Nel corso di una intervista televisiva martedì scorso l’ex presidente argentino Eduardo Duhalde ha affermato senza mezzi termini che il Paese sta attraversando una pericolosa situazione che rischia di sfociare in un colpo di Stato. Pur se il ripudio a questa affermazione è stato massiccio, bisogna dire che le parole dell’ex mandatario non sono da prendere assolutamente alla leggera, sia perché lo stesso Duhalde ha affermato di avere grandi conoscenze in ambito militare che gli hanno prospettato questa ipotesi, sia perché la stessa non è priva di fondamento in un Paese letteralmente spaccato in due. Insomma, il rischio di ripetere una situazione molto simile a quella degli anni Settanta esiste.
Già i lettori del Sussidiario conoscono la situazione di un’Argentina a rischio Venezuela per le politiche sviluppatesi da quando Alberto Fernandez è presidente ed anche per la pessima gestione della pandemia che, sebbene arrivata al quinto mese di isolamento in quarantena, vede ormai l’Argentina tra le dieci nazioni più infettate del mondo e questo dimostra ampiamente che l’isolamento, se perpetrato nel tempo senza test di massa e altre misure atte ad affrontare la situazione, alla fine produce come risultato l’esatto opposto, sviluppando vieppiù la diffusione del virus anche a causa dell’abbassamento drastico delle difese immunitarie per la quarantena “eterna” , come viene definita in Argentina.
C’è anche da aggiungere che in tutto questo problema il Governo continua imperterrito nella sua marcia verso le “balle spaziali” che ormai costituiscono la matrice della sua azione per tentare di giustificare i suoi provvedimenti, anche se le ambasciate di vari Paesi da mesi smentiscono integralmente le dichiarazioni che il presidente fa ogni volta che convoca una conferenza stampa e si mette a fare paragoni con altri Stati per giustificare le azioni del suo Governo. E così, per giustificare l’imposizione di tariffe alle società telefoniche, ha preso di mira la Finlandia, che però ha subito smentito adducendo che sì, le tariffe sono basse nel loro Paese, ma ciò a causa di una concorrenza commerciale e non per imposizione dello Stato.
Mentre anche sul fronte della pandemia, con un numero di contagi che supera i 12mila casi al giorno, continua la serie delle bugie di Stato, smentite dalle ambasciate, la tanto contestata riforma della Giustizia ha nel frattempo ottenuto la maggioranza al Senato, primo passo verso la sua istituzione. Con una “poco comprensibile” aggiunta dell’ultimo momento praticata dal kirchnerismo: la creazione di oltre 900 nuovi incarichi all’interno della Giustizia, fatto che nella sostanza apre un vero e proprio mercato del voto per la sessione che dovrà confermare la riforma alla Camera dei deputati. In pratica, ciò rende assolutamente appetibile a molte province approvarla per poi accedere a questa manna dal cielo fatta da altissimi stipendi per incarichi spesso senza nessuna incidenza giudiziale.
Va da sé però che l’approvazione della riforma costituirebbe non solo il via libera a Cristina Kirchner per annullare tutti i processi e le relative indagini a suo carico (e a quelli del suo entourage), ma aprirebbe le porte a una giustizia completamente manovrata dal Governo, che a questo punto avrebbe mano libera nell’istituzione di quel potere totalitario tanto sognata in Argentina fin dagli anni Settanta.
Allora gruppi come Erp e Montoneros, attraverso la violenza più bieca, fecero esplodere, tra il 1969 e il 1975 (cioè in piena democrazia) una guerra civile tra destra e sinistra del peronismo, con 12mila attentati, 4mila bombe, 1.080 morti e 17mila persone ferite, con il risultato di creare una situazione di pericolo tale da provocare il colpo di Stato militare del 1976, che portò al potere la tristissima dittatura genocida.
La situazione attuale rischia di essere paragonabile a quella di quei tristi anni, pur senza la violenza delle armi, ma con un potere che, come dimostrato proprio dalle imponenti manifestazioni del 17 agosto scorso, non ascolta minimamente le proteste della gente e rifiuta qualsiasi dialogo con l’opposizione, con un presidente che ormai è chiaramente agli ordini di una vice. In poche parole, un Governo che risponde solo a se stesso, non agli ideali di una Repubblica.
E così mentre si susseguono manifestazioni nelle strade, specialmente di Buenos Aires, il Governo continua nella sua politica di potere a se stante, fatto che – ormai è quasi un classico nella storia del Paese specie da quando il peronismo è al potere – rischia di provocare una risposta militare in quello che ormai è un Paese spaccato in due.
E’ sperabile che il tutto si mantenga solo un’ipotesi in una nazione ricchissima di risorse, ma in una crisi economica senza soluzione dove però il pensiero dominante continua a riferirsi al passato anziché al futuro. E sappiamo già dove porta il “potere al popolo” tanto caro a Rousseau…