L’Argentina va di male in peggio e non basta che l’inflazione abbia raggiunto il 58% quest’anno (peggior risultato degli ultimi 30 anni). Si è infatti da tempo verificata una rottura (che pare insanabile) tra le due parti che compongono il movimento “Frente de Todos” che detiene il potere. Oltretutto continuano le figuracce di un Presidente che non è riuscito a compiere una sola promessa di quanto detto in campagna elettorale, portando il Paese in una crisi che fa rimpiangere i tempi del “liberalista” Mauricio Macri.
In questo marasma si è inserita pure la giustizia, e non solo per il tentativo del kirchnerismo di monopolizzare i suoi organi, ma anche per l’opposizione (attraverso manovre al limite) di politici indagati e anche condannati da magistrati che, pur tra mille difficoltà, portano avanti una lotta totale alla corruzione che imperversa nel Paese da tempo immemorabile.
Tra di esse due donne (Maria Del Valle e Cecilia Goyeneche) che con le loro indagini hanno “disturbato” moltissimo il potere sindacale (la prima) e quello politico. Ambedue stanno soffrendo la reazione dei due sistemi: Del Valle ha dovuto, per le pressioni ricevute, prendersi una pausa dal lavoro a causa dello stress che l’ha colpita, mentre Cecilia Goyeneche, il cui caso ha assunto una dimensione mediatica internazionale, rischia addirittura di essere rimossa dal suo incarico per un semplice vizio di forma che l’ha coinvolta nell’indagine su dieci anni di una gigantesca malversazione di fondi da lei scoperta nella provincia argentina di Entre Rios. Qui di seguito l’intervista che le abbiamo realizzato dopo che la Corte di Giustizia argentina ha respinto le accuse nei suoi confronti. Ma il potere continua a pretendere le sue dimissioni.
Lei ha indagato nei processi per corruzione più importanti degli ultimi anni nella Provincia di Entre Rios: però il suo nominativo è apparso nei media internazionali a causa delle decisioni che si stanno attuando (almeno finora) per toglierle ogni incarico e destituirla per questioni di secondaria importanza in una causa per corruzione che investe parte del mondo politico per un ammontare di poco più di 50 milioni di dollari. Altro fatto curioso è che, allo stesso tempo, l’ex Governatore della Provincia Sergio Uribarri , da lei fatto condannare a 8 anni di carcere e inabilitato per sempre a coprire incarichi pubblici sia giunto all’inizio di un periodo di appelli alla sua condanna che minacciano di protrarsi per un lungo tempo. Che cosa pensa della sua attuale situazione e di come si sia arrivati a questo punto, visto che c’è pure una interpellanza alle Nazioni Unite per l’inconveniente che la colpisce?
Credo che la situazione risulti essere abbastanza paradigmatica nel dimostrare cosa accade quando si indagano gruppi organizzati che sono legati al potere e sono abituati a usare la corruzione come parte degli ingressi del loro lavoro. Per questo, trasformando l’investigatore in indagato si cerca di rivoltare la situazione per far sì che le problematiche sollevate finiscano col perdere valore al cospetto della gente. Tutte le indagini e le scoperte che si fanno sono trasformate come una condotta sbagliata dell’investigatore. Questo modus operandi è abbastanza tipico a partire dal mettere in dubbio l’etica del funzionario pubblico e poi tentare di processarlo in qualche modo attraverso decisioni amministrative affinché sia inabilitato alle sue funzioni o anche penalmente, accusandolo di delitti perseguibili con condanne. Nel mio caso hanno tentato di destituirmi e ancora sono nell’occhio di questo ciclone che vedrò come finirà, ma con la certezza tutto quello che hanno fatto contro di me è parte di una manovra che, sicuramente, in qualsiasi momento di questa battaglia mi sarà favorevole e quindi dovranno decidere di restituirmi l’incarico, anche perché ciò è stato chiarissimo fin dai primi accenni delle loro azioni atte a screditarmi per poi sollevarmi, e quindi scrivere la parola fine alle indagini e i procedimenti che sono occorsi.
Ciò che lei ha descritto ricorda, in Argentina, una situazione abbastanza simile occorsa, nei riguardi della stampa, con le accuse montate pochi anni fa nei confronti del giornalista investigativo Daniel Santoro, poi rivelatesi inesistenti…
Quello che sempre si cerca, come ripeto, è sollevare dubbi sugli investigatori indagandoli, e mi sembra che l’idea centrale sia quella di mantenere uno “status quo” di impunità nei confronti di chi governa. Nella misura in cui, almeno per quanto riguarda l’Argentina, si continui nella credenza che qui non funziona nulla e che l’impunità sia imperante, si ottiene qualcosa che è funzionale alla corruzione e alla sopravvivenza dei corrotti e quindi vince il principio del “non ti immischiare”, per cui nessuno denuncia o racconta ciò che ha visto, nessuno si oppone se al suo fianco accade un atto di corruzione. Perché tanto “non funziona nulla e allora perché devo espormi se poi alla fine i colpevoli finiscono impuniti?”. Quindi, quando accade qualcosa come è occorso qui a Entre Rios, dove un Governatore è stato condannato, l’ordine alla fine è quello di distruggere le indagini rimuovendo chi le effettua, affinché tutti noi argentini continuiamo a credere che l’impunità, alla fine, trionfa e non valga assolutamente la pena intralciare questo “cammino”.
Però lei sembra non essere sola in questa sua ammirabile battaglia: anche il magistrato Maria Del Valle si sta occupando di indagare profondamente il mondo sindacale nella sua causa contro il segretario del sindacato dei camionisti Hugo Moyano, no?
Sì, è chiaro che non mi sento sola: ci sono molti funzionari che perseguono questa volontà di funzionamento della Giustizia e mi sembra interessante notare come la donna, nella sua funzione giudiziaria e di magistrato, segni una differenza sostanziale che ci sta abituando a rompere gli schemi e affrontare queste cause senza compromessi di trattativa o tolleranza.
Lei sicuramente conoscerà quanto accaduto in Italia negli anni ’90 con il fenomeno giudiziario di Mani Pulite e saprà come questa esperienza abbia avuto anche elementi negativi che hanno consegnato al Paese una classe politica peggiore di quella che è stata sostituita. Lei pensa che lo strumento della fedina penale pulita, che attualmente si sta discutendo in Argentina, se esteso anche ai Governi provinciali, possa aiutare nella trasformazione repubblicana di questo Paese?
Per attuare veramente un cambiamento repubblicano, nel significato di rispetto delle Istituzioni come miglior forma di convivenza, e raggiungere l’eguaglianza dei cittadini, l’unico mezzo credo che sia costituito da un cambio di mentalità nella popolazione in generale, nel quale si raggiunga un cambio radicale nella visione della funzione politica come un esempio di “vita facile”. Finché non si realizzerà ciò non si avrà nessun sistema efficiente. La legge che impone una fedina penale pulita è chiaramente un passo avanti necessario, perché non è ammissibile la candidatura con condanne, anche se non confermate. E per far sì che tutto questo accada è fondamentale disporre di una giustizia indipendente, cosa che ancor oggi non si è raggiunta.
Nel 2017 a Buenos Aires si realizzò un incontro di 4 giorni con la Commissione Antimafia Italiana, evento che realizzò un passaggio di esperienze per poter combattere più efficacemente le mafie e la corruzione che le accompagnano. Pensa che alla fine ciò abbia lasciato un segno in Argentina?
Credo che la cooperazione internazionale come quella che lei segnala sia fondamentale per apprendere dalle esperienze affrontate in altri Paesi. L’esperienza Italia, tanto quello che accadde con Mani Pulite negli anni ’90, quando la lotta alla mafia mi sembra fondamentale. La cooperazione internazionale è un elemento importante anche per evitare di commettere gli stessi errori: quindi ogni scambio che si realizza in questo senso è un guadagno enorme per chi riceve le informazioni.
(Arturo Illia)
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