Che in Argentina si sia instaurato un Governo che di fatto vede nella figura del Presidente un semplice segretario della vice, Cristina Fernandez de Kirchner, non ne avevamo alcun dubbio fin dalla sua elezione: era difatti visibile a tutti come, nei festeggiamenti per la vittoria del “Frente de Todos” e il conseguente ritorno del kirchnerismo al potere, Cristina Kirchner parlasse per più di mezz’ora lasciando la parola per pochi minuti a chi le elezioni le aveva vinte, ergo il “Presidente” Alberto Fernandez. E avevamo anche commentato come il ritorno del peronismo al potere significasse un pericolosissimo viaggio nel passato che, anche in democrazia, aveva significato portare uno dei Paesi più ricchi della Terra alla fame, cosa iniziata con l’avvento di Peron e proseguita dal 1987 fino a oggi.
La storia, purtroppo, è spesso quello scherzo che “i vivi giocano ai morti”, come asseriva Voltaire, e ci si ritrova ogni giorno di più nella quasi annoiante ripetizione di periodi nefasti che hanno contraddistinto la storia argentina di questi ultimi decenni.
C’è da dire che alla base di tutto ciò c’è il fatto che, quando si tratta di elezioni, gli errori si ripetano nella falsa credenza che, dopo anni di disastri, ne bastino 4 di un Governo di opposizione al peronismo per far risorgere il Paese e sistemare tutto. Sarebbe un po’ come se alla fine della Seconda guerra mondiale l’Italia, dopo soli 4 anni, avesse votato al ritorno del fascismo al potere, vista la povertà in cui versava ancora il nostro Paese.
Ma veniamo ai fatti e partiamo dalla visita, anzi dal tour, di Alberto Fernandez in Europa che, secondo dichiarazioni, avrebbe avuto lo scopo di insegnare come procedere verso un nuovo ordine mondiale, quasi che l’Argentina sia da considerarsi una potenza globale. Lasciando perdere le facili ironie, bisogna dire che, fin dai suoi inizi, si sono verificati dei problemi serissimi sull’effettuazione della visita, specialmente con il Papa.
È risaputo, infatti, che esiste una regola diplomatica vaticana per cui il Sommo Pontefice non può rifiutare di ricevere un Presidente: ma papa Francesco non ama affatto dare udienza a capi di Stato di Paesi dove sono in programma elezioni. Questo perché non vuole che la sua figura sia sfruttata politicamente dai poteri politici di turno. E in virtù di questo principio condivisibilissimo la Segreteria di Stato aveva rifiutato l’incontro e solo dopo le fortissime pressioni della diplomazia argentina (ma a chi scrive vengono in mente anche amici di Fernandez fortemente “raccomandati” in Vaticano) si è arrivati a un incontro di soli 25 minuti, in pratica dei semplici convenevoli, a cui è seguito uno con il Presidente Mattarella e il PremierDraghi e che ha avuto come fulcro chiedere l’aiuto dell’Ue per cercare di alleggerire le condizioni di pagamento del debito che l’Argentina ha con il Fmi, che ammonta a 44 miliardi di dollari, oltre a richiedere uno slittamento di 60 giorni della scadenza di una tranche di 2,4 miliardi di un altro debito che il Paese ha con il Club de Paris. C’è da dire che quello con il Fmi venne richiesto durante la Presidenza Macri per poter pagare un altro debito contratto prima della sua presidenza ed estinguerlo a tassi di interesse inferiori a quelli bancari.
Bene, chiedere solidarietà specie a un politico molto influente nell’Ue come Draghi è lecito, ma si può da una parte fare una mossa del genere e dall’altra, attraverso il proprio ministro degli Esteri, emettere un comunicato in cui si esprime solidarietà con Hamas per aver lanciato missili e aver in pratica provocato la reazione israeliana, proprio quando il giorno precedente questo attacco era stato fortemente respinto da una mozione in Parlamento sottoscritta da tutti i Partiti, con una Ue una volta tanto d’accordo in questa condanna?
Strana diplomazia, quella dell’attuale argentina, che in un altro comunicato afferma come, nel Venezuela attuale, si sia raggiunto il rispetto dei diritti umani: un’altra posizione che si scontra con una realtà dei fatti diametralmente opposta.
È chiaro che poi ognuno è libero di pensarla come vuole, ma in un momento così tragico, con un’Argentina al collasso pure sanitario oltreché economico, certi errori sono proprio inspiegabili. Fortuna che poi, come sempre, il Papa è intervenuto in soccorso di Fernandez & Co., perché in contemporanea con la sua visita l’Accademia delle Scienze Vaticana aveva organizzato un incontro, intitolato “Sognando una migliore ripartenza” a cui partecipavano, guarda caso come lo scorso anno sempre durante una visita del Presidente argentino, sia il suo ministro dell’Economia, Martin Guzman, che, soprattutto, Kristalina Georgieva, l’attuale numero uno del Fmi.
A tutto ciò bisogna aggiungere che, da un punto di vista mediatico, la visita di Fernandez è passata inosservata, visto che non è stata pubblicata nemmeno una riga sulla stampa italiana. Ma, come dicevamo, i problemi dell’Argentina attuale sono gravissimi e sono figli di un Governo che proprio non riesce ad azzeccare una decisione: la seconda ondata di Covid-19 che sta sconvolgendo il Paese sta provocando serissimi problemi sanitari, visto che il sistema ospedaliero è ormai al collasso totale e il numero di contagi è il più alto dell’intero continente latinoamericano. Ma anche sul tema vaccinazioni l’Argentina sta procedendo lentamente, come aveva fatto (e continua a fare) sui test Covid che sono stati operati in numero limitato.
Un accordo molto vantaggioso per l’acquisto di 13 milioni di dosi di vaccino Pfizer è misteriosamente saltato a favore di uno con la Russia per Sputnik, che però non ha fornito dosi sufficienti a coprire il fabbisogno. Lo stesso dicasi per il vaccino cinese, che ha poi dimostrato una parziale inefficacia: anche se Big Pharma ha creato soverchi problemi in tutto il mondo con la questione dei vaccini, bisogna dire che l’inefficienza e la corruzione governativa in Argentina hanno provocato il disastro attuale, con vaccinazioni garantite ai componenti del Governo e i propri fedelissimi e invece precluse o rese difficili, alle classi più deboli. E cosa prospetta Fernandez al Paese se non un’altra quarantena stretta, dopo aver battuto il record mondiale di 8 mesi con la precedente e aver superato tutti in percentuale di contagi?
Al suo ritorno in Patria, Fernandez si è trovato pure con un’inflazione al 4,1% mensile e ovviamente con un aumento dei prezzi considerevole, soprattutto per i generi primari: fedele alle sue promesse elettorali che avevano garantito asado e frigo pieni alla popolazione, mentre invece con la sua presidenza si sono registrati aumenti mai visti da decenni, il Presidente ha pensato bene di ricorrere a una misura che già aveva ampiamente fallito anni fa. Proibire l’esportazione della carne, ergo bloccare uno dei principali settori dell’economia argentina, che ha un estremo bisogno di capitali stranieri visto che le casse dello Stato sono al collasso. Decisione inspiegabile anche perché, lo ripetiamo, quando anni fa il Governo kirchnerista fece la stessa cosa il risultato fu, al contrario di quanto previsto, l’aumento vertiginoso dei prezzi a causa della diminuzione dei capi di bestiame in un’attività che alla fine non garantiva rendite ai produttori… e anche dollari alle casse dello Stato.
È lapalissiano che, successivamente per riprendere un mercato in cui l’Argentina primeggiava, si son dovuti attendere 6 anni per tornare a livelli accettabili (Madre Natura ha i suoi tempi), però superati non solo dal Brasile e dall’Uruguay, ma anche dal Paraguay nella produzione.
Secondo la Ceea, Commissione che riunisce le imprese agricole, negli ultimi 10 anni, a causa proprio delle misure adottate, l’Argentina ha perso circa 31 miliardi di dollari di mancati guadagni nel settore carne, ossia più della metà del Pil di una nazione come l’Uruguay, una cifra che da sola avrebbe comunque permesso di ridurre drasticamente i debiti dell’attuale situazione, se rapportiamo le cifre con l’altissimo prelievo fiscale nel settore (quasi il 50% dei guadagni).
Purtroppo rimane sempre più inevitabile il cammino argentino verso il Venezuela, con un’oligarchia al potere e il popolo che alla fine sarà ridotto a vivere di sussistenza statale in una nazione che ormai non ha più non solo i fondi ma anche le capacità economiche per risorgere, viste le decisione suicide attuali e passate. Lo stesso è accaduto al Venezuela con il petrolio (ormai distrutto come risorsa) e anni prima a Cuba con lo zucchero: è il populismo, bellezza!