La scorsa settimana abbiamo scritto come sul funesto periodo degli anni ’70 in Argentina si siano raccontate un sacco di frottole. Peggio: la realtà dei fatti, che abbiamo ampiamente dimostrato, venne cambiata radicalmente nel 2003 quando Nestor Kirchner dovette inglobare al suo fianco Madri e Nonne di Plaza di Mayo e pure altri movimenti per i diritti umani per potersi garantire il potere necessario a esercitare la sua presidenza senza intoppi. Immettendo queste organizzazioni (profumatamente pagate e con grandi privilegi spesso giustificati da situazioni poi mai accadute) Kirchner, eletto con solo il 21% dei voti, potè tornare a condannare i protagonisti di quegli anni terribili, ma solo da una parte (quella militare) non prendendo alcuna decisione nei confronti dei terroristi che già erano stati (insieme ai componenti dell’Esercito) graziati dal suo predecessore Carlos Saul Menem.
Abbiamo ripreso questo tema perché le aspre polemiche che hanno circondato l’atto di commemorazione delle vittime del terrorismo argentino ha riportato alla luce una problematica che, per fortuna questa volta, era stata già da anni affrontata dall’attuale candidata alla Presidenza di Juntos por el Cambio (movimento il cui leader è l’ex Presidente Macri) Patricia Bullrich. L’ex efficientissima ministra della Sicurezza durante del quinquennio macrista è stata accusata dal candidato Javier Milei (Il Grillo argentino) de “La libertad avanza” di aver fatto parte del gruppo terrorista Montoneros.
Nati da una costola del movimento terrorista di destra radicale “Tacuari”, i Montoneros poi si unirono alla sinistra peronista più estrema, diventando un pezzo importantissimo dell’ampio fronte che si formò in Argentina per permettere a Peron di tornare dall’esilio spagnolo e candidarsi alla presidenza nel 1973. Solo che poi, una volta messo piede a Buenos Aires e resosi conto che i Montoneros aspiravano a una rivoluzione di stampo comunista nel Paese, una volta eletto, in un suo storico discorso del 1 maggio nella Plaza de Mayo, il Presidente si rivolse a loro (presenti all’evento) definendoli una massa di stupidi e invitandoli a uscire dal movimento. Cosa che avvenne all’istante, nella Piazza stessa, visto che immediatamente riavvolsero gli striscioni, ammainarono le bandiere e si ritirarono.
Ma ovviamente non sparirono dalla scena: o meglio entrarono in clandestinità decidendo di dedicarsi alla lotta armata per tentare di rovesciare la destra peronista e quindi precipitando il Paese in una sorta di guerra civile.
I Montoneros potevano contare non solo sull’alleanza con l’altro movimento terrorista, pure lui di ispirazione comunista ma non appartenente al peronismo, l’Erp (Esercito rivoluzionario del popolo), ma anche su altre due aggregazioni. Quella religiosa degli appartenenti alla Teologia della Liberazione (Movimento sorto nelle catacombe di Roma anni prima dall’unione di preti che volevano combattere la povertà nel continente latinoamericano) che si unirono ai Montoneros e furono in pratica i cappellani militari dell’esercito formatosi, e gli appartenenti alla Gioventù Peronista che però diedero un appoggio in gran parte solo ideologico e la cui partecipazione al terrorismo fu marginale.
Patricia Bullrich, appartenente a una storica famiglia borghese argentina, a soli 16 anni faceva parte di quest’ultimo gruppo, mentre molti suoi agiatissimi coetanei (come sempre accade) si erano invece arruolati tra i Montoneros.
Come abbiamo scritto in precedenza, Bullrich non ha mai negato il suo passato, ma ha dichiarato esplicitamente di non aver mai partecipato ad alcuna azione violenta e che quindi le sue mani “non sono macchiate di sangue”. Quello da lei definito come “un errore di gioventù” risulta confermato dal prosieguo della sua carriera politica, sempre impostata idealmente alla creazione di una Repubblica con uno Stato di diritto: e lo ha dimostrato ampiamente nel 2015 quando, occupando l’incarico di ministro della Sicurezza, riuscì non solo a ridurre la violenza nel Paese, ma intraprese una lotta colpo su colpo nei confronti sia della criminalità organizzata che dei narcos, infliggendo sconfitte storiche basate su arresti, indagini profonde e sequestri immensi di droga, ottenuti anche grazie a un controllo mai registratosi nella storia Argentina delle sue frontiere che poi, guarda caso, con il ritorno del kirchnerismo e del peronismo al potere nel 2019, sono tornate a essere territorio libero ai più grandi traffici anche di esseri umani.
La situazione economica e sociale poi, in Argentina, è diventata tragica al punto che l’inflazione ormai supera il 143% annuo e l’ultimo dato conosciuto a livello mensile la fa arrivare al 13%, soprattutto a causa della completa inefficienza dell’attuale organico di Governo, ma sopratutto del ministro dell’Economia (e anche lui prossimo candidato alla presidenza) Sergio Massa.
Nel frattempo nelle elezioni provinciali nell’importantissima Provincia di Santa Fe, Juntos por el Cambio ha ottenuto una vittoria schiacciante (58% dei voti), continuando la serie dei risultati positivi a livello elettorale, fatto che fa ben sperare in un’affermazione pure nelle prossime presidenziali di ottobre.
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