La giornata del 20 dicembre è stata estremamente importante per l’Argentina a causa di due fatti che sono accaduti di estrema importanza e che potrebbero incidere profondamente sul futuro del Paese.
In primo luogo, le manifestazioni che i centri sociali e formazioni politiche di estrema sinistra avevano deciso di organizzare per tentare, attraverso una protesta massiva, di far cadere il nuovo Governo si sono rivelate un fiasco colossale, visto che i raduni hanno avuto poche migliaia di aderenti e tutti controllati dalle Forze dell’ordine che hanno regolato in pratica una “protesta” che, finalmente, non ha pregiudicato il traffico e permesso ai lavoratori di raggiungere le proprie attività.
In serata, però, è arrivato un annuncio, fatto attraverso i canali mediatici dal Presidente Milei, che ha imposto una serie di decreti che in pratica destatalizzano la società argentina, con decisioni veramente scioccanti in alcuni punti; in pratica una serie di decreti rivoluzionari e, ovviamente ultra liberali, con cambi epocali e che, a prima vista, appaiono da manuale, ma che, se messi in pratica in tempi rapidi, come vorrebbe fare l’Esecutivo, potrebbero rivelarsi problematici.
Ma andiamo per ordine; mercoledì le manifestazioni di protesta sono state regolate da un nuovo protocollo che non le impedisce assolutamente (come erroneamente citato anche da media italiani che dovrebbero approfondire di più le loro conoscenze sul Sudamerica), ma evita che le stesse originino problemi di mobilità per il traffico che per anni è stato di fatto bloccato, impedendo alla gente di raggiungere il proprio luogo di lavoro.
Oltretutto le manifestazioni che di fatto bloccavano gli accessi alle città erano e sono organizzate da movimenti sociali che reclutavano, almeno finora, i partecipanti non solo accompagnandoli sui luoghi della protesta utilizzando bus del servizio scolastico, ma anche ricattandoli semplicemente perché gli stessi ricevono sussidi statali che venivano elargiti dai “capi” dei vari movimenti e che potevano essere tolti in caso di mancata partecipazione. È un fatto che va avanti da più di vent’anni e chi scrive ne è spesso stato testimone quotidianamente anche attraverso confessioni dei partecipanti che non sapevano spesso minimamente il perché erano stati radunati lì, ma erano obbligati alla presenza.
Ecco spiegata anche la ridotta partecipazione di mercoledì scorso, visto che la gendarmeria aveva l’ordine di segnalare le persone obbligate a partecipare e i loro “capi”; per questo motivo è stato organizzato un numero telefonico in grado di raccogliere denunce di sfruttati da questo processo, che ha raccolto più di 10.000 chiamate solo il giorno dei cortei.
Il protocollo della ministra della Sicurezza Patricia Bullrich ha quindi funzionato alla perfezione, evitando quello che in molti pensavano potesse trasformarsi in una manovra di violenza atta non solo a sovvertire l’ordine pubblico, ma anche costringere la Presidenza alle dimissioni, come accaduto nel 2001.
In serata, come abbiamo detto all’inizio, il Presidente Milei ha elencato una serie di importanti decreti (circa una trentina) che di fatto rappresentano un cambiamento radicale nel ruolo dello Stato nella vita del Paese, visto che investono ogni campo possibile; si va da cancellazioni di leggi varie (affitti, approvvigionamenti, osservatorio dei prezzi, acquisti da parte dello Stato, promozione industriale, legge fondiaria, legge che impedisce le privatizzazioni, restrizioni e controllo sui prezzi, prezzi nel settore pre-pagato, servizi internet via satellite, monopolio delle agenzie nel settore turistico, etc.) a modificazioni di leggi vigenti (regime delle aziende farmaceutiche per promuovere la concorrenza e ridurre i costi, quadro normativo della medicina privata e quella pubblica con incorporazione della prima nel servizio sociale, attuazione della politica dei cieli aperti, ecc.).
Insomma, si tratta di una vera e propria rivoluzione annunciata e che per molti versi, oltre a svecchiare l’inefficienza di uno Stato complice di politiche che di fatto lo hanno distrutto, pone di colpo l’Argentina all’avanguardia non solo nel Continente latinoamericano ma a livello globale.
Di fatto, però, questa accelerazione stratosferica ha due difetti. Il primo è che tutti gli emendamenti, per poter essere approvati, hanno bisogno del sostegno del Parlamento attraverso il voto e in questo momento il Governo gode della maggioranza nel solo Senato. Altro elemento di primaria importanza è che questo vero e proprio elettroshock, anche se necessario in molti punti, cozza con un tessuto sociale non preparato ad attuarlo in tempi brevi e anche abituato da decenni di concessioni illogiche in cambio del voto, vero e proprio motore del populismo peronista e kirchnerista. Il problema è che, a questo punto, mancando un necessario gradualismo riformativo la protesta possa scoppiare veramente visto che l’applicazione delle norme potrebbe portare anche cambiamenti non proprio positivi nelle tasche dei cittadini, anche perché per ora le promesse riforme tese a modificare i privilegi di una casta politica completamente fuori dal contesto della realtà del Paese (come in Italia) non sono apparse.
Cammino difficile quindi, per una maggioranza che è divisa tra i cambiamenti immediati del partito presidenziale e la gradualità che vorrebbe imporre il Pro di Mauricio Macri e Patricia Bullrich.
Vedremo quali saranno le prossime decisioni su di un cammino che ormai appare obbligato anche da un voto che ha sancito un cambio radicale che rifiuta il ritorno al nefasto passato.
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