La situazione in Argentina si sta facendo difficile più per problemi interni dedicati alla politica che per fattori economici. Anche se il cambio ufficiale con il dollaro ha superato di poco i 900 pesos, la situazione non ha subito drastiche riduzioni dei fattori economici. Ma la campagna di un’opposizione contro il Governo attuale sta raggiungendo dei limiti davvero impensabili fino a poco tempo fa e questo è l’effetto delle misure prese dall’attuale dicastero contro entità statali che risultavano non solo sotto il pieno controllo politico di frange oltranziste del perokirchnerismo, ma anche con numeri ogni giorno più impressionanti di persone (attualmente licenziate) che erano state assunte negli anni passati più per fedeltà politica che per bisogni reali, provocando un numero impressionante di lavoratori i quali, spesso magicamente, sono rientrati al lavoro solo una volta che il Governo ha svolto ricerche riguardo la loro presenza sul posto di lavoro.
Siamo stati testimoni di quest’ultimo fenomeno, visto che circa quattro mesi fa impiegati nei vari Ministeri ci segnalavano l’improvvisa scomparsa di sedie e scrivanie, occupate da persone mai viste prima. È ovvio poi che quando si è trattato dell’eliminazione di Ministeri ritenuti inutili o con politiche scandalose di spese siderali ingiustificate, i licenziamenti hanno coinvolto anche chi veramente ci lavorava e in molti casi la ridotta operatività di organizzazioni (come ad esempio l’Inca, l’istituto nazionale del cinema argentino, che finanziava pellicole di scarsissimo interesse con cifre milionarie solo perché politicamente recitate o dirette da ultrà politici) ha provocato anche qui riduzioni di personale.
Ora però la mancanza di fondi dello Stato, depauperati da anni di spese folli, non permette più il funzionamento di entità importanti, per esempio nel campo della salute, e le conseguenze si fanno sentire, amplificate da una quantità di licenziati per giusta causa, a loro volta sponsorizzati dalle politiche sia di sindacati che associazioni “in difesa dei diritti umani” dichiaratamente schierate contro chi ha tolto finanziamenti spesso illeciti a Ministeri vari. Il tutto corollato da un’informazione mediatica che, venendo a mancare le generose concessioni dello Stato riguardo finanziamento di trasmissioni sia radiofoniche che televisive, si è di fatto alleata con queste masse spingendo mediaticamente la protesta e tentando in pratica un colpo di Stato bianco, dove Milei sarebbe costretto alle dimissioni.
Addirittura c’è un gruppo che si augura tutto ciò e pare quasi metafisico: perché Mamme e Nonne di Plaza de Mayo negli anni Settanta furono vittime spesso proprio della repressione creata dal Golpe militare. E in questi giorni addirittura la leader delle nonne, Estela De Carlotto, ha dichiarato di ripudiare il tentato golpe avvenuto in Bolivia due settimane fa, ma si augura invece che lo stesso abbia successo in Argentina.
Come i nostri lettori già sanno, le attuali organizzazioni sopra citate sono ben distanti da quelle che negli anni 70 e 80 lottarono per chiedere giustizia per i loro figli desaparecidos. Nel 2003, dopo aver rifiutato qualsiasi alleanza politica e addirittura non partecipando al processo istituito dal Governo Alfonsin, tre giorni dopo aver prestato giuramento come capo di Stato, contro i responsabili della dittatura genocida nel 1985, si sono imbarcate sul carro kirchnerista alleandosi con l’allora Presidente Nestor Kirchner, eletto con solo il 21% dei voti. Trascinate spesso in scandali che ne hanno inficiato la figura in Argentina, la stessa è rimasta però inalterata a livello internazionale e quindi vengono prese come riferimento, fino ad arrivare a dichiarazioni francamente agghiaccianti come quella sopra riportata.
Ma Milei non si deve guardare solo da ciò, ma pure dal fatto che all’interno del Pro, il maggior partito dell’apposizione governato dall’ex Presidente Mauricio Macri, è scoppiata una faida con Patricia Bullrich, la ministra della Sicurezza (anche durante il Governo macrista) che vorrebbe una alleanza tra il Pro e il gruppo di Milei (chiamato Lla: La Libertad Avanza). Sebbene la Ministra abbia dichiarato di non voler abbandonare il suo partito, il processo in corso potrebbe portare a una spaccatura interna che indebolirebbe un’alleanza governativa già lacerata da altri conflitti.
Milei deve quindi decidersi e mettere l’acceleratore sia sull’effettività dei nuovi Ministri che sulle loro politiche, perché il rischio di un harakiri è quanto mai possibile. Di certo l’attuale Governo è appoggiato internazionalmente specie nel mondo occidentale e da istituzioni come il Fmi, ma non è detto che questa situazione, dovesse mantenersi e ovviamente aggravarsi con il tempo, non solo provocherebbe un disastro socio-economico, ma favorirebbe quel “Golpe Bianco” (o nero che dir si voglia), citato sopra e quindi il ritorno di un perokirchnerismo addirittura con la possibile candidatura alla presidenza di uno dei politici più disastrosi di questi ultimi 20 anni: il Governatore della Provincia di Buenos Aires (una delle più povere dell’Argentina) Axel Kiciloff.
Attendiamo, quindi, gli sviluppi di una situazione sviluppatasi venerdì scorso, sperando che se ne possa uscire rapidamente con un vero accordo di unità tra Pro e Lla e quindi una strategia comune fatta anche da decisioni che possano tracciare, finalmente, una rotta chiara e forte verso l’uscita dal baratro nel quale l’Argentina è caduta da 40 anni: d’altronde con i Dnu approvati recentemente la strada non dovrebbe essere in salita.
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