La scorsa settimana in Argentina è scoppiato un caso mediatico che però già da tempo si conosceva come fenomeno, ma che avuto uno sviluppo importante: quello di donne provenienti dalla Russia e che approdano in Argentina per partorire i loro figli. Secondo l’Ambasciata russa a Buenos Aires, solo nel 2022 sono state più di 2.500 e solo nella scorsa settimana si è assistito all’arrivo di più di 60: generalmente sono in possesso di biglietto di sola andata e spesso, riconosciute, devono attendere in aeroporto il permesso per poter entrare nel Paese. È ovvio che le ragioni di questo fenomeno non sono sanitarie, ma risiedono nella possibilità che il nascituro ha di ottenere la cittadinanza argentina a causa dello ius soli, fatto poi estensibile anche ai genitori.



Buenos Aires, insomma, ha sostituito integralmente Miami come luogo di destinazione delle partorienti, dato che gli Usa hanno messo dei paletti che rendono quasi impossibile l’operazione, mentre l’Argentina, ancora non si sa per quanto visto che il Governo vorrebbe far qualcosa per interrompere il fenomeno, è diventata la nuova terra promessa.



Con le sanzioni dovute alla invasione dell’Ucraina il cittadino russo, attualmente, non ha molte possibilità di poter uscire dal Paese, visto che il suo passaporto è accettato in una settantina di nazioni. Al contrario, quello argentino permette di entrare sia nell’Ue che negli Usa e quindi per le famiglie si aprono nuovi orizzonti per il futuro: cosa importantissima per molte che non sopportano più di vivere in un Paese dove le libertà individuali sono ridotte al minimo, con la prospettiva di un futuro che spesso molte persone hanno vissuto nell’ex Urss.

Ovviamente ci sono organizzazioni illegali che, formate da ex cittadini russi che già vivono in Argentina, offrono pacchetti dedicati che hanno un costo dai 20.000 ai 35.000 dollari, ma che poi sono in grado di “offrire” un’assistenza completa alle partorienti e alle loro famiglie.



Quasi negli stessi giorni del risalto mediatico di questo caso, in Italia ne scoppiava uno che conquistava la ribalta della cronaca: la campionessa italiana di salto triplo, Baofa Mifri Veso, non potrà partecipare ai campionati europei di atletica perché, pur essendo nata nel nostro Paese e sempre residente, non possiede ancora la cittadinanza italiana.

Avete capito bene: figlia di genitori congolesi, la diciassettenne campionessa non potrà partecipare all’importante manifestazione perché la sua italianità ufficiale si realizzerà solo al compimento del diciottesimo anno di età. Un paradosso incredibile che però è figlio di regole metafisiche che da un lato certificano la cittadinanza italiana a persone che il nostro Paese non lo hanno mai visto nemmeno in fotografia e non parlano un solo vocabolo della nostra lingua, dall’altro la rifiutano a chi invece ci vive dalla nascita.

Questa cosa l’abbiamo già affrontata ed è un paradosso figlio di un decreto giolittiano, elaborato a fine ‘800, che prevedeva la trasmissibilità della cittadinanza italiana da parte di italiani emigrati all’estero dopo il 1861, sempre che non avessero preso quella del Paese di immigrazione: cosa che moltissimi hanno fatto dato che “l’America” doveva essere solo una tappa provvisoria della loro vita che poi prevedeva un ritorno in Patria una volta risolti i problemi economici.

Ecco che questa distonia è poi rimasta e dura tuttora, generando da molti anni “italiani” di quarta o quinta generazione che ormai non hanno più nessun riferimento con il nostro Paese, ma che, specie in America Latina, rincorrono il nostro passaporto per poi poter espatriare senza problemi sia nell’Ue che negli Usa.

La cosa tragica è che purtroppo siamo l’unico Paese al mondo ad applicare questa stravagante norma, visto che nella maggioranza delle altre la cittadinanza viene presa sul serio, al punto di limitarla alla seconda generazione al massimo: da noi no e allo stesso tempo diventiamo inflessibili con chi italiano lo è veramente, come il caso dell’atleta sopra citato dimostra.

Ma allora, direte voi, come mai l’Argentina sta prendendo provvedimenti per bloccare il fenomeno delle madri russe e da noi non si fa assolutamente nulla da anni per arrestarlo? Semplice: perché di mezzo c’è il diritto al voto che, come italiani riconosciuti, i nostri ottengono automaticamente con il passaporto. E ciò non solo ha alimentato brogli di vario genere nelle elezioni, come tutti sappiamo (dovuti ad un sistema di voto all’Estero con falle enormi), ma anche un voto culturalmente falsato perché, lo ripetiamo, chi di italiano non ha più nulla non dovrebbe votare per il semplice motivo che il suo suffragio può influire sulla composizione dei Governi attraverso repentini cambi di casacca specie di appartenenti a movimenti di italiani all’estero e quindi influenzare il futuro di chi in Italia ci vive. Fenomeno però molto apprezzato da certa politica nostrana e che nel passato ha già generato due Governi (Ciampi e Prodi) e stava per far nascere il famoso Conte 3.

Sarebbe auspicabile una pronta soluzione di questa faccenda anche per ristabilire il valore della nostra cittadinanza e la sua importanza specie per, come chi in Italia ci nasce e ci vive, la merita. La soluzione è di per sé semplicissima ed è anche quella che sopra citiamo come adottata dagli altri Paesi: limitazione del suo ottenimento alla seconda generazione, norma anche estendibile al diritto al voto. E l’ottenimento rapido per chi in Italia non solo ci è nato, ma risiede da anni.

Attualmente nel mondo esistono circa 60 milioni di italiani residenti all’estero, cittadinanze facili incluse: ma, secondo Piero Bassetti (primo Presidente della Regione Lombardia, che nel suo libro “Svegliamoci Italici” ha di fatto creato il fenomeno) circa 260 milioni di persone hanno anche lontane origini italiane o lavorano in settori nei quali l’italianità è presente. Un mercato unico al mondo, dovuto sia alla nostra emigrazione che alle nostre eccellenze economiche, al quale il nostro Paese dovrebbe offrire la possibilità di trasformare il loro sentimento italiano in una possibilità per un’emigrazione o per molti di loro un ritorno nella nazione di origine o passione per inserirvisi, guidati da persone che fornirebbero un valido aiuto nella nobilissima operazione.

Insomma, un vero e proprio fenomeno di “turismo alle radici” o di ritorno dove auspichiamo che il nostro Ministero competente (Turismo) dia ascolto alle validissime proposte delle associazioni di italiani all’estero presenti nel nostro Paese e che, finalmente, si prospetti una soluzione (come quella della cittadinanza ancora però non affrontata) perché dobbiamo capire una volta per tutte che l’Italia ha estremamente bisogno di queste risorse, del loro amore verso una Patria di origine, per creare un fenomeno che ci permetta di vedere un futuro più roseo di un Paese, per molti aspetti, unico. Pure nella sua capacità di remare spesso contro i propri interessi: fatto anche questo… unico al mondo!

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