Lunedì 30 dicembre è stata una giornata di lutto in Argentina, visto che all’età di soli 63 anni è scomparso uno dei giornalisti più significativi della storia del Paese, specie quella collegata al periodo che va dal ritorno della democrazia fino ai giorni nostri: Jorge Lanata.
La sua importanza è, come ripetiamo, legata a tanti fatti che si sono sviluppati in questo periodo: dalla fondazione di un quotidiano indipendente che è stata per anni la voce di un giornalismo non legato a carri politici di vario genere (ci riferiamo al quotidiano Pagina 12, nato nel 1987) che si può tranquillamente considerare un po’ il fratello Sudamericano della nostra Repubblica dei primi anni (non l’attuale) e che poi, una volta lasciata la carica di direttore che occupava, è stato ceduto al sindacato ultrakirchnerista dei portieri e si è trasformato nel portavoce di un’ideologia che ha distrutto l’Argentina in questi anni. Lanata è poi approdato alla televisione trasformandosi in quello che è sempre stato nel corso della sua carriera professionale: quel giornalista d’inchiesta che d un certo punto, dopo varie esperienze su carta stampata, nelle sue trasmissioni radiofoniche (mezzo molto seguito in Argentina), ma specialmente nella televisiva “Periodismo para todos”, ha portato alla luce gli scandali della corruzione kirchnerista attraverso indagini che alla fine hanno apportato prove contundenti degli stessi e portato la ex Vicepresidente Cristina Kirchner ad affrontare diversi processi dei quali finora uno solo portato a termine in prima istanza, con una condanna a sei anni di reclusione.
Giornalista dall’età di 14 anni, i suoi strali si sono abbattuti però contro tutti i poteri, perché il suo lavoro aveva come scopo quello di denunciare scandali a livello politico in modo da cercare di migliorare la situazione di un Paese che fino a questo momento ha vissuto la maggior parte degli ultimi 70 anni tra una discesa in un baratro all’altra, dopo che, fino all’avvento del Peronismo nel 1947, era considerato la terza potenza mondiale a livello di ricchezza e di riserve aurifere depositate nella sua Banca centrale.
Possiamo considerare Lanata per i mezzi audiovisivi un po’ quello che è stato (e continua a essere) Daniel Santoro per la carta stampata: quest’ultimo ha operato difatti con libri e articoli di giornale con inchieste che, insieme a quelle televisive e radiofoniche di Jorge, hanno raccolto, lo ripetiamo, prove contundenti della corruzione iniziata da Nestor Kirchner e proseguita da sua moglie Cristina fino ai giorni nostri.
È anche però ovvio che, come nel caso d’altronde dello stesso Santoro, il potente potere politico kirchnersta si è scagliato contro di loro, attraverso mezzi di stampa appartenenti al suo circuito, spesso con estrema violenza e anche con scandali letteralmente inventati, come hanno dimostrato poi i successivi processi tutti indistintamente terminati con assoluzioni degli accusati. Che però con il loro esimio e professionale lavoro hanno approfondito in maniera determinante la spaccatura dell’Argentina tra peronismo e anti-peronismo, che ancor oggi investe una società che, in parte, è rimasta fedele a un passato storico spesso intriso di ricostruzioni degne più di una favola che di una verità, visto che il peronismo è il figlio più perfetto del fascismo mussoliniano apparso sul pianeta Terra.
E questa credenza, alimentata sia da una propaganda che ha sempre promesso un benessere immediato (mai raggiunto), unita però a una straordinaria intuizione nel mollare il potere e passarlo all’opposizione proprio quando le bombe economiche stavano per scoppiare, oltre a un formidabile dispendio di finanze statali per sussidi e cariche in enti e Ministeri elargiti a profusione, è durata fino a quando, con la vittoria del Movimento “La libertad Avanza”, Javier Milei (terzo incomodo politico e sostanziale novità nella storia Argentina) ha conquistato il potere e iniziato un programma con interventi profondi sia in ambito statale (soprattutto) che economico.
Ma non si creda che Lanata a questo punto abbia abbassato la guardia, perché al contrario la sua interpretazione del mileismo è stata profondamente critica fino alla sua morte, sopravvenuta a causa di uno stato di salute estremamente cagionevole che durava da anni, con ricoveri continui in ospedali di Buenos Aires. Difatti Jorge considera Milei figlio stesso di quella casta che dice di voler combattere ma che in un certo senso lo ha creato, visto che secondo lui tutte le promesse di combatterla e di processare finalmente la sua corruzione, paventate nella campagna elettorale, si sono mantenute solo sulla carta, al punto di denunciare penalmente il Presidente stesso.
Altro elemento importante della carriera del grande giornalista è stato quello di scrittore, avendo capito molto tempo fa che la denuncia principale e più grave contro Governi corrotti non poteva essere altra che quella del giudizio della storia: il suo libro “Argentinos”, pubblicato nel 2008, ha raggiunto la straordinaria cifra di 340.000 copie vendute e in esso emerge la sua capacità di inquadrare la storia del Paese attraverso la sua verve giornalistica, dando ai fatti la loro realtà scevra da tutte le manovra propagandistiche che l’hanno distorta, imitando un po’ quello che il nostro grande padre del giornalismo italiano, Indro Montanelli, ha fatto con la storia del nostro Paese, allontanandola da quel detto di Voltaire, che la definiva “un pessimo scherzo che i vivi giocano ai morti” fatto dai poteri di turno.
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