Dopo un’odissea di peripezie e cambiamenti rispetto al testo originario, venerdì scorso la Camera dei deputati argentina ha finalmente approvato il pacchetto di Decreti di Necessità e urgenza (denominato Omnibus) che mette in marcia il programma stabilito dal nuovo Presidente, Javier Milei, immediatamente il giorno stesso del suo insediamento alla Casa Rosada. Ora sarà il turno del voto del Senato, dove però l’attuale Governo gode di una maggioranza che dovrebbe garantire il successo della votazione e, di conseguenza, l’inizio della svolta epocale che Milei vuole imporre a un’Argentina ormai nel baratro.
Bisogna dire, però, un paio di cose: la prima è che le modifiche apportate, anche su temi importantissimi a livello economico e sociale, hanno in parte cambiato il testo originale. Però, come avevamo descritto nel precedente articolo inerente questa “Via Crucis” parlamentare, molto probabilmente si è tirata molto la corda per ottenere alla fine il necessario che possa servire a costruire il nuovo modello.
Poi bisogna aggiungere che, mentre all’interno del Congreso Nacional si stava approvando il mega decreto, all’esterno scoppiavano tumulti che la stampa mainstream internazionale ha definito falsamente estremamente partecipati e importanti, ma che alla fine hanno visto la presenza dei famosi “piqueteros” (tutti abbondantemente coperti per evitare di essere riconosciuti) che, come nel 2017, hanno tirato pietre divelte dal pavimento della Piazza antistante il Congreso: solo che questa volta la polizia e la Gendarmeria hanno risposto con cariche varie che in pratica sono servite a porre fine alla violenza. Ricordiamo che nel 2019 questi movimenti di origine politica kirchnerista hanno, come sempre, “manifestato pacificamente” (sic…) mentre all’interno del Palazzo si stava approvando un decreto per agganciare le pensioni all’inflazione… sì, avete capito bene: si stava votando qualcosa di veramente sociale che, se approvato, avrebbe salvato i pensionati dal disastro salariale che di lì a poco li avrebbe colpiti con l’inflazione stellare provocata proprio dal Governo di questi “difensori del popolo”.
C’è da registrare che anche venerdì scorso, come nel 2017, molti deputati kirchneristi, uniti a rappresentanti di partiti di estrema sinistra votati con meno del 2% nelle ultime elezioni, sono stati presenti sulla piazza incitando i manifestanti alla rivolta: però al contrario che nell’occasione passata, questa volta non solo le riforme sono state votate con una maggioranza importante (144 voti su 257 partecipanti, quindi il 56%), ma i deputati che, nel corso della discussione al Congreso, erano usciti a manifestare, saranno sanzionati, come prevede la Costituzione argentina, con l’espulsione dal Parlamento.
Insomma, il cammino delle riforme neoliberali di Milei è praticamente aperto: anche se, lo ripetiamo, il numero degli articoli si è ridotto a quasi la metà (644) rispetto quelli previsti e al momento ancora non si conosce bene quali di questi siano stati modificati o cancellati.
Lunedì scorso il Presidente è partito alla volta di Tel Aviv nel corso del suo primo viaggio pesidenziale che lo porterà il giorno 10 a Roma, dove successivamente il 12 sarà ricevuto dal Papa e parteciperà alla cerimonia di canonizzazione di Mama Antula, la prima Santa argentina (e latinoamericana). Si incontrerà anche sia con il Primo Ministro Meloni che con il Presidente Mattarella. Si tratta di un viaggio estremamente importante e anche pericoloso (almeno nella prima parte) per il conflitto attualmente in atto in Israele e Palestina che però avrà il suo fulcro, ovviamente, nella visita al Santo Padre.
In quell’occasione, dove Milei inviterà a Bergoglio a compiere l’ormai “leggendaria” visita al suo Paese natale, ci sarà sicuramente un chiarimento molto importante pure nei rapporti non solo personali ma anche politici tra Chiesa e Stato argentino che, stando alle premesse nelle dichiarazioni di entrambi i leader (escludendo quelle decisamente fuori luogo fatte da Milei sul Papa nella sua campagna elettorale) dovrebbero portare a una relazione quantomeno stabile e sicuramente migliore di quelle che Bergoglio ha avuto sia con Mauricio Macri che con Alberto Fernandez.
Per il momento è prevista una sola conferenza stampa presso l’Ambasciata argentina in Vaticano, ma si sta ancora definendo il programma e quindi tutto può succedere: visto che, specie a seguito del suo discorso alla riunione del Wef a Davos, dove ha contestato aspramente l’Istituzione, Milei ha raccolto un entusiasmo che ha elevato la sua figura, fino ad allora ampiamente contestata e ritenuta ultraliberale e fascista dalla stampa mainstream, a livello mondiale, al punto che il suo slogan elettorale (“Viva la libertad, carajo!) è stato ripetuto all’infinito in canali televisivi e radiofonici di tutto il mondo. Siamo passati quindi dalla contestazione più dura all’estremo opposto, anche perché a causa della grande crisi che si sta attraversando a livello globale nell’intero mondo occidentale, la vicinanza delle elezioni sia negli Usa che nella disastrata Ue, la sua posizione viene presa come una terza via a cui ispirarsi al di fuori delle diatribe politiche che coinvolgono fronti decisamente contrapposti, frutto anche del decadimento che sta subendo l’ideale della democrazia, in balia sia di una “filosofia woke” abbondantemente illogica che di una sostanziale mancanza di un centro che, come in altre epoche della nostra storia recente, è servito a bilanciare i due estremi. Oltretutto bisogna considerare anche il dato di una Intelligenza artificiale della quale già si ipotizzano rischi pazzeschi per l’umanità intera.
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