L’11 maggio in Argentina si è celebrato il cinquantesimo anniversario dell’assassinio di Carlos Mugica, un prete che rappresenta il fondatore del movimento dei padri che ancora operano nelle Villas Miserias del Paese. Personaggio da sempre discusso, ma anche politicamente sfruttato specie dal kirchnerismo, è da poco apparsa quella che si può considerare non solo una sua biografia (Padre Mugica – editrice Planeta), ma anche un’accurata indagine sui fatti che l’hanno attraversata pure dopo la sua morte. Scritto da un giornalista storico, Ceferino Reato, il libro è letteralmente andato a ruba ed è in testa alle vendite. Fatto che testimonia quanto alla gente, specie dopo il cambio politico intercorso alla presidenza, interessi approfondire la realtà di quei terribili anni attraverso la figura di un prete la cui fama mediatica, nata in quel decennio, pare mantenersi inalterata nel tempo. Abbiamo intervistato l’autore in un incontro avvenuto a Buenos Aires.



Chi era il Padre Mugica?

In Argentina è un personaggio altamente emblematico perché viene considerato il primo sacerdote “villero”, che quindi operava e si occupava dei quartieri più poveri, le tristemente famose “villas miserias”. Poi la povertà è aumentata in modo esponenziale per cui si sono moltiplicati i suoi seguaci, ai quali l’attuale papa Francesco, quando era arcivescovo di Buenos Aires, prestò molta attenzione. Mugica costituisce una figura molto particolare anche perché figlio di una famiglia benestante di uno dei quartieri più lussuosi di Buenos Aires, la Recoleta, Era anche fortemente antiperonista, come d’altronde la sua famiglia. Aveva una corporatura decisamente atletica e veniva celebrato come un James Dean della sua epoca. All’improvviso avverte la sua vocazione religiosa ed entra in un seminario. Contemporaneamente scopre il mondo dei poveri, che si trovava a solo dieci isolati dalla sua residenza, che però era a lui sconosciuto. Parallelamente abbraccia la fede politica peronista proprio nel periodo in cui scoppia la guerriglia urbana, quindi negli anni ’60: conosce Peron in esilio in Spagna e si fa promtore della guerriglia “cattolica” peronista entrando a far parte del gruppo Montoneros, dei quali diventa un punto di riferimento tale da trasformare molti dei suoi capi in suoi discepoli.



E come proseguì questa parte della sua vita?

Inizialmente, e viste le sue conoscenze, si fece responsabile di condurre i figli delle classi più abbienti a visitare le villas, evento che poi trasformò molti di loro in guerriglieri, unendoli ai Montoneros, fatto confermato proprio dall’attuale Papa che, nel 2014, affermò, davanti a un assise di cardinali latinoamericani, come in Argentina, a causa di una pessima gestione dell’utopia cattolica, molti giovani dell’Azione Cattolica si sono convertiti alla guerriglia. Mugica fu, come vediamo, tra i principali artefici di questa distonia: però successivamente ci fu un cambio, come tanti nella sua vita, nonostante i soli 43 anni, e la sua fede in Peron, che nel frattempo aveva bandito l’intero gruppo dei Montoneros, nel 1974 in un discorso dopo la sua elezione a Presidente, lo allontanò definitivamente dalla guerriglia che criticò aspramente. Dieci giorni dopo l’atto pubblico di ripudio, che avvenne in una celebrazione del 1° maggio, Mugica viene assassinato dopo aver celebrato una messa.



Sull’attentato a Mugica sono sorti però molti dubbi sulla matrice terroristica, visto che molti sospettano che fu opera di una collaborazione tra i guerriglieri e i militari.

In effetti i dubbi ci sono, però bisogna anche dire che Lopez Rega, maggiordomo di Peron e membro della P2, creatore delle squadre della morte chiamate “Triple A” (Alianza Anticomunista Argentina) non aveva nessun interesse a uccidere quello che, a tutti gli effetti e anche per la sua fama, era uno degli alleati più conosciuti di Peron stesso. C’è pure la dichiarazione fatta da un giornalista dell’epoca che aveva testimoniato come il padre fosse terrorizzato dai Montoneros dopo le continue minacce ricevute, specialmente da Firmenich, ma anche da altri capi del gruppo terroristico: però poi la causa decadde e per un certo tempo non si parlò più del tema. Bisogna anche considerare un altro fattore della personalità di Mugica.

Quale?

Fu uno dei primi personaggi mediatici e quando la televisione lo “scoprì” la sua fama crebbe a dismisura anche per la sua indubbia capacità di polemista, oltre che per la sua informalità, sempre circondato da giovani che lo aiutavano nei suoi doveri pastorali: in poche parole una “star”. Bisogna immaginare che lui, dopo la conversione che lo trasformò nel prete dei poveri, non ruppe né con la sua famiglia, né con gli amici, mantenendosi un personaggio trasversale e quindi con seguaci di ogni ceto sociale: una persona che ripudia la ricchezza e abbraccia la povertà assoluta costituiva un punto di riferimento forte in una società di conflitti sociali profondi.

Dopo la sua morte la sua figura non venne mai dimenticata, fino ad arrivare alla “santificazione” fatta dopo il 2003 dal kirchnerismo, che aveva anche introdotto la favola dei “formidabili anni ’70” e della “Gioventù meravigliosa” composta da giovani che avevano aderito a Montoneros, trasformandosi in terroristi…

Effettivamente dopo il 2003 il kirchnerismo crea una falsa interpretazione degli anni ’70, appropriandosi in pratica dell’eredità dei gruppi terroristici, anche se successivamente Cristina Kirchner dichiara che non si devono usare le armi. E così nel loro “santuario” Mugica prende forma al punto che, gestita da un giudice apertamente kirchnerista (Oyarbide), la causa dell’omocidio di Mugica si ripropone. Ma improvvisamente i testimoni precedenti cambiano versione e ne utilizzano una diametralmente opposta, incolpando un subufficiale (Almiron). Si arriva al punto di colpevolizzare l’ex moglie di Peron, Isabelita, e di chiedere la sua estradizione dalla Spagna, dove tuttora vive. Ma le autorità spagnole interpretano il fatto come una farsa e lo respingono: però la versione “romanzata” prende piede in Argentina perché fa comodo a molti, peronismo incluso, visto che gli permette di “scaricare” la colpa su un personaggio sinistro come Lopez Rega. Allo stesso tempo nessuno si chiede il motivo dell’improvvisa “conversione” dei testimoni alla versione “romanzata” del fatto: al punto che uno di loro dichiara come, avendo conosciuto il padre, era sicuro che se fosse vissuto avrebbe appoggiato “fino alla morte” Cristina Kirchner, trasformandola di fatto nel “Papa” della “Chiesa kirchnerista” , assieme ai successori di Mugica che tuttora operano nelle “villas”.

E che ne è della figura di padre Carlos al giorno d’oggi?

La fama di Mugica è tuttora altissima tra i poveri e un quartiere tra le più grandi “villas” dell’Argentina è stato battezzato con il suo nome, fatto che ovviamente viene incamerato dal kirchnerismo che lo ha eletto a suo eroe, al punto da celebrarne la memoria con atti commemorativi e addirittura quest’anno, cinquantesimo anniversario della sua morte, è stato inaugurato un museo. Però non hanno fatto i conti con la vittoria di Milei, che ha messo in crisi profonda tutto il kirchnerismo e anche il peronismo stesso. Un contributo lo ha dato anche il mio libro, nel quale emerge un Mugica personaggio assolutamente notevole, ma allo stesso tempo offre un panorama dettagliato di quegli anni e rivela anche la trama della favola kirchnerista: il lettore ha ora a disposizione un’indagine dettagliata su di un fatto e una persona che hanno avuto un’enorme importanza nella decade di un Paese caduto in un baratro molto simile a quello di questi ultimi 20 anni.

(Arturo Illia)

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