Le prossime elezioni presidenziali in Argentina, che si svolgeranno il 24 ottobre e, nella seconda tornata, il 27 novembre, si stanno rivelando un inaspettato problema per il Paese poiché la scelta, al momento nei sondaggi, è tra un ritorno a un oscuro passato e la continuazione di una reggenza di Mauricio Macri, che finora ha deluso le aspettative e si è trovato a gestire una nazione in difficoltà anche per la pesante eredità economica ricevuta dai precedenti governi di stampo kirchnerista.
La cosa più sorprendente è che, diciamo così, nel fronte di opposizione al presente Governo, il kirchnerismo risulti leggermente in vantaggio nei sondaggi, fatto che implica non solo un sostanziale ritorno a un passato fallimentare dal punto di vista della gestione dell’Argentina, ma soprattutto dei veri e propri pericoli che mettono in forse la sopravvivenza della democrazia per cadere in un regime populista peggiore di quello che per 13 anni, nonostante le condizioni economiche favorevoli al Paese, ha rischiato di produrre una catastrofe simile al Venezuela.
Il problema principale del kirchnerismo è che un’eventuale conferma del Governo attuale o di ogni formula democratica significherebbe la continuazione degli oltre 110 processi per corruzione che lo investono. Solo l’ex Presidente Cristina Fernandez ne ha 11, con ben 5 mandati di arresto preventivo in corso, tutti annullati dall’immunità parlamentare di cui gode.
Come i lettori del Sussidiario già sanno, la Mani pulite argentina è stata battezzata “Cuadernopolis”, perché la descrizione dei principali movimenti del sistema corruttivo apparve in quaderni stilati dall’autista del segretario dell’ex ministro della Pianificazione e delle Opere pubbliche Julio De Vido (attualmente in carcere), colmi di prove, ma ci sono anche diversi pentiti, compresi alcuni imprenditori, e, principalmente, il ragioniere personale dei Kirchner, Victor Manzanares, che ha rivelato i segreti della corruzione.
Sono anni che il giornalismo in Argentina costituisce la spina dorsale delle inchieste che poi finiscono per condannare la politica. Uno dei maestri dell’indagine giornalistica è Daniel Santoro: le sue rivelazioni hanno fatto condannare a 7 anni di prigione (poi mai scontati per l’immunità parlamentare) all’ex Presidente Carlos Saul Menem a causa dei traffici di armi tra Argentina, Ecuador e Croazia. Successivamente i suoi articoli e libri sono stati basilari per le indagini delle forze dell’ordine in molti casi, tra i quali, il più recente, quello dell’ex Comandante in capo delle Forze armate, Generale Cesar Milani. Nominato dal kirchnerismo e sostenuto da parte del Movimento delle Madri di Plaza de Mayo e dalle Nonne, Santoro scoprì che in verità il militare era colpevole della sparizione di un giovane, Agapito Lopes, durante i tristi anni della dittatura genocida.
In questi anni i suoi libri hanno costituito uno dei tanti “j’accuse” alla corruzione del kirchnerismo, specialmente quello intitolato “La rotta del denaro K” che, insieme a inchieste di altri valentissimi colleghi sia della TV (il team della trasmissione “Periodismo para todos”) e Diego Cabot del quotidiano La Nacion, che ha pubblicato i quaderni già citati, hanno dato un contributo alle inchieste dei vari magistrati. Giova ricordare anche un’indagine di Daniel sul traffico di efedrina, la micidiale sostanza farmaceutica che viene usata per confezionare le droghe chimiche, a basso costo e spesso letali.
È chiaro che, tra i programmi del kirchnerismo (se tornasse al potere) c’è l’eliminazione del giornalismo scomodo: non per niente due settimane fa un attore comico e un giornalista, ultrakirchneristi, hanno lanciato l’idea non solo di cancellare il ministero della Giustizia per sostituirlo con Tribunali popolari, ma anche di istituire una Conadep che giudichi il giornalismo non allineato al regime che si verrebbe a instaurare. Conadep sta per Comision nacional por la desapareccion de personas, quel tribunale che nel 1983 fu promosso dal Presidente Alfonsin per giudicare penalmente la dittatura genocida degli anni Settanta. Un assurdo (per non catalogarlo come una pazzia) totale paragonare colleghi che hanno il coraggio del loro dovere con gli autori di crimini di lesa umanità.
Pochi mesi fa, quando sembrava che Macri non avesse problemi di rielezione, scoppiò un caso che destò da subito diversi sospetti. Nella città di Dolores, vicino a Buenos Aires, un magistrato ultrakirchnerista, Ramon Padilla, riceve la denuncia di un imprenditore agrario, Pedro Etchebest, in cui quest’ultimo asserisce di essere stato avvicinato da un avvocato che gli ha mostrato un documento giudiziale in cui il suo nome compare tra gli indagati di “Cuadernopolis”. Ma non c’è problema, in quanto Marcelo D’Alessio (l’avvocato) gli garantisce che in cambio di soldi il magistrato Carlos Stornelli, uno dei principali dell’inchiesta, sarebbe pronto a far sparire le tracce processuali che lo coinvolgono. Ma Etchebest chiede anche di essere intervistato da Daniel Santoro, cosa che si può fare, ovviamente, dietro pagamento.
D’Alessio viene convocato da Padilla, che scopre come il personaggio è un falso avvocato, che si sarebbe pure vantato di essere collaboratore dei servizi segreti statunitensi (smentito dagli Usa) ed esperto in narcotraffico. Cosa quest’ultima reale, tanto che D’Alessio inizia ad apparire in varie trasmissioni televisive e il suo nome compare nelle agende di molti giornalisti come fonte informativa. Tra i quali in quella di Santoro, che lo presenta in questa veste a diversi colleghi e pure al magistrato Stornelli.
Ora D’Alessio si trova agli arresti: Padilla afferma che Santoro agisse come delatore di suoi colleghi, al servizio di D’Alessio stesso, come parte della sua organizzazione. Il 17 luglio Daniel dovrebbe comparire davanti al magistrato di Dolores per fare le sue dichiarazioni sul caso, ma ci sono molte cose che non quadrano in tutta questa vicenda e la fanno apparire come un caso montato ad arte, proprio per far annullare l’indagine “Cuadernopolis”.
A parte quanto già detto, non sfugge come D’Alessio avesse i suoi uffici proprio di fianco a quelli di Etchebest, nel lussuoso quartiere di Puerto Madero a Buenos Aires, e che il passato del fantomatico avvocato sia trascorso al servizio del kirchnerismo non solo per incarichi lavorativi, ma anche come sponsor della sua passione per le corse automobilistiche. Il documento del coinvolgimento di Etchebest nella “Mani Pulite” argentina si è poi rivelato falso, ma desta attenzione il “particolare” che sebbene i supposti incontri di D’Alessio con Stornelli avvenissero sotto la giurisdizione di Dolores, il pagamento delle tangenti (quindi il delitto che si deve giudicare) sarebbe avvenuto a Buenos Aires, ma stranamente le autorità, finora, hanno mantenuto Ramon Padilla come responsabile delle indagini, nonostante quest’ultimo, contravvenendo a precise norme procedurali, abbia organizzato una riunione al Congresso argentino trasformandola come una sessione processuale condendola di informazioni e particolari che non avrebbero dovuto essere rivelati se non in sede di tribunale. Avendo come pubblico il solo kirchnerismo.
Insomma, l’aria che si respira è quella di una montatura creata ad arte, tra l’altro confermata da un particolare sconvolgente: le intercettazioni telefoniche, fatte alcuni mesi fa, di diversi dialoghi tra esponenti del kirchnerismo rinchiusi nelle carceri e l’ex Ambasciatore in Vaticano Eduardo Valdes, ora braccio destro di Cristina Kirchner, nella quale quest’ultimo rivela che a breve scoppierà una causa (da lui denominata Puf Puf) che colpirà i responsabili delle indagini nei loro confronti. Diverso tempo prima della denuncia di Etchebest…
Santoro ha ovviamente ricevuto la piena solidarietà della maggior parte dei suoi colleghi (tranne il giornalismo militante di stampo kirchnerista) che lo considerano tuttora un maestro, insignito di vari premi a livello internazionale per la sua carriera, tra i quali il titolo di Cavaliere della Repubblica italiana per meriti giornalistici. Un chiaro attacco alla professione e un altrettanto limpido avvertimento a una nazione che potrebbe risvegliarsi il 25 ottobre con la perdita della sua libertà. Il ministero della Vendetta, annunciato dal sindacalista peronista (e ora kirchnerista) Hugo Moyano, anche lui oggetto di indagini, rischia, in caso del ritorno del populismo, di trasformarsi nella triste repressiva realtà già vissuta dall’Argentina durante la notte della dittatura.