Mentre la situazione in Venezuela si sta facendo sempre più critica, con la proibizione di Maduro (violando il trattato internazionale di Vienna) di far entrare nel Paese gli uomini della Gendarmeria argentina per proteggere l’Ambasciata di Caracas, le relazioni tra i due Paesi si fanno ogni giorno più tese. Nonostante gli sforzi della Cancelliera Mondino per trovare una soluzione diplomatica sulla questione dei 6 attivisti della Plataforma Unitaria Democratica (PUD), partito dell’opposizione venezuelana, che hanno ottenuto asilo nell’Ambasciata stessa ma che da quest’ultima vogliono continuare a essere ospitati per appoggiare il loro partito nelle elezioni presidenziali di luglio (anziché ottenere un salvacondotto diplomatico e partire per Buenos Aires) si preannunciano giorni difficili per Milei pure in Patria, specie dopo le dichiarazioni di Estrela De Carlotto, leader delle Nonne di Plaza de Mayo, che il 24 marzo, durante la manifestazione in occasione dell’anniversario del Golpe Militare degli anni ’70, ha invitato pubblicamente un Presidente democraticamente eletto ad andarsene con le buone (dimissioni) o con le cattive (colpo di Stato).



Ma andiamo per ordine e soprattutto continuiamo a pensare che la concatenazione degli eventi che raccontiamo da tempo, da quando Milei è entrato nella Casa Rosada, non sia affatto casuale: già dopo la sua elezione Maduro aveva proibito i cieli del Venezuela agli aerei argentini, cosa che sta creando notevoli problemi che investono pure il calcio (la squadra del River Plate dovrebbe giocare il 2 aprile contro una venezuelana (Deportivo Tachira) per la Coppa Libertadores e l’aereo che la trasporta può atterrare solo in Colombia). Ora scoppiano sia la questione dell’Ambasciata che quella sollevata da Carlotto.



È abbastanza terrificante che proprio nel giorno della commemorazione del golpe militare la rappresentante di una storica organizzazione che da quell’evento ha registrato moltissime vittime, tutti desaparecidos, e quindi che dovrebbe occuparsi di diritti umani, invochi essa stessa un Golpe per deporre, lo ripetiamo, un Presidente democraticamente eletto. Ma è ancora più devastante che gran parte della stampa internazionale continui a dimenticare il cambio abissale che Mamme e Nonne di Plaza di Mayo hanno compiuto nel 2003 quando furono imbarcate insieme ad altre organizzazioni dei diritti umani sul proprio carro da un Presidente (Nestor Kirchner) eletto con solo il 20% dei voti (quindi in perfetta minoranza). Da allora hanno dilapidato completamente il loro capitale umano in difesa di sacrosanti diritti in pratica vendendosi alla politica e trasformandosi in cassa di risonanza di un potere che non solo ha solo distrutto il Paese Argentina, aumentato a dismisura la povertà trascinandolo nel baratro attuale, ma le ha pure investite in scandali scoppiati da anni.



Un potere che ha pure costruito la leggenda degli anni ’70 di una “gioventù meravigliosa” (sic) arruolata nel più bieco e violento terrorismo che ha trascinato l’Argentina nella guerra civile che ha partorito 8.000 desaparecidos (il numero di 30.000 rappresenta una bugia che i lettori del Sussidiario conoscono da anni), nei quali ripetiamo, fino alla noia, di non giustificare affatto né la dittatura né i suoi metodi che rimangono genocidi a tutti gli effetti: ma sarebbe ora, anche per l’Argentina (e per certa stampa internazionale), di conoscere completamente anche l’altra metà della storia. Con i suoi 12.000 attentati, le 4.000 bombe, i 1.800 morti e i 17.000 feriti causati dal terrorismo di gruppi quali Montoneros ed ERP che, lo ripetiamo anche questo da anni, dal 1969 al 1975 hanno immerso il Paese nel conflitto appena descritto.

Ecco quindi spiegato il perché delle dichiarazioni golpiste di Carlotto atte a far tornare il potere che le ha di fatto sfruttate, ma anche profumatamente sovvenzionate in diversi modi, spesso non molto etici. Nonostante ciò, la maggioranza dell’Argentina continua a sostenere Milei e lo dimostrano i sondaggi: anche perché, nonostante i sacrifici che la gente deve e dovrà soffrire ancora per un tempo (annunciati da Milei persino nella sua campagna elettorale), la rabbia contro i responsabili che hanno trascinato il Paese in un baratro pazzesco è talmente grande che tanto il peronismo quanto il kichnerismo, responsabili della situazione creata, hanno paura del fatto che, se il piano presidenziale, come sembra dai primi risultati che vedono un’inversione dell’inflazione come non accadeva da lustri, riuscirà finalmente a far decollare il Paese, il rischio che la loro avventura politica giunga al termine è elevatissimo.

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