Benché le recenti elezioni abbiano consegnato all’Argentina un Parlamento dove, specie nel Senato, la maggioranza governativa sia sfumata a vantaggio di un’opposizione che può contare 6 voti in più, le manovre del Governo kirchnerista, purtroppo, come avevamo anticipato, sono avvenute attraverso un sistema di potere alternativo alla serie di DNU (Drecreti di necessità e urgenza) con i quali il Presidente Alberto Fernandez potrebbe governare una nave che ormai sembra ogni giorno che passa assomigliare a un Titanic in pieno affondamento.
Di fatto, nel corso di questi due anni di potere e anche a causa dei fondi illimitati a disposizione, si sono creati centri di gestione del potere stesso che costituiscono altrettanti feudi attraverso i quali manovrare il Paese.
Uno di questi è costituito dalla Giustizia, ormai in gran parte asservita al kirchnerismo, che in questi giorni ha in pratica iniziato un processo che, se non contrastato, terminerà riducendo il numero delle cause (una decina circa) che l’ex Presidente e attuale Vice (anche se molti affermino come in pratica il Presidente attuale sia il suo segretario) dovrà affrontare visto che ormai il rischio di perdere l’immunità parlamentare fin qui goduta rischia di annullarsi a causa dei nuovi equilibri in Senato.
Ma non è tutto: contemporaneamente la Banca centrale argentina, che in pratica non ha a disposizione una riserva in dollari, ha preso la decisione di non permettere i pagamenti dei biglietti aerei emessi su tratte internazionali e pagabili in valuta statunitense con la rateizzazione sulla carta di credito. Questo vuol dire che la classe media in particolare non potrà viaggiare al di fuori dei confini, ma allo stesso tempo la decisione ha fatto schizzare il valore dei biglietti emessi su tratte nazionali al doppio, in pratica bloccando un settore dove, da parecchio tempo, si assiste alla ritirata di vettori internazionali dall’Argentina. Se poi a questo sommiamo che la compagnia aerea nazionale, Aerolineas Argentinas, nonostante le massicce iniezioni di capitale pubblico, ha più della metà della sua flotta bloccata causa mancanza di fondi per le manutenzioni degli aeromobili (e questo la dice lunga su di una gestione assolutamente lontana dalla cultura del settore, ma completamente in mano a quella politica) ecco che il quadro si fa decisamente preoccupante.
A questo bisogna anche aggiungere la decisione del ministero dell’Industria e Commercio che in pratica ha ridotto ancora la quantità di carne che l’Argentina può esportare, causando un danno economico incredibile per un Paese che ha proprio questo settore tra i più importanti della sua economia e che un tempo la vedeva primeggiare. Ora il Paese si trova al quarto posto e, paradossalmente visto che la misura doveva calmierare il mercato interno, un kg di carne ha raggiunto i 2000 pesos dai 300 di appena due anni fa: questo grazie alle politiche suicide che purtroppo continuano in nome di una “lotta al capitalismo” compiuta con misure che poi si rivelano peggiori del male che si vorrebbe curare.
Tre anni fa il cambio del dollaro era valutato in 40 pesos e da parte del kirchnerismo arrivavano accuse (che continuano comicamente pure ora) a Macri di ladrocinio e politiche che avrebbero (secondo loro) affossato il Paese, soprattutto le classi più deboli. Bene, nell’arco di potere di questo Governo il cambio è schizzato a 220 pesos, i prezzi decuplicati, un’inflazione ovviamente alle stelle e le classi più deboli ridotte ormai alla fame e ingigantite. Chi invece se la passa bene sono non solo i salariati dallo Stato, ma pure coloro che ricevono i sussidi, ai quali bisogna aggiungere la classe politica e gli alleati del Governo, come i movimenti sociali che, oltre a provocare manifestazioni ormai quotidiane che bloccano il traffico di Buenos Aires, ricevono sussidi astronomici e poi sono i “rappresentanti” dello Stato, avendo in mano il potere di decidere a chi spettano gli aiuti.
Come accaduto in Venezuela (tramite un processo più volte annunciato in questi miei articoli), lo Stato sta portando il Paese verso lo sfascio più totale e a questo punto urge un intervento politico, fatto però da un’opposizione unita e che invece, nonostante l’indubbio risultato elettorale, ha nel suo interno componenti che alla fine potrebbero rivelarsi mine vaganti e fare il gioco di un potere kirchnerista che ha capitali tali da corrompere chiunque.
Alla fine come non concordare con un pensiero scritto su di un muro nei pressi della facoltà di Diritto di Buenos Aires, che recita: “Vivere nella terrà più ricca e vedere il potere nelle mani di cervelli tanto poveri”. È il populismo bellezza!
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