In Cile il referendum per l’approvazione del nuovo progetto di Costituzione, voluto dal presidente Boric, ha ottenuto una sonora sconfitta: è stato respinto dal 61% dei consensi contro il 38% dei favorevoli al cambiamento.

In pratica, se vogliamo analizzare più profondamente il voto di domenica scorsa, si può senz’altro affermare di come i partiti di centro (destra e sinistra) abbiano silurato il progetto di un Frente Amplio che, insieme ai comunisti, lo aveva proposto.



A questo punto il giovane presidente (36 anni) del Cile, che purtroppo continua a inanellare un errore dietro l’altro, avrà capito di come sia piuttosto difficile poter produrre cambi profondi in un Paese non solo di grande tradizione democratica, ma che, pur con tutti i possibili difetti che ogni sistema politico presenta, ha vissuto 40 anni di democrazia invidiabile, che gli hanno permesso non solo una vera alternanza di governi tra destra e sinistra, ma pure il risultato, davvero straordinario, di un tasso di povertà tra i più bassi del mondo.



Per capire meglio questo risultato bisogna dire che ben l’80% dei cileni desidera una Costituzione nuova, che sostituisca l’attuale, e a dimostrarlo c’è il precedente referendum sul cambio di un documento che ancora porta la firma di un tale Pinochet: ma in questi numeri Boric e compagni hanno intravisto l’opportunità storica di generare un progetto che avrebbe trasformato integralmente il Cile.

Però l’illusione, creata dalle proteste del 2019 e dal cambio radicale di presidenza, è durata lo spazio di un mattino, così come tanti altri progetti: la gente vuole sì si cambino i sistemi della salute e dell’educazione (principali ragioni delle manifestazioni di tre anni fa), ma non che si dia il via libera alla plurinazionalità, alle autonomie territoriali, all’eliminazione del Senato e a interventi profondi nel sistema della giustizia. In poche parole, vuole un Cile migliore, non una succursale del populismo che ha distrutto altre nazioni latinoamericane.



Con il potere politico nelle sue mani la sinistra ha costruito una sua supposta superiorità morale, che ha in un primo tempo ottenuto l’appoggio dei giovani. Ma poi bollare chi non era d’accordo con tutto questo arrivando a censurarne il pensiero ha provocato una protesta che si è alla fine concretizzata con un voto che ha registrato una maggioranza di partecipanti superiore al referendum precedente.

A questo punto, e con questi numeri, probabilmente il Frente Amplio (che raggruppa la sinistra moderata) potrebbe arrivare – e molti osservatori già lo dicono – a staccarsi dall’alleanza con la sinistra estrema, attualmente maggioritaria, creando una situazione davvero curiosa, con un presidente che in pratica rimane senza appoggio politico e può contare su pochi, se non nulli, spazi di manovra.

Insomma, Boric deve capire che il Cile vuole continuare a essere un Paese moderato politicamente: vuole certamente dei cambiamenti, ma non drammatici; ergo, come sempre, rifiuta il trionfo ideologico di una parte della popolazione sull’altra attraverso una Costituzione, esattamente come ha fatto la dittatura militare.

Non ci sono stati festeggiamenti massivi nelle strade del Paese per il risultato del referendum, ma la maggioranza che potremo definire “silenziosa”, oltre a tirare un sospiro di sollievo, ha di fatto fornito un chiaro messaggio di umiltà al potere in carica, affinché possa maturare e capire quanto questo popolo ami la democrazia più di qualsiasi altra cosa. Quel bene che si è tenuto stretto negli ultimi 40 anni e che vuole perfezionare, migliorandolo, nel pieno concetto di un bene comune basato sul dialogo e sulla comprensione reciproca. Boric lo capirà?

Nel frattempo oggi si riunirà con i componenti di Camera e Senato per cercare accordi che permettano di creare un nuovo testo costituzionale che, finalmente, possa ottenere il consenso della società. Del resto, la democrazia funziona così…

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