Domenica prossima lo psicodramma elettorale dell’Argentina dovrebbe giungere al capitolo finale, con la scelta del nuovo Presidente che succederà al disastroso Alberto Fernandez, che alle precedenti votazioni ha incarnato la figura dell’uomo che in breve tempo doveva portare il Paese fuori dalla crisi e allo stesso tempo costituire una figura di equilibrio del fronte peronista. Aspettative bruciate nello spazio di poche ore dalla sua elezione, visto che già nella festa per la vittoria ottenuta ha potuto fare un discorso di un paio di minuti dopo gli oltre 40 della sua Vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner.



E così nello spazio di pochi giorni il cambio del peso con il dollaro, dal “tragico” 40 che aveva fatto insorgere un gruppo nutrito di intellettuali piangenti nella quasi totalità dei canali per il dramma vissuto, è più che raddoppiato e i promessi “frigoriferi pieni” urlati dal peronismo si sono volatilizzati totalmente nel giro di pochi giorni. Ora che la povertà è aumentata a dismisura, il potere di acquisto dei salari si è dimezzato e la democrazia ridotta a pura facciata, la scelta nella fatidica data è quella tra precipitare definitivamente in una crisi di modello venezuelano o avere una speranza di poter intraprendere un cammino pieno di sacrifici, ma con prospettive di un futuro migliore.



Tra le tante giravolte politiche alle quali si è assistito, le ultime sono degne (lo abbiamo già scritto) della migliore tradizione della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori: difatti una volta conosciuto il risultato e soprattutto l’impossibilità di vincere le elezioni, visto il distacco con il candidato perokirchnerista Sergio Massa (tra i maggiori protagonisti della terribile situazione socioeconomica attuale, ma in grado di raccogliere i voti dei sussidiati dallo Stato che ammontano a oltre 20 milioni), “l’ultraliberista ” Javier Milei, suo prossimo avversario, ha dovuto allearsi con la leader dell’opposizione Patricia Bullrich, arrivata terza e quindi esclusa dal ballottaggio finale.



Ciò ha provocato una serie di importantissimi cambiamenti: in primis parte dello staff e gli alleati peronisti di Milei si sono dimessi in blocco, ma allo stesso tempo il fronte oppositore a Massa si è disgregato, con i radicali che ora predicano l’astensione o si dichiarano favorevoli al candidato di Governo e quelli del Pro che invece sono saliti sul carro di Milei, tra i quali l’ex Presidente Mauricio Macri.

In pratica l’alleanza di opposizione radunata dentro “Juntos por el Cambio” si è disgregata e ora, con le ultime novità, sui due fronti politici si proiettano le ombre di chi in definitiva, con il proprio potere, sta manovrando i candidati, ergo Macri e Cristina Fernandez de Kirchner.

Attualmente gli ultimi sondaggi danno Milei in leggero vantaggio su Massa, ma, come sappiamo, le previsioni potrebbero ribaltarsi a causa del forte odore di brogli che si respira da tempo e che aleggia sullo sprint finale.

Il dibattito televisivo tra i candidati alla vicepresidenza che la settimana scorsa ha infiammato il già caldo clima psicopolitico ha visto Victoria Villaruel de “la Libertad que avanza” sconfiggere il delfino di Massa, Augustin Rossi, con un 94% di preferenze contro solo il 6% di quest’ultimo. È bastato fare un elenco di tutti i danni causati al Paese dal peronismo (una vera e propria lista della spesa) per conquistare il favore degli spettatori. E non era un compito difficile..

Ma nello stesso tempo la macchina pubblicitaria peronista, forte degli spazi negli uffici statali tappezzati di manifesti di propaganda massista, spinta dalla paura di tutti i sussidiati di perdere o veder ridotti i propri salari o privilegi, la sta instillando nell’elettorato, anche se i fatti dicono che la crisi, con tutto quello che ne consegue, ha avuto come registi proprio coloro che oggi spaventano la gente, o almeno ci provano.

Ora vedremo cosa succederà domenica prossima, ma lo psicodramma rischia di dover registrare possibili e pericolosi sviluppi anche dopo il risultato definitivo viste le variabili di potere e le prospettive che hanno spaccato il Paese. L’Argenzuela è ormai vicina anche se ancora evitabile.

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