Gli effetti della scorsa domenica elettorale in Argentina e del risultato che molti media hanno commentato definendolo “Psycho” per la sua stranezza, non si sono fatti attendere e il terremoto domenicale ha fatto una vittima, la meno attesa, che è l’opposizione.
La tornata finale del 19 novembre, quando scenderanno in campo i due contendenti, il criticatissimo peronkirchnerista Sergio Massa e “l’ultraliberista” Javier Milei, ha provocato un giro di valzer che farebbe impallidire il povero Macchiavelli, con l’alleanza tra l’ala di Juntos por el cambio che ha come referente Patricia Bullrich (la grande sconfitta) e il movimento “Libertad que avanza” di Milei stesso, alternativa nel ballottaggio.
La logica di questa strana unione, visto che il “Grillo argentino” aveva definito Bullrich alla stregua di una terrorista per il suo passato, risiede nel fatto che se l’attuale opposizione al perokirchnerismo ordinasse l’astensione dal voto Milei perderebbe di sicuro, anche perché si è scoperto che parte dell’opposizione, in questo gioco psichiatrico più che politico, preferirebbe la tragedia attuale del Paese astenendosi, che appoggiare un candidato che finora, con la stessa veemenza, ha sostenuto, a seconda del vento che tirava, posizioni su diverse problematiche diametralmente opposte.
Quello che si è capito da tempo è che, nella pratica, il movimento parla tanto di programmi, ma non ne ha mezzo anche perché, come sostenevamo, al suo interno era presente un’ala fortissimamente legata al peronismo stesso che aveva sollevato molti dubbi di carattere politico su dove stesse realmente posizionato, facendo pensare a un prodotto del proprio avversario politico messo lì per spaccare l’opposizione (come Alberto Fernandez nel 2019).
In questa situazione Bullrich ha alla fine accettato l’insolita “alleanza” mettendo però nell’accordo ben 11 punti (in pratica tutto il suo programma) che il “nemico intimo” è stato costretto ad accettare pena la sicura sconfitta elettorale.
La leader di JxC alla fine ha preso questa decisione con un unico punto fermo, che è quello di sconfiggere definitivamente Massa e quindi mettere fuori dai giochi il perokirchnerismo una volta per tutte per imprimere la tanto agognata svolta a un’Argentina che, nonostante le immense ricchezze, naviga da una crisi a una peggiore condita con altissima corruzione, politiche di sussidi abnormi e un narcotraffico sempre più potente.
È però anche vero che questo accordo è una medaglia con due facce, le cui conseguenze negative potrebbero influire pesantemente e far sparire nel nulla l’opposizione per creare la continuazione infinita dell’attuale regime politico. Difatti l’astensione proclamata sia dai Radicali che dal movimento dell’ex leader Lilita Carriò, Coaliccion Civica, entrambi nell’opposizione, in pratica favorirebbero Massa come già nel 2003 furono il più grande alleato dell’allora candidato Nestor Kirchner, con i noti nefasti effetti che tutti conosciamo con la nascita del “kirchnerismo”.
Poi bisogna considerare un’altra volta la storia, perché quando, una volta perse le elezioni nel 1987, l’allora ex Presidente e leader radicale Raul Alfonsin decise di salire sul carro del vincitore, il peronista Carlos Menem, pensando di influenzarne le politiche in maniera determinante, ma il risultato fu diametralmente opposto e i radicali, seconda forza politica del Paese, sparirono letteralmente dalla scena riducendosi a essere più un club del Polo che un partito politico.
Da allora non si sono mai rimessi in marcia in maniera considerevole e il pericolo che corre Bullrich è il medesimo, sopratutto perché, con tutte le giravolte compiute degne di una pattuglia acrobatica, Milei, una volta eletto, potrebbe superare in bravura le Frecce Tricolori…
D’altronde JxC è ormai spaccato e l’opposizione rischia di non avere più i numeri in Parlamento per le defezioni all’interno del partito: stessa situazione vissuta da Macri quando nel 2015 vinse sì le elezioni, ma la sua minoranza parlamentare gli impedì quel cambio che avrebbe voluto effettuare ma che fallì principalmente per questo motivo.
Nel frattempo le correnti “peroniste” presenti al fianco di Milei si sono dimesse dal movimento, così come il chiacchieratissimo leader sindacale Luis Barrionuevo, in completo disaccordo con la manovra del leader. E “stupisce” il tombale silenzio di Cristina Fernandez de Kircher, che non proferisce alcuna dichiarazione dall’inizio del cammino elettorale, mentre ogni giorno aumentano le possibilità di una sua condanna, visti i respingimenti dei suoi continui ricorsi nelle varie cause nelle quali è implicata. Una coincidenza davvero “stranissima” nel terremoto attuale…
Continua così lo psicodramma argentino, talmente metafisico da far impallidire Borges, proprio mentre sia in Ecuador che perfino in Venezuela si stanno operando cambi notevoli.
In Ecuador Daniel Noboa, il Presidente appena eletto, dopo le dimissioni di Guillermo Lasso che ha anticipato le elezioni, ha di fatto iniziato una corsa contro il tempo per cercare di imprimere un cambio, nell’anno e mezzo di mandato che lo attende, che possa costruire una alternativa valida al populismo di Correa che Lasso non ha saputo fare, mentre nel disastrato Venezuela le elezioni interne all’opposizione segnano il trionfo di Maria Corina Machado, che ha chiamato il Paese a un’unità nazionale per sconfiggere la tirannia del chavismo.
Due segnali importanti di cambiamente nei confronti del populismo, proprio nel momento in cui l’Argentina è immersa in un’incertezza che la sta facendo cadere in un baratro sempre più profondo. Al punto che la situazione sta precipitando in queste ultime ore: difatti in tutto il Paese si registrano la mancanza sia di combustibile che di medicinali, al punto che, per tentare di risolvere il primo problema, il Governo sta autorizzando le aziende petrolifere a usare dollari per comprare i carburanti all’estero, mentre la seconda questione è ancora più grave, visto che le associazioni dei cardiologi argentini hanno emesso un durissimo comunicato denunciando che la crisi dei medicinali che si allarga alle strutture ospedaliere avrà un forte impatto nella mancanza di cure in caso di infarto o ictus, provocando in generale un aumento della mortalità. Fatti che, purtroppo, fanno apparire la già catastrofica crisi del dicembre 2001 di una gravità più contenuta e aprono le porte, ahimè, all’Argenzuela che non vorremmo mai che si vivesse.
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