In Argentina la telenovela su Cristina Fernandez de Kirchner è arrivata a una puntata che si potrebbe definire mistica: mentre le indagini sul presunto attentato avvenuto il 1° settembre navigano tra arresti nel circolo di amicizie del brasiliano Sabag Montiel e dichiarazioni del ministro della Sicurezza della città di Buenos Aires che parlano di come il mancato intervento della scorta della Vicepresidente sia dovuto al fatto che sapevano che non sarebbe successo nulla (ossia che l’attentatore non avrebbe sparato), il Presidente Alberto Fernandez ha organizzato una Messa solenne nella Basilica di Lujan (una delle più importanti del Paese) per celebrare lo scampato pericolo e riconciliare un’Argentina, secondo lui, permeata di odio.
Il fatto è che poi la funzione, celebrata il 10 settembre dall’Arcivescovo Jorge Eduardo Scheining, responsabile dell’arcidiocesi di Mercedes-Lujan, nonostante la mancata presenza della vittima dell’attentato e dei suoi famigliari, oltre che dell’intera opposizione all’attuale Governo che ne aveva avuto il presentimento, si è di fatto trasformata in una manifestazione politica kirchnerista, con canti e slogan urlati all’interno della Basilica, quasi ci si trovasse in una enclave peronista invece che in una chiesa.
La cosa ha provocato uno scandalo a livello nazionale e rivelato ancora una volta le macchinazioni propagandistiche attorno a un evento che doveva contribuire a incentrare ancor di più il focus mediatico sulla figura di un personaggio che, ricordiamolo, è stato accusato di essere a capo di un’organizzazione illecita di corruzione e per il quale è stata richiesta la pena di 12 anni di carcere.
La morte della regina Elisabetta ha di colpo attenuato questo interesse della stampa e, molto probabilmente per questa ragione, la diretta interessata ha preferito ritirarsi dalle scene per alcuni giorni per poi ritornare il 17 settembre in una riunione, da lei organizzata, nel Senato nazionale circondata da autorità religiose alleate del kirchnerismo, preti e suore spesso operanti nelle Villas miserias argentine, per officiare (è il caso di dirlo) una vera e propria messa curativa dicendo di essere viva allo scampato pericolo grazie “a Dio e alla Vergine” e sostenendo di aver avuto un lungo colloquio telefonico con papa Francesco, mentre invece “l’udienza” è durata solamente un paio di minuti e Sua Santità ha mantenuto un atteggiamento estremamente diplomatico e niente affatto personale, visto che da tempo giace in Vaticano una richiesta di incontro diretto che non è stata ancora esaminata.
Il discorso della Kirchner parla decisamente del pericolo di un’atmosfera cupa e pericolosa che è calata in Argentina e che non ha eguali dal ritorno della democrazia nel 1983: ciò rappresenta però un altro pezzo dell’operetta, dato che sia il primo Presidente eletto in democrazia (Raul Alfonsin) che il suo successore Carlos Menem hanno subito attentati che però non sono stati circondati dalla propaganda, storicamente falsata, che attualmente viene espressa.
La Kirchner ha pure affermato che non sarebbe sua intenzione presentarsi come candidata alle presidenziali del 2023, limitandosi a occupare la carica di Senatrice che, ricordiamolo, le permetterebbe di continuare a usufruire dell’immunità parlamentare: ma purtroppo, nonostante il “battage” pubblicitario, i sondaggi effettuati hanno anche detto che la sua immagine si è ulteriormente danneggiata e che, in caso di competizione presidenziale, sarebbe sonoramente sconfitta.
Allo stesso tempo, però, in questa atmosfera decisamente “mistica” si registrano dichiarazioni inquietanti da parte di alcuni esponenti collegati sia con il kirchnerismo che ai tragici anni ’70: Mario Firmenich, il sopravvissuto capo del movimento terrorista “Montoneros” che mise a ferro e fuoco l’intera Argentina in quegli anni e commesso crimini che però sono stati definitivamente amnistiati dall’ex Presidente Nestor Kirchner (defunto marito di Cristina), ha sostenuto che l’Argentina potrebbe tornare a essere scenario di una guerra civile, così come il numero 2 dello stesso Movimento, Roberto Perdia (anche lui amnistiato), ha affermato che “senza poter distruggere questo sistema (la democrazia, ndr) il potere al popolo è impossibile da realizzarsi”. Mentre il leader di un movimento sociale, Juan Grabois, ha detto di essere pronto a versare il suo sangue nelle strade.
Questi segnali fanno eco al ritornello che i militanti del gruppo ultra-kirchnerista della Campora ripetono ossessivamente da tempo (“Se toccano Cristina succede un casino”) e fanno capire molto bene la disperazione che l’intero arco peronista sta soffrendo vedendo avvicinarsi l’ecatombe elettorale prevista nel 2023, questa volta con serissimi problemi per la sopravvivenza del movimento stesso. E allora ecco già preparata la contromossa alla quale ricorrono i populisti quando si incontrano in estreme difficoltà politiche: il raddoppio nel 2023 della quota di bilancio destinata ai sussidi, che coinvolgeranno ben 19 milioni di persone sui 43 della popolazione. In pratica, prima del termine di ottobre, mese nel quale si svolgeranno le elezioni, si assisterà al classico mercato del voto che ormai contraddistingue da 20 anni l’intera società argentina e che costituisce non solo uno dei motivi dell’aggregazione di un elettorato che altrimenti non esisterebbe, ma anche quello del passivo astronomico del bilancio economico della nazione, visto che occuperà il 49,7% degli stanziamenti dello Stato con un definitivo danno al decollo di un Paese tra i più ricchi del pianeta. Ma dove i poveri sono tanto amati da certi poteri al punto di moltiplicarli.
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