Il 17 agosto in tutta l’Argentina, in occasione dell’anniversario della morte di José de San Martin, uno dei Padri della Patria, si è svolta una manifestazione che è stata catalogata come la più grande in opposizione al Governo di Alberto Fernandez.

Sebbene tra le ragioni di questa massiva riunione autoconvocatasi attraverso la rete ci fosse un reclamo contro la quarantena eterna a cui la popolazione viene sottoposta da ormai più di cinque mesi (e che sta distruggendo un’economia già di per sé al collasso pure senza il Covid-19), il motivo principale, che i media fedeli al potere hanno tenuto nascosto, è stata la protesta per l’ormai imminente approvazione della riforma della giustizia che, sebbene da anni chiesta da più parti in quanto assoggettata dal potere di turno, in pratica costituisce un progetto “pret a porter” per salvare l’ex Presidente Cristina Kirchner e tutto il suo movimento dalla valanga di processi che da anni dovrebbero tenersi per giudicare tutto il periodo non solo del suo mandato ma anche dell’intero kirchnerismo per gli scandali non solo legati alla più imponente corruzione nella storia del Paese ma anche all’accusa di Tradimento della Patria.



I lettori del Sussidiario già conoscono con abbondanza di particolari questa triste pagina di una nazione che pare non voler mai crescere e puntare sul futuro, in quanto alla fine elegge sempre i rappresentanti tra chi è responsabile di aver appiccato l’incendio che ormai da decenni sconvolge il Paese. Ora si è arrivati a un punto assolutamente cruciale e tragico, perché non solo si allargherebbe da 5 a 15 elementi la Corte Suprema di Giustizia, ma verrebbe alla fine composta da una stragrande maggioranza di giudici e magistrati fedeli all’ultrakirchnerismo. E non è tutto, perché si arriva all’assurdo che addirittura l’avvocato difensore di Cristina Kirchner, Carlos Beraldi, fa parte della Commissione che dovrà scegliere i nuovi rappresentanti della giustizia.



Inoltre, il segretario e fedelissimo di Cristina, Oscar Parrilli, ha imposto una modifica in questa “riforma” della giustizia che contempla la possibilità per un giudice di denunciare pressioni della stampa al punto tale poi da condannare i giornalisti: è lapalissiano che questa norma in pratica, in una Commissione dichiaratamente dipendente da un potere politico, impone una censura a tutto il mondo mediatico non alleato al totalitarismo di stampo venezuelano che il kirchnerismo vuole imporre al Paese. Altra cosa comica è che questo ultimo atto sia stato operato senza minimamente informarne né il Presidente, né il ministro della Giustizia Marcela Losardo, altra prova di come ormai quello che doveva essere un Governo peronista di mediazione tra i due poli estremi del movimento si sia ormai trasformato in un potere totalitario che ha nel Presidente e i suoi Ministri dei semplici segretari di una vicepresidente con pieni poteri.



I manifestanti che hanno gridato a gran voce la loro opposizione al progetto hanno trovato le orecchie tappate di un Presidente che non li vuole ascoltare ed è intenzionato a procedere nella “riforma” della giustizia, ma non solo: il suo capo gabinetto Santiago Cafiero ha addirittura chiesto scusa ai medici e operatori della sanità per non aver saputo frenare una manifestazione che sicuramente diffonderà ancora di più il Covid-19 in un Paese che, sebbene in quarantena stretta da oltre 5 mesi, ha abbondantemente superato l’Italia in numero di contagi, pur avendo operato uno dei più bassi indici di test di tutta l’America Latina.

Figlio d’arte, suo padre è stato uno dei massimi esponenti del peronismo “classico” degli anni ’90, questo esponente del potere non viene nemmeno preso in considerazione proprio da quella classe medico-sanitaria che, con oltre 23.000 contagi al suo interno, non solo non è stata dotata dei seppure minimi strumenti di protezione dal contagio nel suo eroico lavoro, ma è stata anche presa in giro perché, dopo averli giustamente definiti “eroi” e aver riservato applausi, lo Stato non ha minimamente messo in pratica la promessa di adeguare i loro miseri salari, anzi li ha decurtati, provocando una protesta che è sfociata in uno sciopero tenutosi sabato scorso.

E proprio il “figlio d’arte” Cafiero è stato accolto durante una sua visita in un ospedale dall’intero gruppo dei suoi dipendenti che si sono posti di spalle, imitando una protesta analoga messa in atto in Belgio mesi fa.

Come si vede una situazione al limite del collasso non solo economico ma pure politico, anche se c’è da considerare che, non tanto stranamente, secondo un sondaggio, il 60% della popolazione approva le misure sanitarie decise dal Presidente, cosa che i maggiori organi di stampa affini al potere continuano a ripetere. Ma il dato è presto spiegato: lo Stato costituisce la maggiore “industria” del Paese che non raggruppa solo i dipendenti dell’immenso carrozzone (quasi 20 milioni di addetti), ma anche gli 8 milioni di persone che letteralmente vivono sovvenzionati da questo gigantesco Babbo Natale, arrivato, come già scritto in altri articoli, a stampare banconote a più non posso con un piccolo particolare. Non sono presenti sui biglietti sia da 100 che da mille pesos i numeri di serie, fatto che in pratica li rende equiparabili alle fiches di Monopoli. Durante il Covid, al contrario degli impiegati del settore privato, quelli dello Stato sono potuti rimanere a casa senza aver sofferto nessuna decurtazione salariale.

L’obiettivo di tutta la quarantena eterna, com’è stata definita da molti organi di stampa, in Argentina è quello già anticipato a voi, cari lettori, tempo fa e cioè mandare al macero l’intera economia privata, nella fattispecie la piccole e medie imprese, per inglobarne i dipendenti nella grande famiglia degli assistiti a carico dello Stato: ovviamente in cambio del voto. Anche se non si capisce bene come, trattandosi di persone che hanno sempre pagato le enormi tasse imposte che di punto in bianco non verrebbero più versate, lo Stato munifico potrà sopportare il peso finanziario di una manovra tanto scellerata quando antistorica in nome di ideali che nel mondo sono ormai sepolti da decenni, ma che in Argentina continuano a vivere alimentati dalla distorsione storica degli anni Settanta decisa dal Presidente Nestor Kirchner quando, con solo il 22 per cento dei voti, divenne Presidente nel 2003, rimpolpando la sua debole carica con l’appoggio garantito sia da una sinistra peronista e non che altrimenti si sarebbe ridotta al nulla, sia da “movimenti per i diritti umani“, quali Madri e Nonne di Plaza de Mayo, prostituitisi alla politica dopo aver per decenni proclamato la loro indipendenza.

E così, tra bugie continue, promesse mancate e imposizioni di stampo fascista, continua il cammino dell’Argentina verso la sovranità del popolo, concetto tanto caro a un tale Rousseau che nel suo testo sullo Stato Sociale ne aveva dettato quelle regole che alla fine provocarono la Rivoluzione Francese che, come tutte le altre che si sono seguite fino ad arrivare ai giorni nostri, alla fine ha generato un tale Napoleone e poi le peggiori dittature della storia: “in nome del popolo” si capisce…