In Argentina, con una decisione sorprendente, in una situazione che però avrebbe nella normalità l’elemento più inatteso, la fresca di nomina ministra dell’Economia Silvina Batakis è stata sostituita, al termine di un vero e proprio terremoto politico, da Sergio Massa, un personaggio tra i meno amati del Paese, che oltre alle faccende economiche si dovrà occupare, contemporaneamente, sia di agricoltura che delle attività produttive. Un super Ministro, quindi. E la cosa ha di fatto ottenuto un primo risultato positivo (si fa per dire): quello di un’opposizione che sembra essersi ricompattata dietro la nomina di un personaggio, lo ripetiamo, tra i più impopolari della scena politica, per non dire forse il numero due dopo la Vicepresidente Cristina Kirchner.
Con appena un 9% di apprezzamenti, Massa deve la sua impopolarità a un fattore che è comune anche all’attuale (non si sa per quanto) presidente della Repubblica, Alberto Fernandez: è difatti soprannominato “panqueque” (frittella) per la sua abitudine, ormai leggendaria visto che si protrae da molto tempo, di cambiare casacca politica passando a opposti che, fino a quel giorno, aveva aspramente criticato.
Quindi ora l’Argentina è in pratica condotta da tre personaggi che non riscuotono il gradimento della maggioranza della popolazione: ma la mossa di Cristina Fernandez (che in pratica detiene il potere) è di quelle disperate e avviene dopo che la nomina della ultrà kirchnerista Batakis è stata accolta malissimo a livello internazionale, ma ha anche provocato un ulteriore aumento del cambio con il dollaro, arrivato alla mitica cifra di 330 pesos (solo 3 anni fa era a 40…).
La manovra, in teoria, dovrebbe dare un segnale di potenza ai mercati e migliorare una situazione economica e politica ormai arrivata nel profondo di un baratro imprevedibile solo 4 anni fa quando, in una situazione estremamente migliore (dollaro a 40, lo ripetiamo), ma sotto la Presidenza del “Neoliberale” Mauricio Macri, il peronismo aveva incendiato il Paese con manifestazioni di una violenza inaudita.
Laureato in Giurisprudenza, e quindi senza nessuna esperienza in materia economica, Massa dovrà gestire l’accordo fatto con il Fondo monetario internazionale per la restituzione di un debito da 44,5 miliardi di dollari che ha origine dal 2018, quando il Fmi ne aveva concesso uno di 57 miliardi per evitare il default.
La missione è di quelle impossibili, e francamente suicide, per vari motivi: in primo luogo, perché il “panqueque” dovrà appellarsi a un’unità politica che attualmente non è nemmeno immaginabile, per poter iniziare non dico a correre, ma zoppicare nella via per raggiungere una soluzione, ma anche perché pure gli altri incarichi conferitigli sono due bombe a cielo aperto.
Difatti le funzioni anche di ministro dell’Agricoltura e delle Attività produttive arrivano in un momento dove il kirchnerismo ha ripristinato la lotta dura sia contro gli agricoltori (soprattutto i produttori di soia) che il mondo imprenditoriale, presentati come sfruttatori del popolo e accusati di portare i loro giganteschi guadagni all’estero. Ergo la classica ideologia peronista che, nel suo attuarsi dal dopoguerra, ha portato l’Argentina da potenza economica mondiale a uno dei Paesi più poveri della Terra con un numero di default economici che ormai ha raggiunto la decina.
Cristina Kirchner spera che le “qualità diplomatiche” di Massa alla fine spingano il Paese a unirsi per uscire dalla voragine in cui lei stessa lo ha condotto nei lunghi anni delle sue presidenze: ma obiettivamente, pur se qui si sta letteralmente “giocando con il fuoco” e quindi con immensi pericoli di crollo totale, la figura di Massa è talmente antietica da qualsiasi parte la si voglia vedere che la sua missione risulta essere ardua.
A meno che la Kirchner non abbia infilato la “bomba Massa” per accelerare, con un “macchiavellismo” politico da far suicidare il povero Lorenzo, la caduta, per dimissioni, del Presidente e la conseguente successione della Kirchner alla massima carica della nazione, in quanto vice.
Che il momento sia estremamente critico nel Paese lo si vede se ci si reca in quel “termometro” della situazione economica che sono i supermercati: a parte i prezzi stellari, gli scaffali sono in gran parte vuoti e, stranamente come in Venezuela tre anni fa, manca la… carta igienica.
Vi prego, non chiedetemi il perché di questo curioso e ironico fenomeno: alla vostra domanda, se proprio ci tenete, potrei rispondervi che forse la mancanza di tale importante accessorio significhi che la situazione di un Paese abbia veramente raggiunto il punto più basso… e qui mi fermo!
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