Che l’Argentina ormai faccia concorrenza al Venezuela come nazione in una crisi impressionante, nonostante le ricchezze che, come il Paese caraibico, possiede, non è cosa di oggi e ha come causa la distruzione operata dal movimento peronista che, nella sua storia, ha preso il potere nella seconda metà degli anni ’40 con un’Argentina quarta potenza per ricchezza economica e riserve in oro e che al suo primo crollo, nel 1955 a causa di un golpe militare, restituiva un Paese con le casse vuote e un’economia in piena recessione.



Bisogna altresì dire con chiarezza che anche gli anni’70 e il regime militare che nel 1976 prese il potere furono la conseguenza della lotta interna del peronismo tra una destra e una sinistra che alla fine terminarono la prima nella creazione (avvenuta durante la Presidenza “democratica” di Isabelita Peron) delle nefaste “Triple A”, le squadre della morte che fecero “sparire” i loro avversari politici, mentre la seconda diede inizio a un terrorismo che, formato dal comunista Erp (Ejercito revolucionario del pueblo), cui si aggiunse la formazione dei Montoneros, portò il Paese in una guerra civile che, dal 1969 al 1976, produsse più di 12.000 attentati con 4.000 bombe, 2.000 morti e più di 17.000 feriti.



Il ritorno poi del peronismo nel 1987 ha significato per l’Argentina una serie di crisi che l’hanno portata al default del 2001 e poi alle successive tragedie economiche che, purtroppo, continuano a susseguirsi e sembrano ormai aver superato ogni limite.

Quando nel 2019 il peronista Alberto Fernandez, vincendo le elezioni con il Frente de Todos che univa i peronisti al kirchnerismo, assunse il potere promise una rinascita del Paese, refrain tipico di questa ideologia, dalla crisi in cui, secondo lui e i suoi seguaci, il liberale Mauricio Macri l’aveva portata. Crisi che, bisogna dirlo chiaramente, proveniva dall’enorme debito accumulato durante i 15 anni di kirchnerismo da parte di un Governo “nacional y popular” che non solo aveva messo in ginocchio l’economia, ma anche svuotato le casse dello Stato, pure attraverso un sistema di corruzione che nel corso degli anni è stato valutato in circa 30 miliardi di dollari e ha portato l’attuale vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner a una condanna in prima istanza a 6 anni di carcere nel corso di uno dei tanti processi che deve affrontare per il motivo sopra citato.



Alberto come Presidente aveva promesso di riempire i frigoriferi delle famiglie e di dare un futuro degno al Paese, ma invece a tempo di record ha portato l’Argentina verso la peggiore inflazione della sua storia e una situazione di povertà estrema: ma a ciò bisogna aggiungere una violenza e delinquenza come mai si erano vissute, anche negli anni più bui. Ormai non si salvano da questa tragedia nemmeno i quartieri più esclusivi di Buenos Aires e il valore della vita si è completamente azzerato, non solo per un sistema sanitario ormai distrutto anche nella parte privata (vi ricorda qualche altra nazione, per caso?), ma anche, lo ripetiamo, per un’inflazione che ha raggiunto il 103% e il fatto che ormai è diventato pericolosissimo pure usare il cellulare per strada o prendere un autobus.

Bande criminali di giovani legate principalmente al narcotraffico, che ormai detiene il potere nelle zone più povere del Paese, ma che deve la sua escalation anche alla connivenza con una politica che ha permesso nel corso degli anni l’ascesa di un fenomeno prima sconosciuto e che abbiamo già trattato, imperversano dappertutto e il difetto è che, anche a causa dello stato alterato da droghe varie con cui operano, ormai il loro primo atto è sparare alla vittima per poi derubarla.

E così è accaduto anche nel popolare quartiere della Matanza, da sempre a conduzione peronista e con strutture di base altamente deficienti, dove uno di questi delinquenti è salito su di un autobus, derubato una passeggera e prima di scendere colpito a morte l’autista del mezzo, Daniel Barrientos.

Si tratta dell’ennesimo caso del genere che avviene in questi ultimi anni, fatto che provoca non solo la protesta della gente che ormai dichiara apertamente che anche uscire per andare al lavoro è rischiosissimo, ma pure del sindacato che raggruppa il personale del trasporto pubblico, che organizza una manifestazione di protesta unita a uno sciopero. All’atto, però, interviene il Ministro della sicurezza della Provincia di Buenos Aires, Sergio Berni (un medico cultore di arti marziali), un personaggio dal passato alquanto discusso, dato che il giorno della morte del magistrato Nisman (che ormai è considerata un omicidio) si trovava, casualmente si capisce, nei pressi del suo appartamento ed era in costante contatto con l’allora Presidente Cristina Kirchner, di cui era segretario alla sicurezza.

Ebbene Berni è stato affrontato e malmenato da sindacalisti che lo accusano di essere il responsabile dell’insicurezza e anche dello strano comportamento della giustizia che, una volta arrestati i responsabili dei furti e delle loro conseguenze, vengono rilasciati dopo pochi giorni o addirittura ore.

Questo perché l’attuale potere politico in innumerevoli occasioni ha dichiarato, attraverso suoi esponenti governativi, che l’insicurezza in Argentina è una mera sensazione: forse come la sempre più galoppante povertà, che ormai investe una fetta consistente dell’ex classe media. A questo proposito c’è da ricordare un altro fatto eclatante accaduto in questi giorni. Una delle tantissime famiglie che ormai vivono per strada e si possono notare in tutte le città, ma specialmente a Buenos Aires, ha perso il proprio figlio di appena tre mesi: il fatto è avvenuto a pochi metri dalla Casa Rosada (la residenza presidenziale) ed è dovuto al mancato arrivo dei soccorsi allertati dai genitori che vedevano come il loro pargolo non rispondesse più agli stimoli.

Ma non c’è da preoccuparsi… anche la povertà è ritenuta una sensazione da quello che è il peggior Governo della storia argentina, dove la realtà viene distorta ogni giorno, al punto tale che dovrà risarcire con 1.300 milioni di euro dei fondi d’investimento per aver falsato i dati delle statistiche ufficiali. Da Buenos Aires è tutto… alla prossima, purtroppo!

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