E così in Brasile si continua non solo a manifestare, ma dalla relazione emessa dal gruppo tecnico del ministero della Difesa che controllava le ultime elezioni sono emerse distonie notevoli che in pratica hanno prodotto voti fasulli, fattore per cui il PL di Bolsonaro chiederà l’annullamento del voto. Il rapporto, poi confermato da un’altra ricerca commissionata dal Tribunale Superiore Federale, ha stabilito che seppur il sistema informativo usato a protezione non permettesse influenze dall’esterno, lo stesso era invece, per gran parte delle “macchinette” utilizzate per il voto, modificabile internamente e quindi il risultato è influenzato da frodi che già erano state ampiamente documentate fin dal primo turno.
Nel frattempo lo stesso STF, per mano del suo Vice-Presidente Luis Roberto Barroso, ha emanato una sentenza che limita fortemente il diritto di proprietà, approfittando ovviamente del risultato del voto, violando apertamente un articolo della Costituzione brasiliana.
Insomma, un primo passo di un potere legislativo che, con le sue decisioni in merito alla propaganda elettorale, ha di fatto influenzato fortemente il voto schierandosi apertamente con il candidato del PT Lula, che punta decisamente ad arrivare a uno Stato gestito da una democrazia di stampo non tanto vagamente venezuelano.
Abbiamo introdotto questo articolo partendo dal Brasile perché, con una “strana” coincidenza, nella vicina Argentina stanno accadendo cose che fanno nascere un’analogia con quanto finora descritto: si è difatti assistito al risveglio di Cristina Fernandez de Kirchner che ormai, sconfitta nei suoi reiterati tentativi di evitare i vari processi in cui è coinvolta, quasi contemporaneamente all’elezione dell’amico Lula ha sfoderato una decisione che, come quella di Barroso, viola la Costituzione del Paese, indicendo una riunione del Senato per votare un giudice suo protetto nella commissione per la Giustizia. La proposta è passata seppur l’opposizione, nella sua totalità, non abbia partecipato al voto, considerando illegale il decreto della nomina successivamente emesso. Ma contemporaneamente, anche se non ufficialmente, la Kirchner è uscita allo scoperto e ha riunito i suoi sostenitori in una manifestazione dove ha pronunciato un discorso incentrato sulla volontà di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali che si svolgeranno nel mese di ottobre del 2023.
Nel corso del meeting tenuto nella località di La Plata, Cristina ha rispolverato, esaltandoli, i principi del peronismo ricordando quanto il Paese abbia goduto di “una vera democrazia” e di un benessere generale (ovviamente specialmente nei suoi due precedenti mandati). Ora bisogna fare delle considerazioni: in primo luogo la coincidenza tra il terzo mandato di Lula e l’improvvisa luce che ha colpito Cristina Kirchner sul vedere di riproporsi, pure lei, alla presidenza, visto che i sondaggi che già iniziano a circolare da tempo sulle prossime votazioni danno il kirchnerismo e il peronismo in generale come perdenti con qualsiasi candidatura. Ma allora quella di Cristina è una mossa estrema per evitare una sicura condanna?
Sicuramente lo è se analizziamo anche la condizione di Lula che, condannato anche in terzo grado per corruzione, ha letteralmente goduto di favori enormi da parte del Tribunale Superiore Federale, che in pratica gli ha annullato le sentenze perché emesse, secondo quest’ultima entità, da un Tribunale, quello di Couritiba, che non aveva competenza di giudizio in un caso nel quale veniva coinvolto un ex Presidente del Brasile. Cosa che ha permesso a Lula di candidarsi alle elezioni poi vinte: e guarda caso, tra le sue prime dichiarazioni, ne ha fatta una addirittura indossando un berretto che indicava “Cristina Presidente 2023” augurandosi l’elezione della sua alleata.
“La forza della speranza” è stato lo slogan della manifestazione di La Plata, con una Kirchner che è arrivata sul posto a bordo dell’elicottero presidenziale, visto che Alberto Fernandez si trovava a Bali, al G20, e in quei giorni la Vice occupava la sua carica presidenziale (che poi di fatto ha sempre attuato detenendo il vero potere in Argentina).
Bisogna considerare che l’Argentina sta versando, ormai da quattro anni, nella peggior crisi economica della sua storia, visto che ormai siamo molto vicini a un’inflazione del 100% annuo. E secondo l’attuale Governo, che continua sfacciatamente a mostrare dei privilegi di casta, la colpa della debacle economica si deve, nel ritornello peronista, al prestito del FMI che Macri sottoscrisse durante la sua presidenza. A dire il vero quei soldi poi servirono in gran parte a pagare un prestito che l’Argentina aveva sottoscritto con un gruppo di banche durante i Governi kirchneristi ed è quindi figlio proprio di coloro che ora ne piangono le conseguenze e lo indicano come capro espiatorio della crisi.
La cosa ridicola è che sia il Presidente Fernandez che il ministro del Lavoro Raquel “Kelly” Olmos hanno dichiarato giorni fa che il primo obiettivo del Paese è quello di vincere i Mondiali di calcio anziché diminuire l’inflazione: uno sproposito colossale, ma secondo noi pronunciato apposta per far convergere le luci del peronismo in appoggio totale dell’eventuale candidatura di Cristina alla presidenza, visto che quest’ultima recentemente ha apertamente criticato il Governo di cui fa parte. Oltretutto l’attuale dicastero vuole intervenire pesantemente sul fronte dei sussidi alla povertà, visto che hanno scoperto non solo un gran numero di persone decedute che li prendono, ma anche altre, proprietarie di alloggi e che spesso operavano nel mercato del cambio del dollaro, che li percepivano. Ed ecco che il “mercato” del voto pare decisamente puntare su chi possa garantire il mantenimento di questi aiuti, spesso illegittimi, e pagati da uno Stato che utilizza gran parte del gettito fiscale per coprire questa singolare iniziativa, che include anche quasi due milioni di stranieri che, puntualmente, varcano i confini di Paesi limitrofi per incassarli.
Ora, come nelle precedenti elezioni, bisognerà vedere quanto parte della classe media, che attualmente versa in condizioni disperate ma che nel 2018 appoggiò l’attuale Governo che aveva promesso di far sparire i sacrifici imposti da Macri, potrà schierarsi con una Cristina Kirchner che si ripresenterebbe con la solita bacchetta magica del benessere immediato e così chiudere definitivamente il cerchio di un’America Latina nelle mani di un populismo che continua a portarla verso un aumento della povertà ma che garantisce spesso sfacciatamente potere, privilegi e corruzione da parte di chi comanda.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.