Il 24 marzo l’Argentina ha celebrato i 45 anni dal golpe militare del 1976, ma l’occasione ha messo in luce un Paese che, Covid a parte, è economicamente, ma anche ideologicamente, distrutto. Sì, perché si è assistito, durante l’arco dell’intera giornata, a commemorazioni basate su una versione totalmente parziale dei fatti accaduti in quel triste decennio.



I lettori del Sussidiario già sanno, sia per gli articoli che per interviste pubblicate, che cosa successe in un’Argentina che era arrivata a quel fatidico giorno sull’orlo di una guerra civile: dal 1969 fino a quella data i gruppi terroristici “Montoneros” (di estrazione peronista) ed Erp (Esercito rivoluzionario del popolo) di fede marxista avevano intrapreso una vera e propria guerra con un Governo eletto democraticamente (quello della vedova di Peron, Isabelita) con oltre 13.000 attentati, 4.000 bombe, 1.800 morti, ondate di sequestri e torture e 17.000 persone ferite. Ma anche la reazione del Governo in carica, sebbene non ufficiale, fu l’inizio del processo che portò al golpe: la creazione da parte di Lopez Rega, un massone che era consigliere spirituale di Isabelita Peron, delle AAA (Alianza Anticomunista Argentina), squadre clandestine destinate a iniziare a far scomparire i nemici politici.



Insomma, un caos totale ampiamente nascosto in un’attualità di un Paese che, stranamente rispetto al resto del mondo, ricorda l’inizio della dittatura genocida ma non quello (4 dicembre) del ritorno alla democrazia. Ma non solo: dal 2013, con il famoso discorso dato in occasione dell’inaugurazione del Museo della Memoria, l’allora Presidente Nestor Kirchner chiese perdono alle famiglie dei “desaparecidos” da parte dello Stato per aver taciuto per 20 anni su questo dramma.

Il fatto è che, eletto Presidente con solo il 22% dei voti, Kirchner si rese subito conto che con quei numeri e senza alleanze politiche a supportarlo, non sarebbe andato lontano: in altre parole non avrebbe potuto instaurare lo stesso potere assoluto (e corrotto) di quando era Governatore della Provincia di Santa Cruz, in Patagonia. Ed ecco allora l’idea di imbarcare sul suo carro Madri e Nonne di Plaza de Mayo e la sinistra, che ovviamente sapevano benissimo chi era ma che non volevano perdersi l’occasione degli enormi vantaggi che avrebbero avuto. Difatti a chi gli chiedeva come mai lui, che negli anni Settanta era a fianco del Regime Militare e che da Governatore non aveva mai organizzato nulla in difesa dei Diritti umani, potesse condividere il potere con potenziali avversari ideologici, rispondeva candidamente che “la sinistra mi dà i numeri per esercitarlo”.



Ecco allora iniziare un falso processo di conversione, basato sul racconto di un passato totalmente falsato e così l’inizio di una rappresentazione basata su di un vecchio motto mussoliniano, secondo il quale “una bugia ripetuta venti volte si trasforma in una verità”.

Quello stesso discorso iniziale conteneva già una menzogna gigantesca: con il ritorno alla democrazia l’allora Presidente Alfonsin, pur con un potere militare ancora fortissimo, diede vita al famosissimo Processo alla Giunta che si concluse con condanne esemplari ai responsabili della dittatura e anche con serie pene al terrorismo. Anni dopo, il peronista Menem (dello stesso movimento di Kirchner) dichiarò un’amnistia generale che pose fine alla prigionia sia di militari che di terroristi, ma poi lo stesso Nestor annullò questa decisione, ma solo nei riguardi degli ex appartenenti alla Giunta. Per i terroristi di quegli anni iniziò un processo di “santificazione” che portò alla creazione di una Gioventù Meravigliosa che negli anni ’70 combatté per la liberazione del popolo e la libertà, raccontino che ha purtroppo distorto generazioni di giovani che vi hanno creduto, quando in verità l’azione di questi gruppi militari aveva fatto precipitare l’Argentina nella guerra civile risolta poi nel modo che sappiamo. 

Nulla si dice riguardo al fatto che il terrorismo rispondeva a un piano teso a trasformare l’intero continente latinoamericano in una succursale di Cuba, che ne addestrava i membri istruita dai servizi segreti cecoslovacchi agli ordini dell’ex Urss. Fatto ormai documentatissimo, al pari del famigerato “Piano Condor” statunitense che portò al potere in alcuni Paesi regimi dittatoriali, ma questo deve rimanere nascosto (purtroppo non solo in Argentina) perché la leggenda deve soffocare la storia.

“La democrazia non può cambiare i suoi principi per sconfiggere il terrorismo”: questa la famosa frase del Generale Dalla Chiesa con cui iniziava la prefazione del famoso libro “Nunca Mas” (Mai più) che racchiude nelle sue pagine le prove sulla tragedia degli 8.563 desaparecidos stilate dalla Conadep, la Commissione nazionale desaparecidos che fu l’organo voluto dal Presidente Alfonsin per istituire lo storico processo. Frase sparita poi sulle recenti edizioni del testo e sostituita dalla prefazione di Hebe De Bonafini, l’attuale responsabile dell’Organizzazione delle Madri, che si sono divise ormai in tre gruppi e che con le Nonne sono ormai diventate ultrà kirchneriste, non solo coinvolte in scandali di corruzione giganteschi (le Madri), ma spesso imitando nei loro discorsi che incitano all’odio politico i militari della triste dittatura, che un giorno decisero di lottare non solo contro il terrorismo ma pure i nemici ideologici utilizzando l’arma della sparizione per evitare, come dichiarò il Comandante della Marina Ammiraglio Massera “che Papa Wojtyla venga a interferire sulle condanne come ha fatto in Spagna con l’Eta”. 

La storia quindi, come disse Voltaire, rischia di essere il solito scherzo che i vivi giocano ai morti, con delle interpretazioni nell’attualità che spesso, come in questo caso, vengono adottate per soli fini politici e a favore di un potere governativo che non solo nell’arco di 12 anni tra il 2003 e il 2015 (nonostante le grandi ricchezze accumulate dalla tassazione dei prodotti agricoli con valori quintuplicati sul mercato internazionale) non ha fatto progredire il Paese, ma che, attraverso le sue decisioni spesso contrarie alle promesse fatte, ha portato (complice anche la gigantesca corruzione) l’Argentina sul lastrico non solo economico, come nell’attualità. 

Ormai i diritti umani, tanto propagandati da organizzazioni che ormai hanno perso gran parte del loro prestigio, si sono trasformati in un prêt-a-porter a uso e consumo del potere: ben si sono guardate Madri e Nonne (per esempio) dal condannare non solo la repressione brutale di manifestazioni pacifiche avvenute nella poverissima Provincia di Formosa (gestita feudalmente – come altre in Argentina – dal Governatore Gildo Insfran) contro la decisione del Governatore di dichiarare ancora una quarantena totale per un lieve aumento di contagi, ma anche l’istituzione di veri e propri lager, senza assistenza e strutture degne, in cui far alloggiare cittadini reduci da viaggi nel confinante Paraguay. Ma silenzio totale anche dopo la scoperta, in un Paese dove i vaccini scarseggiano, della loro somministrazione privilegiata a personaggi del potere o legati ad esso, tralasciando le categorie più a rischio che ne hanno usufruito in minima parte.

E sì che l’attuale Presidente, Alberto Fernandez, aveva promesso nel corso della campagna elettorale un Paese degno, soprattutto in difesa delle categorie più deboli: quello che sta avvenendo è l’esatto contrario, alimentato anche da un’economia ormai disastrata da un’inflazione galoppante e da una supposta Vicepresidente, Cristina Fernandez de Kirchner, che nel suo “discorso alla Memoria” del 24 marzo ha parlato di casse vuote e di un’Argentina che non è in grado di pagare i suoi debiti. Però finora i suoi sforzi sono stati tutti tesi nel riformare la giustizia a suo piacimento, in modo da annullare gli oltre 10 processi in cui è implicata. Al termine del discorso, la presentatrice l’ha definita Presidente. E questo lapsus ha in molti confermato come in effetti il potere lo detenga fermamente lei, le cui politiche anche di isolamento del Paese a livello internazionale vengono seguite alla lettera da un Alberto che pare essersi trasformato in suo segretario particolare.

Insomma, un’Argentina che rimpiange falsamente una decade tra le più tragiche della sua esistenza e che vorrebbe rivivere, pur se contro la Storia, in un percorso che ormai sta prendendo la via tracciata dal Venezuela del dittatore Maduro.

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