Domenica scorsa in Argentina le elezioni primarie per la scelta dei candidati alla Presidenza, denominate Paso, che costituiscono il prologo alla tornata elettorale che si svolgerà a ottobre, hanno provocato un vero e proprio terremoto politico: al primo posto, con una maggioranza di voti inaspettata, si è piazzato Javier Milei, il leader del Movimento ” La Libertad avanza” che, nelle più rosee previsioni della vigilia, era dato scarsamente al terzo o quarto posto. Invece l’istrionico super liberista che potremmo definire per i suoi modi teatrali un Beppe Grillo dell’ultradestra, ha ottenuto il 30% dei voti e, se l’onda in suo favore proseguirà fino a ottobre, potrebbe avere molte possibilità di imporsi addirittura al primo turno delle presidenziali.
Ma questo non è l’unico dato importante del terremoto domenicale: ci sono altri due fattori che rappresentano quel cambio che, finalmente, dopo 70 anni sembrerebbe potersi attuare in Argentina. In pratica non solo il peronismo occupa solo il terzo posto nei risultati, ma il kirchnerismo è praticamente affondato quasi dappertutto, pure nelle roccaforti patagoniche dove si è sviluppato e ha mantenuto solo il controllo della Provincia di Buenos Aires con un vantaggio risibile nei confronti dei candidati dell’opposizione.
E qui arriviamo al terzo fattore che potremmo definire “storico”: l’ex ministro della Sicurezza durante il Governo di Mauricio Macri, Patricia Bullrich, si è imposta come la candidata più votata nel partito di opposizione di “Juntos por el cambio” sull’attuale Governatore di Buenos Aires Rodriguez Larreta e quindi le prossime elezioni saranno quasi sicuramente un testa a testa tra Patricia e Javier.
Come avevamo ampiamente previsto nell’ultima nota, nessuna coalizione che potremmo definire “centrista” ha raccolto voti importanti, quindi la lotta politica per le elezioni pure in Argentina sarà tra opposti estremismi (liberismo e peronismo), pur se con alcune considerazioni da fare.
In primis, Milei è un economista, ma le sue teorie, ampiamente esposte spesso con urla sui canali televisivi e radiofonici durante la sua campagna elettorale, sono di un totalitarismo liberista quasi “talebano”: non solo con la completa sparizione dello Stato sociale e dell’iper assistenzialismo (altrettanto estremo) che in questi anni ha fatto crollare l’economia nazionale e indebitato lo Stato stesso e che da decenni identifica il peronismo con lo scambio “sussidio-voto”, ma anche con decisioni drastiche al punto di voler chiudere la Banca centrale argentina. Insomma, una svolta a 180 gradi dove invece, per la tragica situazione che sta vivendo il Paese sia dal punto di vista economico che sociale, si dovrebbero attuare piani sì di austerità, ma misurata.
Che è poi quello che, nelle sue politiche, vorrebbe realizzare Patricia Bullrich, riducendo sì lo Stato sociale, ma mantenendolo, come accade in tantissime nazioni, sia nell’istruzione che nella sanità.
Ambedue i probabili prossimi Presidenti hanno un punto in comune molto forte nell’introduzione del sistema repubblicano con uno Stato di diritto e una giustizia indipendente, il che nella pratica significa, come prima causa, la fine del potere di Cristina Kirchner e del kirchnerismo e l’istituzione di processi che riguardino l’intero sistema di Governo perpetrato negli ultimi 20 anni.
Il risultato odierno però costituisce un durissimo colpo pure al potere che sia i gruppi narco che della criminalità organizzata avevano acquisito in questi ultimi anni, arrivando a raggiungere un limite di insicurezza incredibile nel Paese con forze dell’ordine che, a un certo punto (vista l’oppressione della politica kirchnerista) limitavano i loro interventi, visto che i colpevoli di vari reati venivano immediatamente scarcerati ritenendoli “vittime del sistema”.
L’inatteso risultato mette pure in essere diverse possibilità da qui a ottobre, tra le quali quella di una alleanza tra i due leader o almeno un accordo che venga rispettato nei suoi punti qualunque sia il prossimo vincitore: di certo gli scenari che si aprono a questo punto possono essere molteplici, ma è augurabile che si raggiungano accordi di gradualità nell’applicazione di certe misure drastiche, realizzando quello che qui si scrive da anni, e non solo per l’Argentina. Le fatine con la bacchetta magica che dicono di risolvere tutti i problemi in due anni e di riportare il benessere generale, pur in un Paese ricchissimo, non esistono: si spera, quindi, che l’illusione propagandata dal peronismo sia giunta alla fine. Basta solamente usare il cervello e percorrere cammini possibili, arrivando a quei compromessi che rappresentano, da sempre, la migliore delle soluzioni nelle catastrofi politiche e non.
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