Giovedì scorso a Buenos Aires è morto il magistrato German Moldes, una delle più importanti figure della giustizia argentina, direttamente collegata al caso dell’omicidio del suo collega Alberto Nisman, avvenuto il 18 gennaio del 2015 in un appartamento di un palazzo nel quartiere di Puerto Madero e rimasto tuttora avvolto nel mistero, anche se si nutrono da anni notevoli sospetti di una relazione tra l’accaduto e il kirchnerismo, visto che lo stesso Nisman, la sera precedente la sua morte, aveva pubblicamente accusato Cristina Kirchner non solo di crimini per corruzione, ma anche di tradimento alla Patria per aver intrapreso azioni atte a coprire la responsabilità dei servizi segreti iraniani nell’attentato contro la mutuale israelita AMIA che nel 1994 costò la vita a 84 persone.



Nel maggio del 2018 la giustizia argentina stabilì che l’iniziale tesi del suicidio per il procuratore doveva escludersi, confermando invece l’assassinio. Il fatto avvenne poche ore prima che lo stesso Nisman intervenisse presso il Parlamento argentino con una relazione che confermava la colpevolezza di Cristina Kirchner per quanto già citato sopra.



Moldes fino al 2015 aveva mantenuto sostanzialmente un profilo politico molto basso, ma l’omicidio del collega fece scattare in lui una molla che lo trasformò nell’organizzatore di una manifestazione, la famosa “Marcia del silenzio”, che si realizzò il 18 febbraio dello stesso anno sotto una pioggia torrenziale per chiedere che si chiarisse una volta per tutte il mistero, anzi i misteri, che per molto tempo circondarono l’accaduto.

Successivamente a causa del veto della suprema Corte di Giustizia argentina nell’indagare quello che successivamente fu battezzato “Memorandum con l’Iran”, dichiarò che “bisogna portare alla luce certe mancanze del Potere giuridico, visto che non tutti coloro che attualmente hanno l’onore di chiamarsi giudici lo sono e quindi bisogna procedere alla derattizzazione e fumigazione di questo ambiente altamente corrotto e che mi provoca vergogna visto che tutto quanto accaduto è decisamente una parodia, una farsa”.



Nel corso dei suoi 20 anni come Pubblico ministero, Moldes difese a spada tratta le denunce fatte da Nisman contro Cristina Kirchner per l’insabbiamento delle responsabilità di 5 agenti iraniani nel caso AMIA: cosa che lo ha portato ad avere scontri durissimi non solo con la Kirchner stessa, ma anche con Anibal Fernandez, capo di stato maggiore della sicurezza, e anche con l’ex giudice del Tribunale e consigliere della Kirchner Eugenio Zaffaroni.

Con quest’ultimo ebbe un alterco molto forte specie per la frase “mentre lui era giudice della dittatura io venivo torturato dal regime militare”, visto che lo stesso Zaffaroni, che poi si proclamò paladino della giustizia e dei diritti umani, “combattendo” con le Madri di plaza de Mayo per la questione dei “desaparecidos” fu veramente un collaboratore della dittatura militare, respingendo le varie richieste di “habeas corpus” fatte dai parenti delle persone scomparse.

Anni più tardi sostenne il processo contro il “presunto” costruttore Lazaro Baez, nella stessa causa sulla viabilità nella quale successivamente venne condannata pure l’ex Presidente Cristina Kirchner: Baez venne poi condannato agli arresti domiciliari.

Nel 2018, nel corso di un appello fatto dal magistrato Carlos Stornelli nella causa conosciuta come quella dei “Quaderni”, dove un autista di un Ministro, Carlos Centeno, registrò in otto quaderni fatti che poi portarono Cristina Kirchner a processo per associazione illecita, Moldes si pose a fianco del coraggioso collega nell’appoggiare il suo reclamo.

Ci lascia quindi una persona indubbiamente coraggiosa e giusta, vero paladino della giustizia in un Paese difficile, che nel 2018 ci concesse un’intervista nella quale discutemmo di come la cosiddetta “Mani Pulite” argentina, voluta in un primo momento dall’ex Presidente Mauricio Macri, stesse pian piano naufragando.

Ma Moldes non fu solo tutto questo: era un grande appassionato di Roma, al punto di pubblicare due libri sulla sua storia, di cui uno dedicato alle cattedrali e alle basiliche della Città Eterna. Dichiarò che “per conoscere Roma bisogna saper cercare e la sua maggior ricchezza non è nei musei, ma si trova nelle chiese”.

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