L’11 agosto in Argentina si svolgeranno le elezioni preliminari, dalle quali non solo usciranno i contendenti per la poltrona presidenziale, ma anche i futuri Governatori delle Province. Ed è chiaro che questo è il momento in cui la campagna elettorale si infiamma e mostra i toni più alti da quando è iniziata. Come i lettori del Sussidiario già sanno, in pratica il Paese è stretto, al momento, in un dilemma che appare incredibile e non era assolutamente ipotizzabile non molti mesi fa: quello di una scelta tra la conferma di un Governo che, pur tra una serie incalcolabile di errori, ha operato e sta operando con una veduta al futuro economico del Paese, e un brusco ritorno a un passato che aveva ridotto l’Argentina a condizioni simili a quelle del Venezuela, con una corruzione che viene considerata la più grande della sua storia arricchita ora dalla “riscoperta” di valori che, negli anni Settanta, avevano portato il Paese, come effetto, a una dittatura tra le più crudeli del Novecento. Sarebbe come se in Italia, per fronteggiare la crisi, si tirassero in ballo le Brigate Rosse e i loro ideali come mezzi per risolverla: pare incredibile, ma è così.



Questo si deve al fatto che i disastri operati da 13 anni di politiche peroniste “nazionalpopolari”, che poi hanno reso necessari sacrifici, costellati di errori anche marchiani, che Macri ha dovuto operare mettendo il Paese in una crisi economica, una bella fetta della popolazione non li abbia capiti o li stia interpretando con la solita canzoncina dell’imperialismo sottomesso agli Usa versus la “liberazione” da questo giogo e il ritorno a un benessere generale quasi immediato, operato dalla “bacchetta magica” di uno Stato ancor più assistenzialista dell’attuale che, per mantenere questo apparato, spende circa l’80% delle sue risorse.



Ma il modello che il kirchnerismo vuole attuare, e per il quale è tornato in campo con la formula che prevede l’ex Presidente Cristina Fernandez de Kirchner come candidata alla vicepresidenza di Alberto Fernandez, ex Ministro dei Governi di Nestor Kirchner e anche, fino a pochissimo tempo fa, nemico giurato di Cristina “convertitosi” improvvisamente alla sua causa, non prevede solo elargizioni di sussidi ancor più notevoli, ma anche (e soprattutto) l’eliminazione dell’operazione di lotta alla corruzione, denominata “Cuadernopolis” con l’assoluzione completa dei 174 accusati, tra i quali quasi l’intero gabinetto dei Governi kirchneristi e vari imprenditori coinvolti.



È così che la campagna del kirchnerismo si basa su quello che è stato il suo alimento durante gli anni di Governo che vanno dal 2003 al 2015: la distorsione della realtà o se preferite le balle mediatiche. Ormai non passa giorno che non ne venga fuori una: l’ultima in ordine di tempo l’ha sparata Anibal Fernandez, ex Ministro dell’Interno dell’epoca kirchnerista, accusando il macrismo, cioè il Governo attuale, di aver fatto arrestare proprietari di mezzi di informazione critici nei suoi confronti. In effetti gli “imprenditori” Cristobal Lopez e Fabian de Souza, proprietari di diversi media fedeli al kirchnerismo, si trovano ospiti delle patrie galere, ma non certamente per reati di opinione, bensì per quello più pratico di aver rubato circa 400 milioni di dollari trattenendo per sé le imposte che dovevano essere pagate al fisco come tassa sui combustibili della loro impresa denominata Oil Combustible. Cosa che con la “censura” mediatica ha ben poco a che vedere. Ma lo stesso Anibal, sotto processo perché accusato di essere implicato nei traffici di efedrina (un farmaco usato come componente delle principali e mortali droghe sintetiche) si è superato contro l’attuale Governatrice della Provincia di Buenos Aires, Maria Eugenia Vidal.

Eletta nel 2015 si è trovata pure lei, come Macri, con le casse della sua istituzione vuote e anche con un apparato di gestione altamente mafioso, pure nei corpi di gendarmeria. Con grande coraggio questa donna con la D maiuscola ha iniziato non solo a costruire opere pubbliche che parevano ormai dimenticate (cloache in primis), ma anche un’operazione di pulizia istituzionale e finanziaria che l’ha obbligata a prendere alloggio con la sua famiglia in una caserma militare a causa della quantità industriale di minacce ricevute.

Per la sua rielezione si trova come avversario Axel Kiciloff, già ministro dell’Economia sotto Cristina Kirchner e protagonista, con la sua gestione basata su teoremi del trotskismo ai quali fa riferimento, di due tra i più spudorati regali al capitalismo di rapina mai fatti nella storia argentina: la liquidazione di parte del debito nazionale contratto con il Club di Paris a interessi folli e la nazionalizzazione (fasulla) dell’impresa petrolifera nazionale YPF. Quest’ultima privatizzata sotto il Governo di Carlos Menem (peronista pure lui) negli anni Novanta dalla spagnola Repsol (che negli anni successivi questa acquisizione è diventata una dei leader mondiali del settore) venne “espropriata” da Kiciloff e rinazionalizzata dietro pagamento di una cifra altamente superiore al suo valore di mercato del momento, dato che YPF da anni non operava più ricerche di nuovi pozzi in Argentina, annusando la pericolosa situazione politica (per i suoi interessi, chiaro). Risultato della “nacionalizacion”: a causa della mancanza di fondi dello Stato per operare le costosissime ricerche, la gestione e lo sfruttamento dell’impresa venne delegata alla statunitense Chevron. Come si vede un grandissimo risultato che deve aver fatto disperare Trotsky nella sua tomba.

Bene, per dare una mano a siffatto personaggio in sede elettorale, il nostro Anibal Fernandez non ha avuto di meglio che dire, alla domanda “A chi affiderebbe i suoi figli?”, che preferirebbe darli a Ricardo Barreda piuttosto che alla Vidal. Barreda è un dentista che nel 1992 sterminò l’intera sua famiglia e sua suocera in uno dei più efferati femminicidi registrati nel Paese e questo fa capire il livello di “sensibilità” di certi personaggi politici e dei movimenti di cui fanno parte.

Ma pure la candidata principale, l’ex Presidente Cristina Kirchner, interviene in questa lugubre gara di balle spaziali, dichiarando che la fame in Argentina è ormai uguale a quella del Venezuela. Bisogna però dire che durante i suoi due Governi la povertà raggiunse uno storico 5%: identica a quella della Germania. Peccato che il dato sia straordinariamente falso come tutti quelli trasmessi dall’Indec (l’Istat locale) in quell’epoca. Secondo l’Università Cattolica argentina, la povertà all’epoca di Cristina raggiunse un altrettanto storico 34%, il più alto di questi anni: è chiaro che in un Paese che produce un’agricoltura in grado di sfamare 400 milioni di persone il dato è allarmante. E lo è ancor oggi, dopo che Macri nelle sue prime dichiarazioni da Presidente aveva promesso ” povertà zero” e che sarebbe stato facilissimo dominare l’inflazione. Cosa che poi non si è verificata sia a causa dei madornali errori di gestione del suo entourage (privo anche di una comunicazione decente) che per situazioni finanziarie internazionali che hanno messo il Paese in ginocchio e costretto ad aumentare l’intervento dello Stato a livello di sovvenzioni.

Da circa un paio di mesi il fattore rischio-Paese dell’Argentina è notevolmente diminuito, come pure l’inflazione, e molte delle infrastrutture per lo sviluppo economico della nazione sono state realizzate. Ma c’è ancora molto da fare e sicuramente, oltre ai guadagni che arrivano dall’agricoltura, un ruolo importante avranno le rendite energetiche che la “Patagonia saudita” darà allo Stato. In ottobre sapremo se tutto questo ben di Dio servirà per far decollare l’Argentina come Paese, con un benessere sociale ipotizzabile, oppure, come l’aumento del prezzo della soia nel 2002, servirà a pagare la bacchetta magica di una “fiesta” che, oltre a bloccare economicamente la nazione, rischia, nella versione kirchnerista attuale, di consegnarlo a un’autarchia che è poi la porta d’entrata di una dittatura… del proletariato si capisce!