In un’Argentina in cui la crisi politica ha di fatto spaccato la maggioranza tra peronisti e kirchneristi, sabato scorso si è svolta un’imponente manifestazione contro le politiche governative che ha radunato centinaia di migliaia di persone e una grandissima quantità di trattori che sono arrivati nella Plaza De Mayo di Buenos Aires dai quattro angoli del Paese. Sì, perché questa volta il collante dell’imponente raduno è stato il mondo agricolo, perseguitato, come sempre è successo nella storia argentina, dal peronismo.



La pandemia e la guerra ucraina hanno incrementato ancora di più un settore che rappresenta il 70% delle entrate monetarie del Paese, quindi la sua forza trainante nella debole economia argentina è non solo importantissima, ma addirittura vitale alla sopravvivenza di uno Stato che, nelle sue contraddittorie politiche, ha posto ostacoli alle esportazioni e aumentato a dismisura le tasse ai produttori, attuando queste misure per tentare di contenere gli aumenti dei prezzi che, per le derrate agricole, hanno raggiunto il 60%.



Ma, come al solito, la misura alla fine è risultata un suicidio economico: fatto già accaduto anni fa quando, in piena era di potere kirchnerista, si impedì l’esportazione delle carni argentine. Non solo i prezzi arrivarono alle stelle, ma il Paese perse il primato mondiale del settore, mai più recuperato visto che Brasile e lo stesso piccolo Uruguay lo superarono.

Come sempre accade nel peronismo e nel kirchnerismo, le lezioni non vengono mai apprese e per affrontare un processo di inflazione che ha superato il 60% mensile si è ripetuto lo stessissimo errore. I produttori hanno però deciso di ribellarsi attraverso una manifestazione che da molti è stata definita storica e che ha in pratica acceso una miccia sul futuro di un Governo nel quale la rottura tra i due fronti del movimento “Frente de Todos” porterà quasi sicuramente, se non sanata, non solo la caduta dell’Argentina nell’ennesimo default, ma anche a elezioni anticipate rispetto al 2023, anno in cui dovrebbero svolgersi.



Chi sta letteralmente perdendo la testa in questa situazione è la Vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner, che vede ormai vicino il momento nel quale sarà processata nelle dieci cause che riguardano non solo lei, ma i misfatti compiuti dal kirchnerismo in 15 anni di potere assoluto, visto che la giustizia sta procedendo verso il compimento dei suoi doveri. A questo punto la problematica, per la leader kirchnerista, può trovare una soluzione che, in un certo senso, costituirebbe il “copia incolla” di quanto accaduto nelle passate elezioni.

Visto che la sua figura è una delle più odiate e il suo appoggio potrebbe contare solo sul fanatismo della Campora (un’aggregazione politica ultra comandata da suo figlio Maximo) e dell’esercito di assistiti dai sussidi statali (gente che in pratica attraverso questo mezzo riceve “salari” più alti di un lavoro normale e quindi legata mani e piedi al potere kirchnerista), ma che questi due gruppi non potrebbero in alcun modo permettere la sua elezione a Presidente, si procede nel seguente modo: si propone adun acerrimo nemico (possibilmente del fronte peronista) l’elezione a Presidente per, alla fine, manovrarlo, cosa riuscita benissimo con un Alberto Fernandez che, nel suo passaggio da arcinemico ad alleato, ha guadagnato la poltrona della Casa Rosada. Questo perché una grossa fetta della classe media, delusa dalla politiche di Macri nei suoi 4 anni di presidenza, e accompagnata da una campagna mediatica piena di giornalisti piangenti perché il dollaro stava a 40 pesos e i prezzi della carne leggermente aumentati, ora si mantengono zitti con il cambio a più di 200 e con il kilo di carne con prezzo decuplicato.

Ma il trucco funzionò appieno e allora perché non ripeterlo alle prossime elezioni? Et voilà, ecco che improvvisamente, nella scena politica argentina compare un personaggio davvero singolare: Javier Gerardo Milei. Costui è un economista e conduttore radiofonico, poi approdato alla televisione, e anche docente di filosofia politica libertaria. Insomma, uno che, nel corso di questi anni si è costruito un personaggio attraverso i suoi urlanti interventi mediatici non solo contro l’attuale Presidente, ma avvelenatissimo con Cristina Kirchner.

Si è poi buttato in politica (c’era da aspettarselo…) e, attraverso un’aggregazione politica chiamata “Anaza Libertad”, ha conquistato un seggio come deputato: ma la cosa più importante da registrare è che questo personaggio, definitosi un “anarco-capitalista”, attraverso le sue innumerevoli polemiche condite di urla e improperi, ha conquistato una popolarità immensa in Argentina al punto che, udite udite, nei sondaggi per la Presidenza, alla quale si vuole candidare, arriverebbe a ottenere (attualmente) 20 punti a Buenos Aires e 19 nel resto del Paese, una percentuale che, sebbene leggermente inferiore a quelle del fronte oppositore di “Juntos por el Cambio” di macrista memoria, rappresenta una terza forza pericolosissima per l’opposizione, perché i sospetti di alcuni media parlano di finanziamenti non tanto occulti del kirchnerismo a questo nuovo movimento. Suffragati, nel frattempo, da un parziale cambio di opinione nei confronti di Cristina Kirchner espressi da Milei in recenti interviste. 

La storia si ripete? Sembrerebbe di sì, ma ciò si deve anche alle faide interne di un’opposizione che sebbene maggioranza parlamentare, non riesce a trovare un accordo per percorrere in piena unità un cammino che liberi l’Argentina da peronismo e populismo una volta per tutte.

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