Martedì finalmente si saprà se l’Argentina avrà fatto un passo avanti sulla via della legalità o se è destinata ancora a essere vittima della corruzione che la sta segnando da decenni: difatti si emetterà la sentenza nei confronti dell’attuale Vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner, in una delle tante cause che la riguardano, quella definita della “viabilità” per la quale il Pubblico ministero, il Magistrato Federale Diego Luciani, ha chiesto una condanna a 12 anni di carcere e una sospensione totale e perenne dell’accusata da ogni incarico o funzione pubblica.
Le prove su cui si basa la sua richiesta sono tantissime e implicano una serie di testimoni altrettanto ragguardevole: nonostante ciò, la difesa della Kirchner parla apertamente di uso politico della vicenda e di persecuzione nei suoi confronti attraverso il cosiddetto “lawfare”, un termine che, come vedremo, non ha nulla a che fare con questo e altri casi (basti citare quello del futuro Presidente brasiliano Lula Da Silva) nei quali si sono mosse richieste di condanna per politici populisti (ma loro amano definirsi “progressisti”) implicati in corruzione o frodi di vario genere. In pratica questa parolina è diventata la favoletta magica che gli accusati usano contro i loro avversari politici per definire la “persecuzione” nei loro confronti.
Ma, a ben vedere, si tratta ancora una volta di un falso colossale perché il termine “lawfare” è invece l’acronimo di “law” e “warfare” due termini anglosassoni che definiscono fondamentalmente una questione affrontata dal Generale Charles Dunlap jr., giudice aggiunto e avvocato generale della Forza aerea degli Usa, con motivo della guerra dichiarata all’Afghanistan a seguito dell’attentato del settembre 2001 contro le Torri Gemelle: nel corso della quale i talebani piazzavano le loro roccaforti e truppe vicino a scuole, ospedali e luoghi religiosi, perché se poi l’attacco alle postazioni si avverava i terroristi accusavano gli Stati Uniti e gli alleati della Nato di voler colpire innocenti massacrandoli.
Di fronte a questa incredibile situazione, la Nato si autoimpose dei protocolli di protezione dei civili più ristretti di quanto trattavano le legislazioni internazionali, al punto che Dunlap dichiarò che ai talebani non occorreva costruire difese antiaeree, perché utilizzavano i diritti di guerra per proteggersi nel mezzo di civili, utilizzandoli come se fossero un arma in più.
Questa strategia venne applicata in altri conflitti del mondo arabo, con successo e quindi le azioni che vengono considerate “lawfare” sono portate avanti da organizzazioni terroristiche che funzionano dietro la maschera dei diritti umani, ma senza che chi la invochi abbia la minima intenzione di adattarsi a questi parametri etici.
Stesso ragionamento invocano altre organizzazioni terroristiche delle quali il kirchnerismo, come gli altri movimenti populisti latinoamericani, si sono considerati amici, utilizzando anche lo stesso metodo per neutralizzare le Corti di Giustizia che essi stessi hanno contribuito a eleggere. Il fatto è che questa distorsione legislativa viene propagandata al punto tale che molte organizzazioni dei diritti umani a livello internazionale la considerano come fattore etico.
Dopo questa doverosissima precisazione torniamo in Argentina e al nostro caso, dove la Kirchner è indagata come capo di un’associazione illecita dedicata a orientare gli appalti di opere pubbliche nella Provincia di Santa Cruz, in Patagonia, e anche di amministrazione fraudolenta insieme ad altri 12 accusati.
In pratica, secondo il Magistrato Luciani, nell’atto di assumere la Presidenza argentina Nestor Kirchner e poi sua moglie installarono e mantennero in seno alla Provincia di Santa Crusz una delle matrici di corruzione più straordinarie e gigantesche che mai si siano viste in Argentina. Per esempio, nel 2016 si realizza un’asta per aggiudicarsi delle opere pubbliche senza indagare se nelle offerte ci siano stati sovraprezzi e sopratutto concentrando la realizzazione delle opere a un unico gruppo di imprese facenti capo a Lazaro Baez, che si aggiudicò il 78,4% delle stesse. Giova ricordare che l’impresario Baez altri non è che un ex impiegato di una banca che, improvvisamente, grande amico della famiglia Kirchner, si è trovato dallo stipendio modestissimo di impiegato a proprietario di un’impresa che fatturava guadagni strepitosi, con il sistema descritto, al punto tale che, tra le altre caratteristiche, Baez poteva essere considerato uno dei possidenti terrieri più grandi dell’Argentina.
Altra cosa sulla quale si è indagato è non solo l’aver deviato fondi dello Stato ingiustificati, ma anche come, dal 2003 al 2015, Baez si sia aggiudicato ben 51 opere pubbliche viarie. E anche come mai solo in una di esse venne mantenuto il prezzo originale mentre nelle altre si sono generati sovraprezzi: ma tra l’altro, precisa il Magistrato, “ci si dovrebbe chiedere come mai ben 24 opere alla fine furono abbandonate e in 39 casi Baez ottenne proroghe ai lavori per ben 700 mesi (in pratica 63 anni), ottenendo più di 1500 milioni di pesos in concetto di aumento dei costi”. “Non possiamo fare a meno di catalogare il suo lavoro come temerario, poco serio e irresponsabile”, continua Luciani. “E il minimo che una società si attende e che tutti noi che seguiamo questo processo pretendiamo è che i funzionari pubblici si comportino con obiettività, soprattutto se si tratta di un organismo dello Stato (l’incarico di Presidente ,ndr) sul quale pesa un’enorme responsabilità sia nazionale che internazionale”.
La difesa della Kirchner si è basata principalmente proprio sul tema sopra descritto, ossia il lawfare, accusando la Magistratura di non possedere le garanzie di indipendenza e integrità per trasformarsi nello strumento di accusa che utilizzano partiti per organizzare indagini penali contro avversari politici e il rigore degli specialisti che lavorano in questo settore si vede contrapposto a esigenze politiche particolari. Insomma, una conferma, in pratica, di quel “piano politico” inteso a screditare avversari che però, almeno in questa questione, si trova a cozzare, lo ripetiamo, contro una valanga di prove e testimoni davvero notevole.
Quello di martedì sarà un esito che alla stragrande maggioranza del Paese (kirchnerismo escluso, naturalmente) importa molto di più che una vittoria in una partita degli odierni mondiali di calcio perché, come ha sostenuto Luciani al termine della sua arringa in richiesta della pena, “l’Argentina dovrà scegliere tra la corruzione o la giustizia”.
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