Da anni sostengo che in Argentina ci sia qualcosa di letteralmente impossibile: annoiarsi. E come si potrebbe, visto che un Presidente e un Governo che ancora non si sono seduti nei rispettivi scranni e hanno solamente annunciato un piano economico siano considerati dalle organizzazioni sindacali e movimenti sociali i colpevoli della crisi gigantesca che il Paese sta attraversando?
C’è da aggiungere che negli ultimi 4 anni gli stessi sono rimasti zitti e senza organizzare scioperi mentre il Governo precedente perokirchnerista presieduto da Alberto Fernandez ma comandato letteralmente dalla sua Vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner affondava letteralmente il Paese non solo con un debito pubblico di oltre 111 miliardi di dollari, ma anche un’inflazione del 184%, la povertà al 48% e l’indigenza infantile al 67%, oltre ad aver svuotato la Banca centrale che ha perdite per oltre 12 miliardi solo in dollari. Eppure continuano a emettere comunicati, minacciando azioni di protesta e una lotta che non esclude la violenza, aiutati anche da un mondo mediatico che, tranne alcune ma importanti eccezioni, ormai non più foraggiato da fondi pubblicitari elargiti dallo Stato, mette in campo attori che spesso con identità diverse ma la stessa faccia vengono “intervistati casualmente” in strada e recitano con pianti comici la favoletta della povertà e dei prezzi stellari che non permettono più di acquistare beni di prima necessità, dandone ovviamente la colpa al “libertario” Milei e alla sua squadra.
Intanto c’è da dire che i prezzi stanno sì aumentando in alcuni casi, ma come effetto anche dell’onda mediatica di “protesta” scatenata dalle organizzazioni sopra citate, come per esempio l’aumento del 37% dei carburanti che ha poi di fatto provocato in parte il rincaro di altri prodotti. È altresì interessante notare come il fenomeno che, visto che lo Stato non ha più soldi in cassa, si svilupperà facendo salire l’inflazione in termini mensili fino al 48%: è l’esatto effetto provocato dai blocchi tariffari imposti dallo Stato durante la campagna elettorale e dall’emissione di oltre 200 miliardi di pesos stampati allegramente dalla Banca centrale in questi ultimi mesi, ergo quelli sotto l’egida di Sergio Massa come ministro dell’Economia, fatto che ha anche provocato la bugia che accusa Milei di aver statalizzato il debito che gli importatori hanno raggiunto per mancanza di dollari con i quali pagare i loro fornitori stranieri. E di fatto il più importante collaboratore di Massa, l’economista (quello sì veramente) Adolfo Rubinstein, ha candidamente dichiarato che le stesse misure adottate da Milei le avrebbe prese Massa se fosse diventato Presidente per bloccare il disastro in arrivo.
Insomma, pure questa volta, come nel fatidico 2001, il potere peronista ha collocato nelle mani dell’ex opposizione la bomba iperinflazionaria che era stata accuratamente preparata in quegli anni da politiche artificiali di parità cambiaria con il dollaro che sono scoppiate nelle mani del Governo presieduto dal radicale De La Rua: solo che questa volta, visto l’insperato crack elettorale che ha rappresentato la peggiore sconfitta sia del peronismo che del kirchnerismo di sempre, la bomba si tira fuori tempo massimo e le colpe non possono essere nascoste facilmente con minacce o pianti grechi.
I tagli, immediati e non, sulla spesa pubblica colpiscono soprattutto aree che non hanno poi tanto nascosto il fatto di essere gestite in maniera mafiosa da vari protagonisti del recentissimo passato che improvvisamente ora si ritrovano senza le mani sui capitali gestiti discrezionalmente in modo da provocare non solo processi di corruzione vera e propria da sempre conosciuti, specie nell’ambito delle grandi opere mai realizzate da decenni ma sempre totalmente pagate dallo Stato stesso, ma anche quel sistema di scambio tra sussidi e voto che ha nel corso degli anni non ha solamente distrutto ideali di una società costruita sul lavoro, il sacrificio e l’istruzione, ma ha anche provocato intralci alla vita di chi un lavoro l’aveva seriamente ma non poteva recarsi sul posto perché impossibilitato da manifestazioni varie “convocate” da movimenti sociali con partecipazione di migliaia di loro assistiti ai quali facevano arrivare sussidi dietro una percentuale da devolvere all’organizzazione.
Una delle decisioni già attuate dal Governo Milei (che è riuscito a raggiungere la maggioranza in Senato) è proprio quella inerente questo “mercato della povertà” che probabilmente terminerà, dato che si impone che i sussidi raggiungano direttamente chi li usufruisce senza passare per terze mani.
Contemporaneamente a ciò la ministra della Sicurezza Patricia Bullrich si è mossa a gran velocità presentando e iniziando ad attuare un piano basato in14 punti che, tra gli altri, proibisce le manifestazioni non autorizzate che blocchino il traffico non rispettando la regola della viabilità. Non solo i costi degli interventi della Gendarmeria saranno a carico degli organizzatori, ma anche se i manifestanti risultassero percepire sussidi, gli stessi saranno immediatamente segnalati alle Autorità e bloccati e, nel caso di stranieri, rispediti anche ai propri Paesi di appartenenza. Anche nel caso di partecipazione di bambini (spesso usati come deterrente nei confronti della polizia) si provvederà ad avvisare le forze dell’ordine e a perseguire coloro che li accompagnano quando i minori dovrebbero essere a scuola.
È altresì cancellato il protocollo garantista creato dall’ex ministra Nilda Garrè che investiva la sicurezza, in modo da mettere, in questo caso, ognuno dei partecipanti e organizzatori sotto le proprie responsabilità nel caso si infranga la legge.
Difatti successivamente alla pubblicazione delle norme e la cancellazione del passato decreto, in tutto il Paese le manifestazioni hanno seguito scrupolosamente il protocollo, sviluppandosi sui marciapiedi e con una gran presenza di forze dell’ordine.
Contemporaneamente a ciò sono iniziate anche operazioni nelle carceri, isolando i prigionieri più pericolosi e sequestrando cellulari e altri strumenti illegali stabilendo altresì delle norme che rispettano quelle emanate in Salvador dall’attuale Presidente Bukele e che in pratica hanno eliminato l’insicurezza che regnava negli istituti di pena, di fatto gestiti da clan aderenti a varie organizzazioni criminali. Ma si è proceduto anche con operazioni esterne che hanno riportato, dopo anni di sospensione e conseguente sviluppo criminale oltre ogni limite, alla lotta contro il potere dei narco, con arresti massivi e sequestri di ingenti quantità di droga e armi che hanno sgominato intere bande organizzate.
In pratica si sta assistendo (come da protocollo normativo da noi anticipato) a un ritorno delle misure sia economiche che di sicurezza create sotto il Governo di Mauricio Macri, nel quale la situazione del Paese era migliorata parecchio e si era intrapreso il cammino verso la risoluzione dei problemi incentrato su di un gradualismo: che il disastroso peggioramento della situazione sotto un Governo che negli ultimi 4 anni aveva promesso di riempire i frigoriferi e un benessere generale impongono a Milei una sostanziale accelerazione dei processi in modo da cercare di abbreviare i tempi di soluzione della crisi.
D’altronde il voto del 19 novembre lo ha detto chiaro e tondo: l’Argentina non ne vuole più sapere di tornare a un modello che dal 1947 (anno dell’insediamento del Generale Peron al potere) non ha fatto altro che distruggerla.
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