La Colombia, per il suo passato, è, tra i grandi Paesi latinoamericani quello con una situazione ancora complicata soprattutto perché risulta essere spaccato in due politicamente e quindi non ha ancora raggiunto un’intesa che gli possa permettere uno sviluppo consono alle sue grandissime possibilità economiche.



Dal 7 agosto dello scorso anno Presidente eletto è Gustavo Petro, un economista con un passato di affiliazione al Movimento terrorista M 19, nonché leader del partito di sinistra Colombia Humana, facente parte della coalizione Pacto Historico che ha vinto le elezioni. La situazione che ha dovuto affrontare Petro è quella di un Paese che soffre ancora il suo passato nelle mani del narcotraffico, il cui potere è rappresentato dalle Farc, un esercito rivoluzionario grande alleato dei cartelli della droga. La tregua che però con l’attuale Presidente era (come altri suoi predecessori) stata raggiunta con questa formazione armata, profondamente presente nel tessuto della Colombia, è stata interrotta dall’omicidio di quattro giovani attribuito alle Farc. Ma non solo; contemporaneamente è scoppiato un caso che minaccia rivelarsi il “Watergate” nazionale e che è già costato il posto a due dei suoi più stretti collaboratori. la sua Capo Gabinetto Laura Sarabia e l’ex Ambasciatore in Venezuela Armando Benedetti.



Il sospetto lanciato dalle indagini del magistrato Francisco Barbosa si riferisce a un articolo pubblicato dalla rivista Semana nel quale sono incluse delle registrazioni tra Sarabia e Benedetti, nelle quali quest’ultimo minaccia l’ex Capo Gabinetto di rivelare l’esistenza di una somma di circa 3,5 milioni di dollari versati illegalmente da gruppi di narcos per finanziare la campagna politica dell’attuale Presidente. Insomma, uno scandalo veramente impensabile visto che uno dei punti principali delle politiche di Petro, oltre a provvedimenti importanti sul sociale, era la lotta al narcotraffico, nella quale l’iniziale accordo con le alleate Farc sembrava aver raggiunto un punto importantissimo su una problematica che purtroppo ancora lega la Colombia al suo passato.



Ma già qualcosa non quadrava nelle politiche di questo Governo al punto che il gradimento dell’attuale Presidente era sceso al 33% negli ultimi sondaggi, dove il livello di disapprovazione ha invece raggiunto il 59%. Per queste ragioni in questi giorni sono state organizzate manifestazioni popolari in suo appoggio, anche perché l’ombra di un golpe nei suoi confronti è sempre dietro l’angolo: ma allo stesso tempo pure l’opposizione ha invitato a manifestare contro l’attuale Governo, ingarbugliando ancora di più la situazione. Alla quale si somma il problema, mai concretamente definito, delle critiche di Petro all’attuale Presidente del Perù, Dina Boluarte, per il modo nel quale si è stabilita al potere, del quale è stato destituito l’ex Presidente Castillo, coinvolto non solo in scandali economici ma anche autore di un colpo di Stato tra i più singolari della storia, durato la “bellezza” di sole due ore e consumato il quale Boluarte, in quanto Vice, è ascesa al potere.

È anche emerso un dato che potrebbe rivelare il perché dell’instabilita della situazione nella regione: Perù e Colombia lo scorso anno hanno raggiunto il record mondiale nella produzione di cocaina, con un aumento di 1.100 tonnellate per la seconda e 810 per la prima. La superficie di territorio per la produzione di questa droga ha toccato nella sola Colombia i 250.000 ettari è ciò potrebbe spiegare come mai queste cifre da record abbiano provocato la crisi attuale: l’instabilità politica è da sempre l’arma con la quale i cartelli della droga intervengono nelle politiche dei Paesi produttori, spesso sostituendosi ai Governi nelle delicate questioni sociali. Lo aveva capito benissimo Pedro Escobar, che fu il primo a lanciare il suo settore ritenendolo un’industria in grado di risolvere i problemi del Paese.

Difatti non solo fece la proposta di pagarne il debito internazionale in cambio della sua immunità, ma è noto che i narcos investirono cifre notevoli nella costruzione di quartieri popolari destinati a sostituire le Villas Miserias, guadagnando così il favore di gran parte della popolazione più povera. Ora invece lo scandalo emerso all’interno del Governo rischia di provocare la destituzione di Petro e di conseguenza di dare uno stop definitivo alle politiche sociali che stava sviluppando.

Paradossalmente la sua salvezza potrebbe essere rappresentata dall’Argentina, da anni una “new entry” nel mondo del narcotraffico, soprattutto per la sua funzione di “pista di decollo” della coca verso gli Usa e specialmente l’Europa, perché in caso (molto probabile nonostante le classiche incertezze) di una totale sconfitta del peronismo e la conquista del potere nelle prossime elezioni presidenziali da parte di settori neoliberalisti, le “porte aperte” ai confini con la Bolivia, che hanno costituito una vera e propria autostrada della droga in quanto mancanti di qualsivoglia controllo, potrebbero chiudersi definitivamente in contemporanea con la lotta ai cartelli che già aveva fatto registrare in Argentina clamorosi successi durante la Presidenza Macri, indebolendone il potere e così dando una “spinta” all’attuale “collega” colombiano, che però dovrà chiarire lo scandalo dei finanziamenti appena scoppiato.

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