Mentre il Presidente brasiliano Lula da Silva festeggia i suoi primi 100 giorni di mandato con un importante viaggio in Cina, dove ha cercato ancora una volta di attirare l’attenzione dei media mondiali riproponendo la prossima realizzazione di un’unione tra i Paesi che fanno parte del gruppo Brics per contrastare la supremazia Usa e anche, come manovra effettiva, l’adozione da parte del Brasile dello yuan come moneta di riferimento al posto del dollaro, non si può certo dire che le cose nel suo Paese vadano poi tanto bene. Al punto tale che la sua visita a Pechino viene da molti osservatori interpretata come una svendita del Brasile nei confronti del colosso asiatico sempre affamato di risorse energetiche e non.
Il Paese, dopo il rilancio economico operato dalla destra conservatrice guidata da Bolsonaro, sta attraversando un periodo di transizione molto incerto, con una crisi economica che si fa sempre più grave ma non solo. Difatti Bolsonaro è finalmente rientrato dopo un lungo soggiorno negli Usa e alla fine le tanto temute accuse nei suoi confronti e i timori per un suo arresto sono scomparsi come neve al sole: quello che invece costituisce un’altra spina nel fianco di Lula è che il Governo ha nominato una commissione che dovrà indagare sui fatti accaduti a gennaio, culminati con l’assalto al Congresso nazionale, visto che si è scoperto alla fine che la protesta pacifica si è trasformata in violenza perché la manovra della presa del Palazzo è stata guidata e realizzata da sostenitori del PT infiltrati, come dimostrato dalle indagini fin qui effettuate.
Per approfondire questo difficile momento abbiamo intervistato Luciano De Faveri, un ex fotografo italiano che ora opera come web designer e vive in Brasile da molti anni.
Che bilancio possiamo fare di questo primi 100 giorni di Presidenza di Lula Da Silva?
Assolutamente nulla di buono: dal punto di vista economico siamo in piena crisi, con imprese che stanno chiudendo e altre che hanno già lasciato il Paese. La borsa ha raggiunto in poco tempo gli stessi catastrofici valori del 1996. Finora non è riuscito ad applicare nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale, anzi… in alcuni settori, come ad esempio quello farmaceutico, ha aumentato il livello di tassazione su 15.000 medicinali, alcuni di prima necessità. Il ministro delle Finanze Hadad (che detto per inciso non è un economista bensì un politologo, al contrario di quello di Bolsonaro che era un economista laureato ad Harvard) ha compiuto diversi errori che hanno portato non solo alla svalutazione della moneta ma anche a decisioni che hanno messo in crisi l’economia del Brasile. Poi c’è da considerare un altro aspetto: gli Stati brasiliani in cui il PT di Lula ha avuto la maggioranza dei voti hanno ottenuto un aumento dei sussidi al punto che ora gli abitanti sussidiati superano la forza lavoro. Ma mentre in campagna elettorale Lula aveva promesso un sostanziale aumento degli aiuti, ora il sussidio, che prima era distribuito tra i componenti di una famiglia, è diventato uno e quindi in pratica il suo valore è diminuito a livello dei nuclei ai quali è corrisposto. Oltretutto una volta trovato lavoro, il sussidio, che prima si protraeva fino a quando la famiglia raggiungeva un reddito decente, viene immediatamente sospeso.
E nel mondo del lavoro la crisi come si è riflessa?
Lula aveva promesso una riforma sui licenziamenti che sarebbero dovuti avvenire per giusta causa, ma mentre è allo studio il decreto si sono verificati licenziamenti con numeri importanti in ogni settore: pure quello dell’informazione, che tanto lo aveva aiutato nelle elezioni, ha ridotto gli organici in maniera drastica. Ma non è tutto: a breve verranno prese delle decisioni che aumenteranno i controlli sui social, limitano di fatto la libertà di informazione.
L’ex Presidente Bolsonaro è rientrato finalmente in Brasile dopo il suo lungo soggiorno negli Usa, dove era stato minacciato di arresto al suo rientro in Patria. Poi non sembra sia successo nulla…
L’unica accusa rimasta in piedi rimane quella, oltremodo assurda, di gioielli regalati dall’Emiro dell’Arabia Saudita a sua moglie, fatto testimoniato anche dall’evento che registra questo regalo. Il fatto è stato analizzato e non si era arrivati ad alcuna accusa di reato. Ma adesso il TCU (che è il Tribunale Fiscale dell’Unione) afferma che i gioielli ricevuti non siano stati dichiarati al fisco, mentre inizialmente Bolsonaro era stato accusato di essersi appropriato di beni dello Stato, cosa che poi si dimostrò essere totalmente falsa. In pratica si è confermato che la maggior parte delle accuse che hanno alimentato la violentissima campagna elettorale mediatica del PT si sono rivelate false. L’errore di Bolsonaro è stato quello di rispondere alle accuse stesse e non di contrattaccare, come avrebbe dovuto fare. Questo fatto viene da molti considerato l’elemento che gli ha fatto perdere le elezioni, anche se per pochissimi punti di differenza. Però il PL ha già annunciato che alle prossime presenterà come candidata la moglie di Bolsonaro, Michelle de Paula Firmo Reinaldo, molto amata dalla popolazione anche nelle favelas. E questo preoccupa tantissimo l’entourage di Lula.
L’attuale Presidente del Brasile deve rispondere a un Governo a grande maggioranza di una destra conservatrice. Questo “conflitto interno” quanto pregiudica il futuro del Paese?
Più che pregiudicare il Brasile lo sta in parte salvando: come già affermato il crollo della borsa, la chiusura di imprese con licenziamenti massivi, la crisi dell’industria automobilistica dimostrano che il Paese è in pratica retto da 8 Stati. Minas Gerais, San Paolo, Santa Caterina, Paranà, Rio Grande do sul, Mato Grosso do Sul e del Nord e Espirito Santo hanno i loro Pil in forte attivo e sono politicamente guidati dalla destra conservatrice. Lula ha tentato di mettere le mani sul settore agricolo, cosa che avrebbe messo in ginocchio una risorsa tra le più economicamente importanti del Paese, ma composto in gran parte da simpatizzanti della destra. In questo caso anche partiti alleati di Lula hanno votato contro e bloccato la manovra salvando economicamente il Paese dallo sfascio. In pratica Lula sta tentando di instaurare una vera e propria guerra contro i conservatori da lui definiti fascisti, ripetendo il leitmotiv della campagna elettorale, ma non riesce a trovare un vero appoggio ai suoi progetti anche perché il giurista e magistrato Sergio Moro, già ministro della Giustizia sotto Bolsonaro e artefice del processo definito la “mani pulite ” locale (che ha portato a diverse condanne e alle dimissioni dell’ex Presidente, delfina di Lula, Dilma Rousseff nel 2016), si sta impegnando per obbligare le forze politiche al pieno rispetto della Costituzione. Tra i punti essenziali sui quali si sta battendo c’è l’abolizione dell’immunità parlamentare per chi è indagato o condannato: bisogna considerare che nell’attuale Governo ben 16 su 31 Ministri dovrebbero andare sotto processo (tra i quali lo stesso Presidente), ma godono tuttora dell’immunità.
(Arturo Illia)
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