Anche se la previsione era facile da indovinare (visti anche i risultati di una votazione provinciale) bisogna dire che il verdetto delle elezioni preliminari politiche nazionali svoltesi in Argentina lo scorso 12 settembre ha lasciato sorpresi anche profondi conoscitori del Paese. Perché si è trattato della più grande catastrofe elettorale del peronismo (e della sua ala kirchnerista in particolare) mai registrata nella storia e le cui conseguenze stanno accelerando un tentativo di golpe istituzionale da parte della Vicepresidente Cristina Kirchner.
Ma andiamo per ordine: il fronte peronista chiamato “Frente de Todos” ha perso in maniera schiacciante in 20 delle 27 province argentine, con un rifiuto delle sue politiche che addirittura a Buenos Aires ha totalizzato indici mai visti (68%). Ma anche nella “culla” del kirchnerismo, ossia la patagonica Santa Cruz, si è registrata una debacle elettorale notevole (38,6% contro il 24%).
Altra cosa da registrare è che le opposizioni hanno trionfato pure nelle “villas miserias” da sempre roccaforte del voto “sovvenzionato” peronista, in special modo nella grandissima “Villa 31” situata ai margini di lussuosi quartieri della capitale.
Ora il risultato dovrà essere confermato nella tornata elettorale definitiva di novembre, ma la batosta è stata talmente forte da mettere a nudo quello che già tutti sapevano già da due anni: ossia che il potere in Argentina (caso unico nel mondo) è nelle mani della Vicepresidente Cristina Kirchner, che solo pochi giorni dopo il tracollo ha costretto i Ministri kirchneristi nell’attuale Governo alle dimissioni, imponendo al Presidente un ricambio che potrebbe rivelarsi peggio del male che si vuol riparare per due fondamentali ma ovvi motivi.
Primo, perché l’elettorato che due anni fa votò l’FDT al potere era composto anche da una massa di classe media come protesta contro l’ex Presidente Macri e nell’illusione (a dire il vero abbastana stupida) che Alberto Fernandez, l’acerrimo nemico di Cristina Kirchner che per anni aveva combattuto usando anche espressioni molto poco simpatiche, potesse, una volta eletto anche con i voti del kirchnerismo, frenare le mire assolutiste dell’ex mandataria della Casa Rosada, acerrima nemica di un ordine democratico per imporne uno dittatoriale suo.
Difatti il Presidente, da quando si è insediato alla Casa Rosada, ha praticamente esercitato il potere di un segretario più che di legittimo eletto, obbedendo agli ordini della sua Vice e ribaltando di 180 gradi tutte le promesse fatte in campagna elettorale. Ma non solo: pure nell’emergenza sanitaria, dapprima con un’insensata quarantena ristrettissima di sei mesi (record mondiale) e una vaccinazione basata sia nella scelta del farmaco che nel procedimento più su fattori politici che di logica medica, si è raggiunto un grande risultato: numeri di contagio e di morte altissimi per una nazione grande 10 volte l’Italia ma con solo 40 milioni di abitanti e distanze immense tra le città, fatto che doveva rappresentare un vantaggio estremo nel contrastare la diffusione del virus.
Diciamo che Alberto (e Cristina) Fernandez hanno fatto addirittura rimpiangere i 4 anni di presidenza macrista e il voto attuale ne è una dimostrazione.
Ma c’è pure un altro secondo punto molto importante da tenere in considerazione: il kirchnerismo non può assolutamente permettersi un altro risultato negativo elettorale in novembre perché ciò significherebbe la perdita assoluta di maggioranza nelle due Camere. In parole povere Cristina Kirchner vedrebbe l’arrivo dell’autorizzazione a procedere nei suoi confronti basata su 10 cause iper documentate, e quindi una sua condanna sicura. Ma pure il suo omonimo Presidente in pratica non potrebbe governare, anche se c’è da dire che per tutte le politiche fin qui attuate non sarebbe un gran danno.
Quindi questi due punti citati sono importantissimi per vedere di tappare la falla provocata finora: ma il metodo usato rischia di peggiorare le cose, visto il passato poco raccomandabile di molti sostituti nel nuovo Governo. E qui viene da pensare che il gioco organizzato da Cristina Kirchner miri al totale fallimento del dicastero attuale e alle dimissioni del Presidente che la porrebbero automaticamente, e per la terza volta, alla Casa Rosada. In pratica quello che l’Argentina sta vivendo si può definire, senza mezzi termini, come un golpe bianco per un Paese già oltre il baratro del default e che le manovre attuali porrebbero in una condizione che, per molti osservatori, è sicuramente peggiore di quella, già tristissima, del 2001.
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