Giovedì 14 ottobre il Presidente cileno Sebastiàn Piñera ha dichiarato 15 giorni di stato di emergenza in 4 province del suo Paese dove si sono avute azioni violentissime perpetrate da membri di movimenti della vasta comunità indigena Mapuche. Lo strumento si è reso necessario perché, secondo quanto dichiarato dal mandatario cileno, “ci sono state gravi alterazioni all’ordine pubblico nelle Province di Bio-Bio, Malleco e Cautin appartenenti alla Regione della Araucania”.
Pure in Argentina la situazione è grave ormai da alcuni anni, visto che, se da una parte la gran maggioranza dell’etnia Mapuche che occupa varie province della Patagonia è perfettamente integrata, dall’altra gruppi terroristici causano da tempo gravi incidenti non solo occupando proprietà private ed estensioni di territorio nazionale, ma anche provocando incendi massivi e violenze nei confronti dei legittimi proprietari.
La questione ha però delle differenze che sono da rilevare, perché l’etnia Mapuche, di origine cilena, ancora prima dell’arrivo dei Conquistadores spagnoli, occupò terre che appartenevano all’etnia Teuhelche nell’attuale Argentina, massacrando completamente i suoi componenti. Quindi le rivendicazioni, nel caso argentino, sono su di un territorio non originario, ma a sua volta occupato con la violenza.
Nel Cile, invece, la questione ha dei risvolti differenti anche perché i territori contestati nascondono al loro interno enormi ricchezze minerarie, tra le quali l’oro, e sono da anni oggetto di espropriazioni da parte di imprese che hanno raggiunto accordi governativi. Fatto sta che spesso queste terre, per il loro sfruttamento, vengono inquinate da sostanze nocive, come ad esempio il mercurio, che, sciolto nell’acqua, diventa pericolosissimo per la salute delle popolazioni.
Esiste quindi una situazione di obiettivo pericolo alla quale si sommano pretese di dominio di un territorio e addirittura l’intenzione di creare una Nazione Mapuche che includerebbe anche ampie zone della Patagonia argentina che, come abbiamo sopra descritto, sono a loro volta parte di un’occupazione e non ancestralmente di origine.
È chiaro che lo sfruttamento minerario, con i pericoli che comporta per gli abitanti, deve essere interrotto, ma nel 1993, durante il Governo di Ricardo Lagos, il Cile approvò una legge che ha cercato di regolare il problema delle proprietà terriere, stabilendo dei risarcimenti cospicui a favore dei Mapuche (come di altre popolazioni originarie del Paese) come porre una particolare attenzione nella cura, la preservazione e la diffusione del patrimonio non solo archeologico, ma anche culturale indigeno, con la creazione di programmi interculturali anche per quanto riguarda la salute e l’istruzione.
L’Argentina, dal canto suo, aveva già raggiunto da tempo accordi di questo genere, e la situazione a livello di integrazione era praticamente risolta, ma la violenza operata da gruppi terroristici provenienti dal Cile ha creato non pochi problemi che tuttora permangono, visto che le azioni di occupazione continuano e coinvolgono anche istituzioni dello Stato, quali ad esempio le scuole.
C’è da dire che invece dal lato cileno gli accordi del ’93 non sono stati affatto rispettati e lo sfruttamento dei territori continua senza sosta.
Tutta la questione delle popolazioni originarie coinvolge l’intero Continente latinoamericano, basti pensare a quella (che occupa gran parte dei media) sulla distruzione dell’Amazzonia operata da anni in Brasile e che coinvolge anche lì gli indios. Quello che viene lecito chiedersi è perché alla fine non si applichino gli stessi trattati ottenuti dalle etnie originarie del Nord America, dove le riserve e molti territori, benché appartenenti a Usa e Canada, sono gestiti poi dagli abitanti originari, che spesso hanno raggiunto livelli di ricchezza attraverso non solo le royalties per lo sfruttamento petrolifero e minerario dei loro territori, ma anche godendo degli introiti delle case da gioco che sono state aperte nelle loro terre.
Insomma, la soluzione di queste problematiche ancora in corso è possibile, ma allo stesso tempo vanno isolati gruppi che praticano violenze e terrorismo, spesso finanziati e collegati con reti di narcotraffico che avrebbero un interesse grandissimo nell’utilizzo di questi “territori liberati” per i loro traffici, tra i quali quello di esseri umani.
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