Mentre si è conclusa la riunione del G20 economico a Venezia, con il notevole risultato della tassazione imposta alle mega imprese globali collegate al web, in America Latina si sta assistendo a un risultato altrettanto storico ma nella sua negatività: quello della disgregazione del Mercosur. Istituita nel 1991 con il Trattato di Asuncion, l’organizzazione rappresenta un po’ un Mercato comune dei Paesi latinoamericani, visto che è composto da 9 Paesi (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Paraguay, Perù e Uruguay). fino al dicembre del 2016 anche il Venezuela ne faceva parte, poi espulso per scorrettezze nei suoi rapporti commerciali.
A dire il vero questa organizzazione ha sempre avuto una vita piuttosto travagliata ed è stata il simbolo dell’incertezza politica che, soprattutto attualmente, affronta il Continente. Un’occasione che avrebbe potuto unire la considerevole forza e le ricchezze ineguagliabili dell’America Latina si è trasformata in un’assemblea di condominio che alla fine, dal partorire un Continente unito e forte nel segno della democrazia (come avvenuto con la Cee, poi trasformatasi in Ue) ha dato vita a un organismo che proprio in questi giorni rischia una divisione dovuta al fattore che contrappone nazioni che hanno abbracciato il populismo sulle orme venezuelane (Bolivia, Argentina con l’incognita Perù) ad altre nelle quali vige un’alternanza di poteri democratici. La spaccatura definitiva è avvenuta la scorsa settimana quando in pratica il Presidente dell’Uruguay, Lacalle Pou, ha annunciato, nell’ambito della 58sima riunione del “blocco”, che”avvierà negoziati con Paesi che non fanno parte di questa organizzazione per giungere ad accordi commerciali senza che questi siano stati approvati dagli Stati membri. Questo per “difendere la modernizzazione del blocco, attraverso un’agenda di negoziati esterni sostanziale, agile, dinamica, flessibile e permanente”.
In pratica il piccolo Paese che divide con l’Argentina le opposte sponde del Rio della Plata ha deciso di rifiutare una posizione espressa in particolar modo dal suo vicino, spalleggiato dalla Bolivia, nel rinchiudersi in posizioni economiche nazionaliste. In pratica sentenziando la fine del Mercosur, che però negli anni ha avuto altre “defezioni” o, per meglio dire, minor impegno.
Difatti i Paesi del versante Pacifico del Continente (Cile in particolare, ma anche il Perù) nel corso degli anni hanno sviluppato relazioni commerciali con Paesi del blocco asiatico, mentre il Brasile, sentendosi a ragione un po’ nel ruolo della Germania dell’Ue, ha sempre considerato l’ambito continentale un vestito un po’ stretto per la sua dirompente economia.
Ecco che ora la posizione uruguaiana, fortemente criticata dall’Argentina, ha di fatto atomizzato un’organizzazione che nel G20 di Osaka, nel 2019, aveva di fatto siglato uno storico accordo con l’Ue, dopo 20 anni di tentativi, per attuare finalmente scambi commerciali. Ma il sogno è durato pochissimo per due ragioni: la prima è da ricercarsi nella già citata incertezza politica in Sudamerica, mentre la seconda ha a che fare con la valanga di proteste scoppiate in Europa e che riguardano il settore agroalimentare.
Difatti il matrimonio Mercosur-Ue avrebbe permesso ai Paesi latinoamericani, in particolare a Brasile e Argentina, di esportare in Europa prodotti sia transgenici che, nel caso di derrate agricole come grano e soia, infestate dall’uso di pesticidi come il famosissimo glifosato, massicciamente usato specie in Argentina ma considerato un pericoloso cancerogeno tanto che, ad esempio, le severissime leggi italiane ne limitano la presenza in quantità bassissime nelle farine che poi servono per la produzione di paste alimentari.
In pratica queste importanti differenze hanno poi alla fine fatto scoppiare un accordo che poteva finalmente avvicinare il Vecchio Continente al Nuovo Mondo e permettere l’instaurazione di rapporti commerciali importanti dopo aver siglato pochi anni fa a Buenos Aires, un Trattato (denominato il “Pacto”), che univa gli sforzi legislativi e della giustizia dei due Continenti nella lotta alla criminalità e alla corruzione.
Ma il pericolo che si rischia nell’attuale rottura del Mercosur non è insito solo nella mancata evoluzione di relazioni economiche più moderne che provocherebbero un importante sviluppo del Continente latinoamericano, bensì nel fatto che l’isolazionismo predicato specialmente dall’Argentina potrebbe alla fine compromettere le economie di vari Paesi e limitarle alla produzione di sole materie prime, dato che per i prodotti elaborati la tecnologia ormai raggiunta dalla Cina potrebbe sostituire quella europea o statunitense non nella produzione in loco delle stesse, bensì nell’importazione di suoi prodotti in cambio delle immense risorse naturali latinoamericane. Un pericolo che incombe anche su di una Ue che, speriamo, non si faccia abbindolare dalle fantomatiche “vie della seta” di grillina memoria. È per questo che occorre una politica veramente da Unione europea.
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