Il Presidente argentino Alberto Fernandez ha appena affermato che la quarantena proseguirà fino al 1° agosto, rispettando la tradizione che dal 20 di marzo attua con annunci che pospongono la durata della misura ogni 15 giorni. Come anticipavamo ai lettori del Sussidiario, il ritorno a misure di isolamento dure altro non è servito che a dimostrare come l’isolamento costituisce una misura, non la cura per debellare il virus: difatti, con una tempistica rigorosissima, il Covid-19 è esploso pure in Argentina e già le cifre di oggi parlano di 120.000 contagi con aumenti di 5.000 al giorno e un totale di morti ha superato i 2.000.



Questo vuol anche significare che nell’arco dei quattro e passa mesi di durata della quarantena poco si è fatto per mettere in pratica misure atte a combattere il fenomeno, costringendo la gente a chiudersi in casa senza che ciò, alla fine, abbia prodotto alcun effetto positivo. Di certo da oggi alcune attività potranno riprendere e si aprirà un piccolo spiraglio di normalità nella vita di tutti i giorni, ma ormai si è capito anche che, pur se nel massimo numero di contagi, la gente è stufa e in molti quartieri e località specie nella provincia di Buenos Aires (la più colpita) in molti non rispettano le regole che però, è il caso di dirlo, sono ben lontane da quelle praticate in Italia.



Quello che sembra ormai aperto è un conflitto politico che a molti interessa più di quello sanitario e che ormai si esteriorizza nel rapporto di divisione nella maggioranza di un Governo nel quale Cristina Kirchner dimostra di voler comandare il Paese e di essere la persona che detiene il potere, usando il Presidente da lei scelto più come un segretario che come rappresentante degli argentini: finora la gran parte delle decisioni prese rispondono difatti ai desideri dell’ala più oltranzista del kirchnerismo. La cosa più strabiliante è che solo ascoltando registrazioni di interviste rilasciate più di un anno fa, Alberto Fernandez era da considerarsi il principale nemico politico di Cristina, sulla quale espresse definizioni pesantissime che oggi si è completamente rimangiato.



C’è però da osservare che la multitudinaria protesta di sabato scorso, che ha visto milioni di argentini scendere in piazza in favore della Repubblica e contro il piano di totalitarismo “Covid” messo in atto dal Presidente, sta iniziando a convincere quest’ultimo a ritornare sui suoi passi: l’estensione della quarantena attuale alleggerita nella sua durezza è un primo segnale di questo cambio ormai obbligato, visto che il rischio di perdere consensi, dopo le massive proteste, è molto grande e non solo. Proseguendo di questo passo si arriverebbe a una rottura nel Governo tra il kirchnerismo e il peronismo classico, fatto che potrebbe arrivare a provocare le dimissioni del Presidente.

Anche in Argentina, in caso di simili decisioni, la Presidenza spetterebbe a Cristina Fernandez (in quanto vice), che arriverebbe a compiere il suo terzo mandato ma non solo in condizioni di potere totalitario, perché il Presidente non gode di immunità parlamentare, cosa che provocherebbe immediatamente l’effettuazione dei 15 processi che vedono per protagonista la Kirchner. Con un altissimo rischio di condanna e quindi di impossibilità di esercitare l’ambitissimo potere.

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