kirchner il quale, con solo il 23% dei voti ottenuti alle presidenziali, si inventò questa storia per celebrare il suo matrimonio con una sinistra ancora legata agli anni Settanta e quindi, attraverso cospicui finanziamenti che l’hanno trascinata in scandali colossali (basti pensare a quelli che hanno coinvolto Madri e Nonne di Plaza de Mayo) nella cogestione del potere. E con una corruzione che ha superato i 30 miliardi di dollari, capitalisticamente depositati in paradisi fiscali vari.

E i risultati si sono visti, con uno dei Paesi potenzialmente più ricchi del pianeta sprofondato in una serie di crisi che hanno portato il livello di povertà a oltre il 53% e l’economia a una crisi che sta generando una massiva fuga della classe media in Europa e negli Stati Uniti e un cammino verso il disastro venezuelano.

E così mentre nella capostipite Cuba non si placano le proteste, benchè represse nel silenzio mediatico più totale, in Nicaragua saranno indette “elezioni” con il Presidente Daniel Ortega (pure lui rivoluzionario) che ha imprigionato tutta l’opposizione, ecco che anche il Perù, la cui economia si era magicamente risollevata in questo ultimo decennio, si allinea al famoso “Gruppo di San Paolo”, l’alleanza tra i populismi che, in nome del nazional popolare, vorrebbe governare il potere in una America Latina che invece di aprirsi al mondo tende a rinchiudersi in una morsa di un triste passato che già ha marcato questo bellissimo Continente.

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