Mercoledì il giornalista argentino Daniel Santoro dovrà comparire davanti al giudice Ramon Padilla nella causa di estorsione in cui è stato arrestato il falso avvocato Marcelo D’Alessio. Come i lettori del Sussidiario già sanno, si tratta di un procedimento sul quale aleggiano gravi sospetti – anche per l’apparizione di documenti e dichiarazioni totalmente falsi – che si tratti di un’operazione del kirchnerismo atto a far saltare la Tangentopoli argentina, nella quale oltre 100 esponenti dell’ex Governo di Cristina Kirchner sono implicati, attraverso il coinvolgimento non solo del magistrato Stornelli, ma pure del giudice Bonadio, ambedue colonne portanti del mega processo contro la corruzione denominato “Cuadernopolis” in questo strano caso. Santoro è il più famoso giornalista d’indagine del Paese, un maestro per molti suoi colleghi, e la sua inclusione in questo affaire, secondo molti, lancia un cupo messaggio ai media del Paese, responsabili di aver fornito le prove della “causa dei quaderni”. Lo abbiamo intervistato a Buenos Aires.



Come mai è apparso il suo nome in questa causa?

Tutto inizia dalla denuncia di un presunto produttore agricolo, Pedro Etchebest, nei confronti di Marcelo D’Alessio, dicendo che quest’ultimo gli chiese soldi da parte del magistrato Carlos Stornelli per evitare di essere coinvolto nella causa dei “quaderni”. La quota dell’estorsione, circa 14.000 dollari, ha origine e venne pagata a Buenos Aires, dopodiché D’Alessio si incontrò con Stornelli nella località di Pinamar. Il kirchnerismo a questo punto agisce con una manovra che si potrebbe definire “forum shopping”, istruendo la causa nella città di Dolores, da cui dipende solo il luogo dell’incontro, dove però opera il giudice Juan Ramon Padilla, appartenente all’associazione kirchnerista “Justicia Legitima”. Iniziano le indagini anche ascoltando intercettazioni telefoniche.



Cosa dicono queste intercettazioni?

In una Etchebest chiede a D’Alessio di essere intervistato da me, cosa che quest’ultimo dà per possibile, mostrandogli foto che lo ritraggono in mia compagnia durante una cena a casa mia. Poi si scopre però che Etchebest non ha al momento nessuna denuncia nella “causa dei quaderni” : il giornalista kirchnerista Horacio Verbitsky pubblica sul suo blog un documento giuridico che, secondo Etchebest, D’Alessio gli aveva mostrato come prova della sua implicazione nella causa, ma è falso anche semplicemente alla vista. Il giudice accusa a D’Alessio di estorsione e lo arresta preventivamente.



E come procede l’indagine?

Il giudice Padilla riceve informazioni dal kirchnerismo di altri casi di estorsione occorsi a Buenos Aires. A questo punto però il magistrato di Dolores, Juan Pablo Curi, dichiara Padilla incompetente, anche perché, di fronte a una vera e propria supposta organizzazione estorsiva, la causa si ingigantisce e ha come sede dei fatti Buenos Aires. Ma Padilla chiama a dichiarare il magistrato Stornelli, aggiungendo dati nella causa, e prosegue il suo lavoro ritardando l’invio della documentazione al Tribunale della località La Plata che dovrebbe decidere definitivamente se deve proseguire nella causa, cosa poi confermata. Questo per guadagnare tempo e poterla “pompare” mediaticamente, anche con un’audizione nella sede del Congreso Nacional.

Tutto questo per quale ragione?

È una tattica del kirchnerismo e la spiegazione di tutto ciò risiede nel fatto che nella nostra “Cuadernopolis” sulla corruzione sono implicati più di 100 loro funzionari processati e l’ex Presidente accusata di essere il capo di tutta l’organizzazione (11 cause pendenti con 5 mandati a prigione preventiva, ndr). Proprio Cristina Kirchner chiede, a questo punto, che la causa sia da considerarsi privilegiata perché vede implicati agenti di una potenza straniera. Difatti D’Alessio si era vantato con Etchebest di far parte dei servizi segreti Usa e di avere al suo servizio 6.000 uomini, fatto completamente smentito dall’Ambasciata americana. Un falso che però, come quello della mia implicazione nel caso, viene risaltato da Verbitsky nel suo blog, nel quale pochi dati reali si sommano, lo ripeto, a una quantità notevole di false informazioni.

Lei conosce D’Alessio da un paio d’anni come fonte informativa sul narcotraffico. Lui è riuscito ad avere la sua amicizia: pensa che il tutto sia frutto di un piano studiato a proposito per poterla coinvolgere, vista la sua notorietà e soprattutto professione, in questa causa?

D’Alessio è un personaggio di un romanzo di Dostoevskij perché da una parte ti parla della famiglia e dell’amicizia e dall’altra mi ha coinvolto nelle sue estorsioni utilizzando dati e foto della mia vita privata. La deputata Elisa Carriò ha presentato una denuncia per questo caso di “forum shopping” ipotizzando che D’Alessio sia stato inserito da settori dei servizi segreti legati al kirchnerismo, complice o no, in questa causa. Tutto per coinvolgere il magistrato Stornelli e toglierlo dalle indagini su “Cuadernopolis”. C’è però un dato importantissimo in tutto ciò.

Quale?

La denuncia di Etchebest viene presentata il 28 gennaio, mentre 11 giorni prima l’ex Ambasciatore argentino in Vaticano Eduardo Valdes (ora consigliere politico principale di Cristina Kirchner, ndr), parlando al telefono con l’ex ministro dei Trasporti Juan Pablo Schiavi, da due anni in carcere, gli dice di rimanere tranquillo perché “a breve partirà l’operativo Puf Puf e Stornelli e Bonadio (giudice nella causa “Cuadernopilis”, ndr) salteranno e tutta la causa andrà in fumo”. Anche nella denuncia di Carriò appare una registrazione dove un operatore giudiziario il 2 febbraio parla con Roberto Barata, altro accusato nella Tangentopoli argentina rinchiuso in carcere, assicurandogli che Padilla sta indagando e che a breve salterà tutta la causa nella quale lui è implicato. “Bene, così potrò uscire di prigione e trasferirmi in Italia”, gli ha risposto.

Lei come si sente?

Umanamente soffro per mia moglie, la mia famiglia e i miei genitori. E credo che si siano violati non tanto codici giornalistici, ma umani. Nel corso della mia carriera, con 38 anni di giornalismo alle spalle, ne ho viste di tutti i colori e ho subito intercettazioni, minacce, spionaggio, accuse anche di essere un agente del Kgb, ma mai, ripeto mai, si è raggiunta la bassezza di questo blog kirchnerista che ha pubblicato non solo i miei recapiti telefonici, ma anche indirizzo e foto dei miei famigliari. Mi rendo conto di essere un personaggio pubblico e di tutto ciò che comporta il mio ruolo, ma sono un professionista dell’informazione e D’Alessio faceva parte delle centinaia di fonti per poter svolgere il mio lavoro. I dati che mi passava specialmente sul narcotraffico, di cui effettivamente è esperto, li controllavo e, a parte questo, non è mai passato un solo peso in questa relazione di lavoro. Lo ha detto anche lui e non mi importa se poi si è sporcato con tutto quello che ha organizzato, mettendomi in problemi e dando ai media kirchneristi in pasto tutto ciò, per mettere in marcia unn’operazione nei miei confronti anche a base di insulti contro la mia persona. È stata commovente la solidarietà non solo di 340 colleghi giornalisti, ma anche di una quantità enorme di persone (l’hashtag #Santoroperiodista ha raccolto 34.000 adesioni in pochissimi giorni, ndr) che credono da sempre nella mia onestà e professionalità.

(Arturo Illia)