Ci mancava la Colombia, nelle problematiche che investono il continente latinoamericano: così mentre il Perù si sta leccando ancora le ferite del ridoliniano colpo di Stato tentato da Pedro Castillo (che con ogni probabilità riceverà l’aiuto del Messico, visto che questo Paese si è ormai avvalso dell’onere di difendere il populismo corrotto in Sudamerica), ecco che dalla Colombia, nazione che non ha vissuto proprio un periodo di tranquillità negli ultimi 30 anni, arrivano due iniziative del Presidente Gustavo Petro, che per il momento sono solo due progetti, ma che già hanno in pratica acceso il fiammifero per innescare la miccia di qualche problematica importante (in pratica un “golpe bianco”), tanto da far insorgere l’opposizione.
In primo luogo, Petro propone una Costituente tesa principalmente a perpetrare il suo potere per un lungo periodo: questo è il punto che lo accomuna agli altri colleghi populisti che, a partire dal venezuelano Chávez, hanno inteso la democrazia solo come un mezzo per arrivare al potere e poi manipolarlo, spesso con elezioni truccate (come confermato in Brasile) o annientamento dell’opposizione (modello Nicaragua), in modo da creare personaggi “eterni”, padri padroni di una Patria che governano “in nome del pueblo” sul cammino comunista “nacional y popular”, ma spesso con patrimoni degni di un Rockfeller.
E qui arriviamo al secondo punto della questione che non è, ovviamente, solo “colombiana”: le fonti di arricchimento non coinvolgono solo l’apparato statale, spremuto fino all’inverosimile come dimostra il sistema di tangenti di Nestor e Cristina Kirchner, vigente in Argentina fin da quando il primo venne nominato Governatore della Provincia patagonica di Santa Cruz, ma anche un sistema che, alla luce del sole ormai in Venezuela, coinvolge in forma più nascosta altri Paesi. Quello degli accordi con la malavita, in particolare il mondo del narcotraffico ma anche quello (più nascosto) dei traffici di esseri umani.
Difatti la seconda decisione presa dal Presidente colombiano sarebbe quella di beneficiare, attraverso un accordo definito di “pace sociale”, il mondo criminale, cosa che se in teoria, vista la potenza di cui dispone ancora il narcotraffico nel Paese al punto da creare un esercito ovviamente “rivoluzionario” come le Farc (manovrate dai cartelli della droga), potrebbe considerarsi una soluzione, nella pratica sembrerebbe essere l’estensione di una “pace” già raggiunta molto tempo fa ad altre organizzazioni non proprio benefiche.
Guarda caso la manovra fa il paio con quella di Lula da Silva in Brasile, fatta in campagna elettorale, di proclamare un’amnistia che coinvolgerebbe circa 350.000 detenuti e anche la liberazione di 2700 carcerati decisa dal Presidente Alberto Fernandez in Argentina come misura “anti-Covid” circa un paio di anni fa.
Ricordiamo inoltre che, sempre negli anni del kirchnerismo ma anche in quelli del menemismo (due prodotti del oeronismo), non esisteva (e tuttora permane) alcun controllo alle frontiere con la Bolivia e il Paraguay, cosa che in pratica ha aperto al narcotraffico le porte di una nazione come l’Argentina che, nel corso degli anni, l’ha fatta diventare un Paese fulcro del fenomeno che si è allargato con l’importazione incontrollata di efedrina, una sostanza chimica usata nella preparazione di droghe a bassissimo prezzo che hanno tolto la vita a moltissimi giovani e che sono le più consumate nelle “villas miserias”.
Il senatore colombiano Miguel Uribe, del Centro Democratico (che fa parte dell’opposizione), intervistato sull’argomento ha dichiarato che “non si può negare che da mesi gran parte delle preoccupazioni del Presidente Petro siano legate alla nascita di una Costituente per perpetuarsi nel potere. Non lo ha detto esplicitamente, ma molti fattori lo confermano. Bisogna solo attendere, ma se succedesse non lo potremmo permettere”. “C’è poi da sottolineare come l’impazienza nel raggiungimento di una presunta ‘pace sociale’ sia solo una mera retorica per alterare il sistema della giustizia cambiando le leggi e offrire beneficio ai criminali. Se non si prendono le misure necessarie ci troveremo a fare da testimoni a un’alterazione della Costituzione. A Gustavo Petro è tornata l’abitudine di dare ordini, includendo in ciò anche la giustizia”.
La cosa curiosa è che, attraverso queste dichiarazioni, il Senatore del governativo “Pacto Historico” Gustavo Bolivar, abbia affermato che Uribe inciti con questo a un colpo di Stato, cosa al quale lo stesso ha risposto citando come “il Congresso colombiano si sia trasformato in un notaio dei capricci di Petro. Il mio è solo un richiamo alle istituzioni affinché funzionino come dovrebbero”.
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