Che l’America Latina sia un Continente originale è cosa risaputa fin dal giorno successivo allo sbarco dei Conquistadores, ma attualmente stiamo vivendo in un paradosso nel quale versa in una situazione drammatica anche a causa del Covid-19, essendo uno dei più colpiti (in compagnia dell’Asia) con oltre 325.000 morti. Se, da una parte, infatti la pandemia invita a un’unità mondiale che può permettergli di godere di una solidarietà (sia a livello di vaccini che di aiuti economici) in grado di superare la crisi, allo stesso tempo si assiste a vere e proprie dispute interne al Continente stesso assimilabili a una riunione di condominio con sede all’Onu.
Colombia e Venezuela si accusano reciprocamente di dar asilo a organizzazioni terroristiche, il Brasile accusa il Venezuela di una gestione criminale dietro il business del petrolio, il Costa Rica invita il Nicaragua a rispettare i diritti umani, l’Argentina, secondo il giorno e l’ora in ossequio alla pendolarità ideologica del proprio Presidente Alberto Fernandez, accusa il Venezuela di essere ora un regime ora una democrazia e allo stesso tempo viene accusata dalla Bolivia di ingerenze abusive nella sua politica. Ed è proprio in Bolivia che, a seguito della cacciata di Evo Morales (esiliato in Argentina, toh!) dal potere per aver frodato le elezioni, si stanno verificando eventi di indubbia importanza.
Difatti la settimana scorsa la Presidente provvisoria, Jeanine Añez, ha dichiarato di voler farsi da parte nella corsa alle elezioni, ritirando la sua candidatura, per “proteggere la democrazia: non è un sacrificio bensì un onore. Se non ci uniamo in questo momento rischiamo il ritorno del dittatore Evo Morales”. Nella pratica, però, in molti sostengono che Añez si sia decisa a mettersi da parte dopo che il suo nome è risultato tra i meno papabili alla carica di Presidente, anche a causa dei diversi errori da lei commessi in tutto questo tempo, che hanno anche fatto nascere il sospetto che volesse perpetuarsi al potere. Questo nonostante l’attuale Presidente, al pari del suo predecessore Morales, abbia profuso capitali ingenti per la sua elezione definitiva, arrivando a produrre mascherine con la sua immagine, ma continuando al tempo stesso a posporre la data delle elezioni fino al 3 maggio, per poi annullarle e a causa del Coronavirus.
A meno di un mese dalla consultazione, prevista ora per il 20 ottobre, la sua decisione mira a unire il fronte neoliberale per tentare di contrastare il “delfino” di Evo Morales, Luis Arce, attualmente in testa ai sondaggi e candidato del Movimento Socialista MAS. In una nazione popolata da ben 63 etnie diverse che al loro interno alimentano dissidi, risulta un po’ difficile trovare una persona in grado di unire l’elettorato: Morales ci era riuscito come candidato Aymarà e sponsorizzato dai cocacoleros, i lavoratori del settore della coltivazione della coca (una delle conosciute ricchezze del Paese), creandosi un’immagine di Padre della Patria, specialmente all’estero, e di un eroe dalle sinistre internazionali, inebetite in una logica fatta di contrapposizione tra “conquistadores” e “indios” che non analizza minimamente le reali condizioni dei vari Paesi. Questo fino alle denunce che sono iniziate a piovere quando si scoprì che, per interessi nell’espandere la coltivazione della coca, Morales iniziò una vera e propria decimazione delle etnie della selva, oltre che del loro habitat. Inizio della scoperta del lato oscuro di questo “eroe” fino ad arrivare alla candidatura fuori dalle norme costituzionali e ai brogli colossali nelle elezioni del 2019. Dietro il rifiuto dell’esercito di soffocare le manifestazioni di protesta, la fuga dalla Bolivia camuffata da manovra per evitare la persecuzione nei suoi confronti, per approdare, via Messico (primo Paese che gli diede asilo) a Buenos Aires, città dove Morales vive in una lussuosissima mansione dello stesso livello di quella che possedeva in Bolivia.
Ora per il Paese si prospetta la scelta tra il tentare di instaurare una vera Repubblica o continuare a essere gestito dai poteri forti sia economici che etnici legati a Morales, complici anche Paesi stranieri impegnati a mettere le mani su una delle tante ricchezze di questo Paese: il litio, materiale insostituibile per la produzione di batterie.