Che la storia sia un terribile scherzo che i vivi giocano ai morti non lo disse solo il grande Voltaire, ma è un fatto che è stato dimostrato ogni volta che si è tentato esprimere un giudizio sul passato. In Argentina ciò si è riproposto lunedì della scorsa settimana a Buenos Aires per la celebrazione di un atto che commemorava le vittime del terrorismo degli anni Settanta. Evento fortemente contestato da organizzazioni politiche legate al peronismo e al kirchnerismo come manifestazione in difesa della passata dittatura.
Come abbiamo ampiamente descritto già da anni, verso la fine dei ’60 e per gran parte della decada successiva, il Paese venne immerso in un conflitto molto profondo e di una violenza inaudita che vide protagonisti da una parte due gruppi terroristici come i Montoneros e l’Ejercito Revulucionario del Pueblo (ERP) e dall’altra lo Stato che anche prima del 1976, anno del golpe militare che portò al potere la dittatura, aveva adottato sistemi basati sulla violenza estrema che portarono alla vera e propria sparizione di persone, spesso implicate nelle azioni dei gruppi sopra citati, ma anche semplicemente avversari politici.
Giova ricordare che, dal 1969 al 1976, in Argentina ci furono circa 12.000 attentati dove furono lanciate oltre 4.000 bombe che provocarono la morte di oltre mille persone (spesso al di fuori di questa lotta) e al ferimento di oltre 20.000. Il Paese era quindi immerso in una guerra civile tra la destra e la sinistra del peronismo, con il risultato che dal 1976 al 1981 il potere venne preso da un gruppo di militari che espressero una delle più feroci dittature della storia, abolendo la Costituzione, sciogliendo i partiti e con un Governo che venne messo nelle mani della giunta con a capo il Generale Videla.
Sotto il suo comando e su decisione di un altro membro della dittatura, il responsabile della Marina Emilio Eduardo Massera, condivisa, venne deciso di combattere un terrorismo che la gendarmeria, nel corso degli anni, non era riuscita a contrastare con il ricorso a una guerra totale usando, al posto della giustizia nei riguardi dei terroristi catturati (come accadde in quel decennio in Italia da parte del Generale Della Chiesa) la loro sparizione senza alcun procedimento legale.
Fu così che nacque, ma sarebbe meglio dire che si sviluppò (visto che le squadre della “Triple A “, che avevano iniziato a operare con la sparizione di avversari politici erano state fondate dal Segretario personale di Peron, Lopez Rega, già in piena Democrazia – 1973 – con la sparizione di oltre 500 persone) quella che la storia avrebbe chiamato il crimine dei 30.000 desaparecidos.
Bisogna precisare che, una volta tornata la democrazia nel Paese con l’elezione del Presidente Radicale Raul Alfonsin e istituita la Conadep (commissione nazionale dei desaparecidos) con il compito di documentare la tragedia e istituire il processo alla Giunta Militare, questa organizzazione sia giunta alla conclusione che il numero reale sia di circa 8.300 sparizioni e che la cifra di 30.000 sia stata creata da esuli argentini in Europa appartenenti a Montoneros per far si che il fatto potesse essere inquadrato come genocidio dalle autorità internazionali.
Sia come sia i successivi processi (che ebbero risalto nel mondo intero con il nome di “Nunca mas!”, Mai più!) terminarono con le condanne sia dei terroristi che dei militari responsabili delle atrocità effettuate: ma successivamente il primo Presidente peronista nella rinata democrazia, Carlos Saul Menem, concesse l’indulto nel 1989 sia i militari che ai terroristi in un tentativo di riappacificazione della società simile a quello operato dalle autorità politiche spagnole nei confronti degli ex franchisti.
Però nel 2006 un altro Presidente peronista, Nestor Kirchner, eletto nel 2003 con solo il 23% dei voti (quindi con un potere politico molto debole) decise di ripristinare i processi, limitandoli però alla sola dittatura militare. Questo perché, pur avendo un passato di collaborazionismo con la Giunta, aveva deciso di ottenere il consenso della sinistra del Paese e delle organizzazioni dei diritti umani (rafforzando quindi il suo potere) con una decisione che altresì riscrisse la storia facendo passare i terroristi come la “gioventù meravigliosa” (Juventud maravillosa) che aveva lottato per una presunta libertà e democrazia contro la dittatura militare, arrivando a fabbricare, letteralmente, un’importante bugia storica.
Sia ben chiaro: nonostante il numero falsato (giudicato una bugia a fin di bene) la dittatura di Videla e soci fu veramente crudele e sanguinaria a tutti gli effetti, e si può tranquillamente giudicare la peggiore apparsa nel dopoguerra: ma trasformare degli assassini in esempi da tramandare alle generazioni future è un delitto gravissimo, oltre che una distorsione della realtà. Sarebbe come se in Italia titolassimo vie e targhe commemorative alle BR o ai NAP: cosa impossibile anche perché la memoria l’abbiamo mantenuta.
Ecco quindi che, nell’attuale Argentina disastrata dal populismo peronista e kirchnerista, come se non fosse sufficiente la devastazione economica e sociale da loro provocata, si alza una protesta che, ovviamente, spacca in due parti la società e provoca l’ennesimo scontro come se non bastassero la povertà e l’insicurezza attuali a distruggere il Paese.
La cosa principale è che nell’opposizione, che dovrebbe vincere le prossime elezioni di ottobre, l’atto di commemorazione organizzato da Victoria Villaruel (da noi intervistata anni fa ed ora vice nel movimento “Libertad que avanza” di Javier Milei) non apra una discussione importantissima per il futuro del Paese e cerchi, invece, di chiamarsi fuori dalla problematica (in particolare da parte di Patricia Bullrich, una delle candidate principali di Juntos por el Cambio – il maggior partito di questa area) perché non importante, ma soprattutto per la paura di perdere voti in caso si esprimesse un parere.
È chiaro che una nazione che non ha il coraggio di affrontare e chiarire una volta per tutte il suo passato denso di zone scure non potrà purtroppo avere futuro: le vittime del terrorismo, così come quelle della repressione militare, lo furono per l’uso della violenza come mezzo di potere e il loro ricordo deve rimanere in una società che si ritiene repubblicana e democratica… o almeno così dovrebbe essere.
“Il rigoroso rispetto della Costituzione e della legge è essenziale per l’esistenza di una società organizzata secondo la forma di governo repubblicana. Con un chiaro pregiudizio ideologico, sia coloro che esercitano il potere sia coloro che affermano di rappresentare i diritti umani proteggono i diritti umani di alcuni e garantiscono che questa protezione non raggiunga i loro nemici”. Parole di Guillermo Ladesma, il giudice del Tribunale che condannò la Giunta Militare nello storico processo del “Nunca Mas!” nel 1985.
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