La scorsa settimana in un’Argentina devastata dalla seconda ondata di Covid-19 e con un Governo che annuncia le solite quarantene dure ma non è capace di far arrivare farmaci in quantità sufficiente a iniziare un processo di vaccinazione massiva e dove anche i test vengono praticati con il contagocce, ecco esplodere una causa che prende di mira direttamente, ancora una volta, il giornalista di indagine più famoso del Paese: Daniel Santoro.
Il giudice Federale Luis Rodriguez ha posto Santoro sotto processo con l’accusa di estorsione a un imprenditore, tale Daniel Traficante, per una somma di circa 300.000 dollari con il fine di non pubblicare un’intervista che lo inseriva in una causa conosciuta come “la mafia dei containers” depositati in Dogana. Una vicenda che già aveva investito il famoso giornalista anni fa e dalla quale era stato sollevato, ma che è misteriosamente ritornata alla ribalta, con altre accuse, mancando però di un particolare: le prove.
Anche questa volta non sono state prodotte e il caso è stato interpretato giustamente come un altro attacco del potere kirchnerista contro una stampa rea di aver fornito alla giustizia, nel corso degli anni, quantità notevoli di prove che hanno testimoniato (anche attraverso la pubblicazione non solo di articoli dedicati ma diversi libri) la corruzione dei Governi di Nestor e Cristina Kirchner.
Un attacco che mira ovviamente a silenziare ogni velleità di indagine giornalistica in Argentina e che ha avuto risalto nel mondo intero, coinvolgendo diverse associazioni professionali, tra le quali quella importantissima di New York, dedicata alla protezione dei giornalisti, che ha formalmente chiesto al Giudice Rodriguez di ritirare le accuse contro Santoro.
Per discutere del caso e le manovre dell’attuale Governo contro la indipendenza della Giustizia, abbiamo intervistato Alfredo Popritkin, ex contabile forense della Corte Suprema argentina, Presidente dell’associazione di categoria e membro del Consiglio dell’ufficio dedicato alla lotta alla corruzione nel Paese.
Qual è la sua opinione sulle ultime e anche già trascorse vicende che hanno coinvolto Daniel Santoro?
Ho idee chiarissime: per me si tratta di un attacco organizzato e strutturato mosso da parte del peronismo e in particolare del kirchnerismo che ne fa parte, prendendo Santoro come emblema del giornalismo, trattandosi di uno dei più importanti professionisti nel campo del giornalismo di inchiesta in Argentina. Collegato a ciò bisogna considerare anche che Daniel lavora per uno dei più diffusi mezzi di informazione del Paese che in questi ultimi anni non ha mai risparmiato critiche all’attuale Governo, denunciando i casi di corruzione amministrativa fatti dai suoi funzionari. Attaccare Santoro e il gruppo Clarin è una forma per disciplinare ai mezzi di informazione, falsamente accusati (particolarmente dal kirchnerismo) di minare alla continuità dell’attuale Governo. Per questo si dà un avvertimento, affinché si astengano di pubblicare questo tipo di indagini giornalistiche.
Qual è la radice dei suoi attuali problemi e perché si sta tentando di cambiare radicalmente la giustizia in Argentina?
Durante i Governi kirchneristi durati12 anni nel primo periodo e stanno compiendo il secondo dal loro ritorno al potere, sono stati commessi una gran quantità di delitti, alcuni dei quali indagati dietro impulso dei cittadini, altri per inchieste giornalistiche successivamente prese a pretesto dalla giustizia per le proprie indagini. La causa degli attacchi attuali è diretta contro coloro che hanno messo allo scoperto la corruzione che ha investito il Paese. Secondo l’organizzazione che presiedo, solo nei primi 12 anni, dal 2003, il kirchnerismo ha prodotto corruzione a danno dello Stato per una cifra superiore ai 20 miliardi di dollari. Si tratta di un calcolo prudenziale, dato che i fatti accaduti e le prove che sono sorte nell’arco del tempo hanno confermato la veridicità di questa cifra, e i vari casi si sono prodotti per ordini diretti dei vertici del potere politico, dall’ex Presidente Nestor Kirchner a sua moglie Cristina, che hanno messo in marcia e organizzato tutto con la fattiva collaborazione dei Ministri dei loro Governi e funzionari di diverso livello e gerarchia. Hanno utilizzato altresì l’intera struttura dello Stato per le loro macchinazioni, ma non in forma sporadica, bensì sistematica fin dal primo giorno della conquista del potere, tanto che la società che è stata la principale beneficiaria di tutto questo sistema di corruzione, Austral Constructora, nasce pochi giorni dopo l’elezione di Nestor Kirchner e nel corso del tempo si è sviluppata in una miriade di altre società che hanno ricevuto successivamente i “benefici” del sistema, generando una ricchezza impressionante amministrata da Lazaro Baez, un ex impiegato bancario amico dei Kirchner, in tempi brevissimi. Finora si è anche scoperta una minima quantità di quanto sottratto allo Stato in conti e investimenti di società di comodo all’estero.
Come mai in Argentina il concetto di Repubblica è talmente travisato che, con l’unica eccezione di Raul Alfonsin, primo Presidente della ritrovata democrazia, si identifica spesso con la frase “Lo Stato sono io” citata da molti?
Negli ultimi decenni l’Argentina ha avuto governanti che hanno cercato solo di perpetuarsi al potere e nel frattempo arricchirsi di forma tale che le loro fortune raggiungessero livelli straordinari. È successo così con Carlos Menem, che ha raggiunto la rielezione come Presidente anche modificando la Costituzione durante gli anni ’90 e posteriormente, a partire dall’elezione di Nestor Kirchner, con sua moglie Cristina Senatrice, si è delineato fin dall’inizio un sistema mediante il quale, alternandosi al potere, avevano creato in pratica un progetto di perpetuità, intercambiandosi la Presidenza di uno fino a dove fosse possibile con quella dell’altro. La morte di Nestor ha di fatto interrotto questo sistema, ma il ritorno del peronismo, con Alberto Fernandez di fatto Presidente ma con il potere nelle mani della Vice Cristina, è tornato a funzionare: ciò significa che il kirchnerismo ha ripreso nelle sue mani la conduzione del Governo. Con l’obiettivo primario di togliersi di dosso in qualsiasi modo le varie cause giudiziarie che lo coinvolgono in vari processi, alcuni dei quali già in stadio avanzato, sia contro Cristina e i suoi figli che un numero consistente di funzionari dei passati Governi. Ogni mezzo è quindi lecito per trasformare il sistema democratico e la sua divisione nei poteri della Giustizia con la sufficiente indipendenza in un accumulo di giudici e magistrati partitari che rispondano agli interessi del kirchnerismo con l’obiettivo principale, lo ripeto, di chiudere una a una tutte le cause giudiziarie che hanno raccolto nel corso degli anni un cumulo notevolissimo di prove contro di loro.
(Arturo Illia)
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